“Papillon teatro”, i detenuti diventano attori nel carcere di Lecce
All’interno della Casa circondariale di Lecce, l'Accademia teatrale dell’Attore porta avanti un percorso teatrale per le persone detenute nella sezione maschile. E a giugno portano in scena lo spettacolo “Madre, ammirami” scritto da loro, mentre si organizzano iniziative per creare un contatto tra mondo esterno e ristretti
«Prima per noi era impossibile piangere, commuoversi, lasciarsi andare alle emozioni. Sarebbe stato un segno di debolezza all’interno del proprio clan o del gruppo criminale di appartenenza. Adesso, invece, non è più così e questo grazie alle attività che facciamo, che ci fanno lavorare soprattutto sulle emozioni». A raccontarsi e condividere la sua riflessione è uno dei detenuti che da quasi due anni segue “Papillon teatro”, il laboratorio teatrale che Ama, l'Accademia teatrale dell’Attore, porta avanti all’interno della Casa circondariale di Lecce. «Il teatro è emozione» spiega Franco Ungaro, direttore di Ama, che da ormai quattro anni ha avviato un percorso biennale per le persone detenute nella sezione maschile. «Quest’anno il laboratorio ha preso due strade diverse: la prima ha coinvolto il gruppo di attori giunto al suo secondo anno di pratiche teatrali; la seconda strada è stata riservata agli allievi-esordienti alla loro prima esperienza».
I frutti del lavoro iniziano a farsi vedere. Qualche giorno fa, infatti, la sala teatro del carcere ha aperto le porte alla cittadinanza per condividere le attività del laboratorio e favorire un momento di contatto fra i detenuti ed il mondo esterno, promuovendo momenti di interazione e di conoscenza. Anche perché a giugno, gli attori-detenuti vanno in scena con lo spettacolo “Madre, ammirami”. «E’ uno spettacolo scritto da loro» prosegue Ungaro. «Nella loro semplicità indagano profondamente il tema dell’essere genitore. I detenuti-attori scrivono, chiedono e cercano risposte a domande che da sempre restano inascoltate: cosa vuol dire generare? Cosa porteremmo nel nostro ideale, perfetto e perfettibile universo?».
I laboratori teatrali, guidati dalle attrici pedagoghe Carmen Ines Tarantino e Veronica Mele, seguono percorsi sensoriali, training dell’immaginazione, esercizi di improvvisazione del corpo, del movimento e della parola, attività di manipolazione di materiali e colori, con la realizzazione anche di piccoli abbozzi scenografici. Ma è soprattutto l’indagine interiore, l'approfondimento di sé stessi, dell’espressività corporea e delle parole dette e non dette, che sconvolge e cambia la prospettiva di vita di chi vi partecipa.
«Il teatro ha delle ricadute importanti sul benessere psichico e fisico delle persone detenute che vivono una condizione di restrizione e allontanamento dagli affetti e dai sentimenti» evidenzia Ungaro. «Anche i laboratori aperti al pubblico e lo spettacolo vogliono preparare queste persone ad un possibile reinserimento nella società ed avere rapporti con il pubblico, i famigliari, i volontari. Queste cose aiutano in questo cammino di reinserimento. L’esperienza laboratoriale può anche trasformarsi in futuro in un percorso lavorativo. Alcuni dei partecipanti al termine del laboratorio ci chiedono di frequentare l’Accademia teatrale dell’attore».
Intanto, lo spettacolo “Madre, ammirami” è stato inserito nella rassegna teatrale “Dentro, il teatro”, che si svolgerà all’interno del carcere di Lecce dal 27 aprile al 22 giugno. La rassegna è organizzata da AMA in collaborazione con Università del Salento e Dams Salento.
«La programmazione degli spettacoli, aperti al pubblico, prova a mantenere un legame tra il dentro e il fuori del carcere, pensando soprattutto al futuro dei detenuti fuori dalle mura e al loro reinserimento sociale. L’augurio» conclude Ungaro «è di riuscire ad eseguire degli interventi sulla struttura scenica del teatro, migliorando anche gli impianti audio e le luci, in modo da far inserire anche la sala del carcere nella programmazione teatrale promossa dal Comune di Lecce, promuovendo ancora di più l'avvicinarsi del mondo esterno con l'umanità che vive all'interno del penitenziario». Per saperne di più sulla rassegna in programma vai sul sito dedicato.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.