Volontariato
Credito ai senza credito
Le grandi convenienze del mercato chiudono fuori dalla porta intere fette di popolazione. Ma questo è il sintomo di un sistema bancariolanciato verso la rovina.
di Marco Vitale
Confesso una certa diffidenza di fronte all’uso troppo disinvolto del termine “etica”, soprattutto nel senso di aggettivazione e di specificazione. L’etica è la parte della filosofia morale ed è attribuibile solo alle persone e non alle organizzazioni. Il discorso è abbastanza delicato e non può essere trattato brevemente in sede giornalistica.
Mi permetto, quindi, di riferirmi alla lezione su Etica e Impresa che tenni in Bocconi nel lontano 19 ottobre 1988 (pubblicato in La lunga Marcia verso il capitalismo democratico, ed. Il Sole 24 Ore 1989) dove, respingendo il termine etica d’impresa o etica degli affari precisavo:
«Ma noi dobbiamo conservare o ricuperare un rigore delle parole. Se con la parola “etica” noi intendiamo ciò che la storia del pensiero ha costruito intorno ad essa, allora è necessario ribadire che l’etica è indivisibile come la libertà. Non esiste, non può esistere, l’etica del manager piuttosto che quella del consulente o del banchiere. Magari suddivisa tra etica del banchiere laico o del banchiere cattolico. Questo lo ha insegnato, tra gli altri, Aristotele qualche tempo fa e sarebbe bene non ritornarci su, perlomeno non prima di averlo letto. “L’etica – dice Aristotele- persegue lo studio della virtù e del bene generale e comune per gli uomini e per la società. Essa è dunque parte della politica” ».
Per questo , con grande onestà e grande franchezza, credo che il termine “Banca Etica” sia poco comprensibile. Ma diversa è la conclusione se, andando oltre le parole, ci concentriamo sui contenuti di specifiche attività. Allora scopriremo che esistono attività di credito di grande significato per la tenuta di un tessuto di cooperazione sociale, per sostenere certe fasi dello sviluppo sociale, per contribuire a tenere aperte le porte di una società aperta. Il ruolo che ebbero da noi e non solo da noi, nella seconda parte del secolo scorso, le banche rurali e le banche popolari, è stato essenziale per aiutare certi oppressi e soffocati ad emergere, ad appropiarsi di una propria dignità, a diventare, quindi, anche creatori di ricchezze, fattori di sviluppo. Quelle banche non erano etiche o non etiche. Erano il frutto di menti lungimiranti che avevano capito che in un’economia moderna e decentrata l’accesso al credito è un diritto e l’usura è la morte dello sviluppo e della società aperta.
Se veramente crediamo in un’economia decentrata, basata sull’iniziativa individuale, se crediamo ad una società aperta, dinamica, meritocratica, delle pari opportunità, allora dobbiamo coerentemente concludere che l’accesso al credito è un diritto. «Le banche esistono per assicurare che il denaro giunga e resti nelle giuste mani», disse una volta E.A Goldenweiser, economista per molti anni al servizio del Consiglio della Riserva Federale americana. La questione è definire cosa si intende per “mani giuste”. Credo che la grandissima parte del sistema bancario consideri “mani non giuste” la grandissima parte delle persone cui la Grameen Bank del professor Yunus ha fatto e fa i suoi affidamenti.
Come sono certo che la maggior parte degli esponenti bancari dell’epoca considerava “mani non giuste” quelle dei contadini siciliani cui prestava denaro la cassa rurale fondata a Caltagirone da Don Sturzo per rompere il cerchio dell’usura. Come “non giuste” erano sicuramente per le banche tradizionali le mani dei poveri emigrati italiani negli Usa ai quali il banchiere Giannini prestava piccoli prestiti senza garanzia, iniziando così il decollo di quella che diventerà poi la grande Bank of America, per un lungo periodo la più grande banca del mondo.
È, dunque, necessario un continuo sforzo per far sì che le grandi convenienze di mercato non chiudano fuori dal portone fette importanti della popolazione. È questa la funzione degli schemi creditizi innovativi che, animati da persone generose e/o lungimiranti, si sforzano di aprire i benefici del credito alle “mani giuste”. Le tecniche adottate sono varie (dall’utilizzo del principio mutualistico, al grande contenimento dei costi di struttura, alla selezione, con criteri innovativi, degli affidati), ma il concetto portante è unitario: l’accesso al credito è un diritto. Certamente quest’area di attività è sempre stata e sarà sempre quantitativamente marginale. Ma in certe fasi, in certe epoche, in certi ambienti essa può essere preziosa.
Io penso, ad esempio, che il microcredito, secondo le metodologie della Grameen Bank sia, oggi, di grande utilità per il Kosovo dove esistono grandi risorse di lavoro pronte e desiderose di esprimersi, di recuperare una propria dignità. E grande è stata la mia soddisfazione nel verificare che anche Kouchner e i suoi principali collaboratori la pensano esattamente negli stessi termini. Avrei dei dubbi, invece, che gli stessi schemi e metodi possano essere utili in Albania dove l’approccio speculativo mi sembra diventato un fenomeno di massa, una vera e propria piaga sociale. Penso che schemi di credito attenti alle piccole persone per le piccole cose potrebbero essere utilissimi nelle periferie di Palermo e di Milano.
Allargando un po’ la visuale, il nostro sistema bancario sta, a mio giudizio, passando una fase di grane ottusità. Le ristrutturazioni ed aggregazioni che si stanno facendo sono prive di ogni logica e motivazione che non sia quella del potere ed anzi quella del potere che si neutralizza a vicenda. I bisogni del cliente, della popolazione, dei dipendenti, sono sempre più lontani e remoti. Stanno nascendo dei gruppi che sono degli autentici mostri senza senso. La Banca d’Italia ha la grande responsabilità di guidare il sistema bancario italiano verso la sua rovina. Tutto ciò renderà necessario, anche per semplici ragioni di sopravvivenza, di rafforzare le banche minori, il microcredito, le banche a base mutualistico, le casse artigianali e simili. Queste forme che molti credono sorpassate vivranno un grande rilancio, in quanto rese necessarie dall’assetto demenziale dei nuovi gruppi bancari. E saranno favorite dalle nuove tecnologie che renderanno sempre più superflue ed anzi dannose le grandi filiali, i marmi, i velluti, i pennacchi, e tutto quanto fa felici i nostri banchieri al termine di una lunga giornata di lavoro durante la quale hanno, in genere, cospirato contro l’umanità.
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