Famiglia
Asili nido, con le multe i ritardi aumentano
Nel comune di Como si sta discutendo l’approvazione del nuovo “Regolamento dei servizi alla prima infanzia” che prevede l’applicazione una sanzione pecuniaria pari a 50 euro ai genitori che si presenteranno in ritardo ad accompagnare o recuperare i figli. Ma l'introduzione di una multa di questo tipo rischia di produrre l'effetto esattamente contrario. Ecco perché
La delibera della giunta del comune di Como (n. 42 del 1 marzo 2023) avente ad oggetto l’approvazione del nuovo “Regolamento dei servizi alla prima infanzia” che, tra le varie cose, prevede l’applicazione una sanzione pecuniaria pari a 50 euro ai genitori che si presenteranno in ritardo ad accompagnare o recuperare i figli all’asilo nido sta facendo discutere. Al quarto ritardo, anche non consecutivo, senza giustificazione o avviso nell’arco di un mese, scatterebbe la sanzione, se il consiglio comunale comasco approverà tale decisione. Al di là delle critiche che si potrebbero muovere – e che sono state mosse – in merito alla mancanza di flessibilità offerta ai genitori sottoposti a ritmi di lavoro serrati, spesso bloccati nel traffico cittadino e via dicendo, occorre porsi un’altra domanda: l’introduzione della multa disincentiverà veramente i genitori dal ritardare? Dovrebbe essere questo in fondo il quesito sotteso alla misura che il consiglio comunale comasco si accinge a votare a breve se l’obbiettivo conclamato è quello di ridurre il numero di genitori ritardatari.
L’ipotesi di deterrenza predice esattamente questo: a fronte dell’introduzione di una sanzione, il numero di individui che pone in essere comportamento sanzionato dovrebbe ridursi. L’evidenza empirica ci mostra invece che non è sempre così. Uri Gneezy e Aldo Rustichini, due economisti sperimentali, pubblicarono nel 2000 un articolo – pietra miliare per gli addetti ai lavori – nel quale dimostravano esattamente il contrario. I risultati cui giunsero i due economisti erano il frutto di un esperimento sul campo condotto ad Haifa (Israele) nell’arco di venti settimane nel 1998 in dieci asili nido privati della città.
Ciò che notarono fu che, all’introduzione di una sanzione monetaria pari a 10 Nis (l’equivalente all’epoca di circa 2,72 dollari) per ogni figlio/a che i genitori avessero recuperato dall’asilo con un ritardo pari o superiore a 10 minuti, il numero di genitori in ritardo aumentava, stabilizzandosi nel tempo e arrivando quasi a doppiare il numero di genitori in ritardo nella fase iniziale dove nessuna sanzione era imposta a fronte del ritardo. Paradossale. Il titolo del loro articolo “A fine is a price” racchiude efficacemente la norma sociale che i genitori interiorizzarono a fronte dell’applicazione di una multa al loro ritardo: la sanzione monetaria non è altro che il prezzo da pagare per il ritardo. Pago quindi ritardo (e lo faccio quanto voglio). Quando la sanzione non era presente il numero dei ritardatari era inferiore in quanto i genitori tendevano a non abusare di una cortesia che il personale scolastico stava facendo loro. Infatti, percepivano la disponibilità a badare ai propri figli per un tempo aggiuntivo come una gentilezza, qualcosa che non ha a che vedere con il mercato ed il valore economico che gli si può attribuire.
Una lezione che possiamo trarre da questo studio è che non sempre una sanzione può fungere da deterrente, anzi. Si tratta di un insegnamento che il legislatore, il regolatore, il policy-maker dovrebbero avere bene a mente, per normare in maniera confacente a come l’uomo si comporta nella realtà. Chi scrive non sa se membri del consiglio comunale di Como siano a conoscenza o meno di questo lavoro di ormai più di venti anni fa, ma si domanda, a livello più generale, quanto effettivamente i contributi della comunità scientifica siano considerati nell’attività di policy-making svolta dai soggetti politici, a partire dagli enti locali più vicini al cittadino ossia i Comuni. Il lavoro di accademici e studiosi è al servizio della comunità tout court intesa e pertanto dovrebbe essere seriamente considerato anche dal decisore politico affinché le scelte compiute da quest’ultimo siano basate non solamente su principi teorici, pur fondamentali, ma anche su dati empirici che avvalorino le decisioni prese.
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