Salute
Distrofia, a Varese la presa in carico è una rete di rapporti umani
Rosalia Chendi, fisiatra e presidente Uildm Varese, illustra il progetto di assistenza domiciliare per le persone con malattie neuromuscolari attivo in tutta la provincia. Un network di persone, enti e aziende, che si stringe attorno al malato e alla famiglia, tenacemente curato dai volontari dell'Unione che fanno da ponte tra pazienti e istituzioni sanitarie e sociali, fornendo servizi e supporto psicologico. Quando la presa in carico è realizzata delle associazioni
«È una rete di rapporti umani», così Rosalia Chendi, medico fisiatra, presidente della sezione Uildm Varese, riassume l’esperienza della sua realtà associativa, che fornisce un articolato network di servizi in tutto il territorio della provincia varesina, resi possibili dalla creazione di collegamenti tra le famiglie dei pazienti e tutta un serie di realtà pubbliche e private. Il progetto è stato presentato a Milano in occasione della sesta Giornata delle malattie neuromuscolari, nel corso di una tavola rotonda sull’importanza delle reti ad ogni livello, tra ricercatori di base e clinici, tra specialisti di discipline diverse, tra clinici e pazienti, tra clinici, associazioni e istituzioni.
Il progetto “A domicilio, respiro e vita”, poi diventato “La vita oltre il domicilio”, vede attiva un’équipe medico-fisioterapica, attualmente composta dal dottor Carlo Bianchi, fisiatra di riferimento di Uildm Varese, una fisioterapista respiratoria, un medico pneumologo volontario per la lettura delle saturimetrie, due psicologhe e un’educatrice arteterapeuta, a supporto delle persone con malattie neuromuscolari. Queste patologie spesso determinano una perdita progressiva di forza muscolare e compromettono le funzioni vitali, fino ad arrivare a disabilità gravissime. La complessità clinica richiede che i pazienti vengano seguiti in centri specialistici, spesso lontano da casa. Il progetto, iniziato per fornire un servizio di monitoraggio respiratorio al domicilio con continuità proprio per le caratteristiche di gravità della malattia, ha portato alla creazione di una rete tra il domicilio e i centri clinici diagnostici e riabilitativi di riferimento (come Nemo del Niguarda, Don Gnocchi e Istituto Besta di Milano, Villa Beretta di Costamasnaga, Istituto E. Medea di Bosisio Parini, di recente il Centro Riabilitativo AIAS di Busto Arsizio). Spiega Chendi: «La collaborazione strutturata con i centri ci consente di inviare loro i dati raccolti. Per il paziente e la sua famiglia, ciò significa non solo ridurre gli spostamenti, sempre complessi, per i controlli ospedalieri, ma anche segnalare prontamente eventuali disfunzioni o problematiche, evitando l’aggravarsi della situazione e la necessità di interventi d’urgenza». L’associazione invia una lettera al medico di famiglia o al pediatra per comunicare la presa in carico della persona al Servizio domiciliare Uildm.
Oltre a una solida rete intorno al malato e alla famiglia, qui ci sono tutti gli ingredienti della sanità di oggi: la domiciliarità, la territorialità, l’integrazione socio-sanitaria, il paziente al centro, che sono però realizzati da volontari che dedicano il proprio tempo e la proprie competenze, spesso anche professionali, agli altri.
Il progetto è nato prima del Covid. Durante la pandemia, dopo una prima breve interruzione, è ripartito con tutti gli accorgimenti di protezione necessari, beneficiando di un contributo della Fondazione Comunitaria del Varesotto. Grazie alla buona volontà dei volontari e alle donazioni ricevute, sono andati crescendo il numero di pazienti seguiti e quello del personale impiegato, tanto da esser stato preso a esempio da altre realtà associative ugualmente impegnate a creare collegamenti tra la salute delle persone e le istituzioni sanitarie e sociali. Inoltre, la rete di collaborazioni si è ampliata, comprendendo le aziende di dispositivi medicali, necessari per l’approfondimento diagnostico in alcuni malati gravi, e l’associazione di volontariato «Angeli in moto» di Varese, che si è messa a disposizione per gli spostamenti di tali dispositivi medicali ai domicili del paziente, sollevando da questo incarico l’equipe medica.
Il sostengo psicologico aiuta le persone immobilizzate in casa e le loro famiglie, che spesso vivono una situazione di grande disagio
Rosalia Chendi, fisiatra Uildm Varese
Ai malati seguiti oggi, complessivamente quarantatré con diverse diagnosi, viene proposto anche un addestramento alla tecnica glossofaringea per migliorare la capacità ventilatoria. «C’è poi il lavoro di sostegno psicologico, che è stato fondamentale durante la pandemia e si è rivelato più utile di quanto immaginassimo per aiutare le persone immobilizzate in casa e le loro famiglie, che spesso vivono una situazione di grande disagio per il senso di confusione e di abbandono che provano» spiega Chendi. Il costante contatto con le famiglie, di persona e telefonico, riesce non solo ad alleviare il senso di solitudine, indice il più delle volte di una imperfetta presa in carico del paziente, ma anche il disorientamento per il labirinto burocratico legato all’accesso ai servizi. Dice Chendi: «Il nostro compito è anche quello di sostenere informando». Infine, si è cercato di andare al di là del servizio strettamente sanitario, per arrivare a comprendere la dimensione di vita quotidiana personale e sociale, come l’arte terapia o il diritto all’eleganza.
Il pensiero va al domani: «I nodi di queste reti che abbiamo creato sono i volontari dell’associazione e tutti i volontari che lavorano con noi cui siamo collegati. Noi creiamo delle reti per fare tutto quello che ci serve. Ma sono reti sulle spalle delle brave persone, che si aggregano spontaneamente. A volte, ci domandiamo fin dove possiamo arrivare». Oltre a finanziamenti regolari e sostanziosi, per permettere all’associazione di fornire tali servizi, sollevando così le istituzioni, e oltre a dichiarazioni di intenti che spesso restano sulla carta, servirebbe, dice la dottoressa, «un cambiamento etico-culturale», che renderebbe finalmente possibile la realizzazione di misure cruciali per la qualità della vita, come ad esempio l’abbattimento delle barriere architettoniche che è già una realtà in molti paesi europei.
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