Welfare
«Noi, sfrattati dagli spazi del Centro di salute mentale»
La presidente dell'Asarp, l'Associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica, racconta l'odissea sfociata nel mancato rinnovo del comodato d'uso gratuito di una parte del padiglione E nella struttura dell'ex manicomio di Cagliari. L'attività è paralizzata, ma l'Asarp continua a lavorare grazie all'ospitalità nella sede dei Cobas
di Redazione
Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Gisella Trincas, presidente Associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica e Presidente nazionale dell’Unasam – Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale.
Quel padiglione era il “secondo Donne” dell’ex manicomio di Cagliari. È stato ristrutturato insieme a tutti i padiglioni del manicomio e, nel settembre del 2007, è stato inaugurato. Doveva accogliere il primo Centro di salute mentale della Regione Sardegna aperto 24 ore su 24, la sede del Dipartimento di salute mentale e la sede dell’Asarp (l’Associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica) in comodato d’uso gratuito per 5 anni rinnovabili. Per noi e per chi ci aveva invitato e sollecitato a trasferire in quel padiglione la nostra sede regionale (considerandolo un valore aggiunto nell’attività del servizio pubblico di salute mentale), si intendeva rinnovabile senza problemi. I problemi li abbiamo avuti appena è cambiato il quadro politico del governo regionale (ma questa storia – che viviamo ciclicamente in tanti – l’ho già raccontata). Oggi vorrei trasmettervi cosa ha concretamente comportato in questi giorni la cacciata dell’Associazione da quegli spazi.
Il primo grande problema era trovare ospitalità subito, da qualche parte, vista la difficoltà a reperire una sede alternativa adeguata (dopo 36 anni di attività sociale intensa). Ci sono venuti incontro i Cobas, mettendoci a disposizione una loro stanza, giusto per non interrompere i rapporti col mondo e l’attività amministrativa minima necessaria per l’adempimento di tutte le procedure burocratiche che regolamentano l’attività di una organizzazione riconosciuta e iscritta al Registro unico nazionale del Terzo settore, e continuare a portare avanti gli eventi e i progetti già programmati.
Abbiamo dovuto attivare una ditta di trasporti che ha svuotato quella sede dove non eravamo più graditi, resa da noi bella, accogliente, ricca di calore umano e attraversata dalle tante storie che abbiamo accolto e accompagnato. Svuotate le nostre stanze dagli arredi, le attrezzature, gli archivi, la biblioteca e il centro di documentazione (materiale prezioso per gli studenti e i laureandi), i quadri, le piante. Tutto inscattolato e sigillato, da trasferire in un deposito in attesa di tempi migliori.
Questa mattina abbiamo sistemato quella stanza piccola ma preziosa e dato l’incarico di sistemare e attrezzare un piccolo cortile interno come spazio aggregativo in cui riprendere, nel limite del possibile, ad accogliere familiari, persone che utilizzano i servizi di salute mentale, amici e sostenitori. Con un dolore immenso, abbiamo dovuto sospendere i laboratori culturali, i gruppi di auto-mutuo aiuto, l’attività della radio web, le assemblee, la consulenza quotidiana e costante offerta a chiunque si presentava nella nostra sede, l’attività di consulenza e coordinamento degli amministratori di sostegno soci dell’Associazione, il rapporto diretto e quotidiano con gli operatori del servizio territoriale di salute mentale, il rapporto con la rete delle organizzazioni del territorio regionale, l’accoglienza di chiunque passava per quei nostri spazi in cui si respirava “aria di casa”. Questo comporta ovviamente anche il rallentamento di tutta la nostra attività, dovendo, d’ora in avanti (perché non abbiamo a disposizione tutti i nostri strumenti di lavoro) selezionare le priorità, considerando gli spazi a disposizione.
È stato un duro colpo, non possiamo negarlo: noi lo viviamo come un atto politico grave contro un’Associazione che ha sempre messo al centro della sua opera i diritti fondamentali della persona umana senza timore alcuno, rivendicandone il pieno riconoscimento (nel rispetto della nostra Carta Costituzionale e della Legge di Riforma sanitaria n. 833). Questo significava e significa contrastare tutte le scelte politiche e amministrative che tali diritti non tutelano, e che hanno determinato il depauperamento delle risorse umane e finanziarie necessarie ai servizi per la salute mentale. Una delle motivazioni addotte dalla Asl 8 (quella per la quale il Tribunale ha accolto il ricorso e determinato il rilascio di quei locali) è stata che, l’occupazione di quegli spazi (quattro stanze e un corridoio – una quota minima di un grande padiglione che ha tanti spazi a disposizione), impediva l’attuazione dei Livelli essenziali di assistenza e determinava quindi danno agli utenti dei servizi. Un servizio che ha un problema gravissimo di personale, che non ha risorse finanziarie dedicate ai progetti individuali di ripresa, che fa fatica anche a garantire la presenza degli operatori sull’intero territorio di competenza e la cui attività prevalente è la visita periodica e il trattamento farmacologico.
Nella foto d'apertura, uno degli edifici ristrutturati dell'ex manicomio di Cagliari
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