Cultura
Papa Francesco? Ha aperto strade nuove per le donne
Stralcio dell'intervento di Ritanna Armeni, giornalista e femminista, sul numero di VITA magazine di marzo che racconta i primi dieci anni di papato di Bergoglio: «Il pontefice non è la soluzione del problema delle donne nella Chiesa. Ma, e questo va detto con fiducia e speranza, è un’occasione. Un’occasione per le donne della Chiesa che possono trovare un terreno più fertile, una comprensione senza pregiudizi, un ascolto attento»
Eguaglianza, giustizia, diritto: le donne non mancano mai nei discorsi di Francesco. Nelle riflessioni con cui indica le sofferenze del mondo, lo sfruttamento, la crudeltà del sistema economico sociale dominante non le dimenticano mai. Spesso, molto spesso, sono al primo posto. Indicate come esempio di amore, dedizione, cura. Basta questo — che pure è molto — per dire che con Francesco si sta anche risolvendo “la questione femminile nella Chiesa”?
Ancora. Il pontefice nei dieci anni in cui è stato a capo della Chiesa ha dato alle donne funzioni importanti nelle istituzioni della Santa Sede, ha dato loro ruoli di vertice, ha mostrato di comprendere bene discriminazioni e pregiudizi nascosti. Basta questo per affermare che ha compreso la spinta emancipatrice e liberatrice che da decenni scuote il pianeta? Per riconoscere loro una diversità e una cultura femminile che può modificare in meglio tutta la comunità ecclesiale?
A parere di chi scrive non basta. Riconoscere quel che Francesco sta facendo, le sue battaglie, le sue rotture, osservare la radicalità di pensiero con cui affronta la questione sociale, ribalta luoghi comuni, pronuncia senza timore parole che oggi sembrano bandite dal lessico globale quali sfruttamento, povertà, diseguaglianza. Ammirare senza remore la chiarezza e la determinazione con cui continua a chiedere la pace. Osservare con rispetto e fiducia il pragmatismo con cui interviene nelle situazioni di discriminazione e affronta (immaginiamo) la cecità di parte del clero non è sufficiente a farmi pensare che la soluzione del difficile rapporto fra le donne e la Chiesa sia in via di soluzione e che il Papa abbia compreso la nuova soggettività femminile che ha già, in parte, cambiato il pianeta.
Le donne oggi non sono solo “questione sociale” per quanto questa possa essere importante. Il loro sfruttamento, il riconoscimento che esso sia maggiore di quello dell’uomo non va alla radice della discriminazione, e soprattutto non è solo questa all’origine del ruolo secondario che esse hanno nella Chiesa. Né è sufficiente per abbattere la paura delle donne che ancora alberga nel clero.
Finché la struttura ecclesiale di potere rimane intatta, finché l’autorità rimane maschile, finché gli spazi decisionali sono degli uomini, finché il diritto canonico non si tocca, finché l’amministrazione del sacro è appannaggio del “primo sesso”, finché rimane degli uomini l’interpretazione dottrinale delle scritture, finché si nominano le donne ma non la loro cultura, finché non si pronuncia senza remore e non si valorizza il pensiero femminista che per molti ( e molte) nella Chiesa è quasi una parolaccia non ci sarà nessuna soluzione né radicale né parziale al problema.
Non so se Francesco saprà fare questa svolta. In tutta sincerità ne dubito. Dubito che il pontefice per il quale nutro tutto l’affetto e la riconoscenza di una laica che non trova più nel suo mondo le parole coraggiose che il Papa continua a dedicare agli oppressi e agli sfruttati, possa fare questo salto. Il pontefice non è la soluzione del problema delle donne nella Chiesa. Ma — e questo va detto con fiducia e speranza — è un’occasione. Un’occasione PER CONTINUARE A LEGGERE ABBONATI A VITA O ACQUISTA IL SINGOLO NUMERO CLICCANDO QUI
Foto: pexels-bo-ponomari
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