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Strage di Cutro, per evitare la tragedia bastava rispettare le leggi
Oltre 40 associazioni della società civile italiana ed europea hanno depositato un esposto congiunto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone per chiedere di fare luce sul naufragio a Steccato di Cutro, costato la vita ad almeno 72 persone, tra cui molti bambini
Oltre 40 associazioni della società civile italiana ed europea hanno depositato un esposto congiunto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone affinché siano condotte indagini accurate in relazione alle responsabilità delle autorità italiane per il mancato soccorso dell’imbarcazione naufragata a poche centinaia di metri dalla costa al mattino di domenica 26 febbraio, nel naufragio hanno perso la vita più di 70 persone, tra cui molti bambini.
Una simile tragedia era infatti prevedibile e sarebbe stata evitabile se solo la normativa nazionale ed internazionale in tema di soccorsi in mare fosse stata puntualmente applicata da parte delle autorità italiane a ciò preposte. Tutte le associazioni che hanno depositato l’esposto, tra cui noi di Arci, auspicano che indagini rapide ed effettive volte all’accertamento delle responsabilità penali degli organi statali permettano di evitare che questa ennesima tragedia resti impunita.
Ricordiamo, infatti, che l’Italia è già stata censurata dal Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite per la violazione del diritto alla vita, anche nel suo aspetto procedurale, in relazione al mancato soccorso dell’11 ottobre 2013, quando le autorità italiane attesero molte ore prima di soccorrere un’imbarcazione con a bordo circa 300 persone, che nell’attesa dei soccorsi si capovolse. Quando, sette anni dopo gli eventi, i procedimenti penali relativi ai mancati soccorsi risultavano ancora in corso, il Comitato ha ritenuto che l’Italia non avesse adempiuto al suo dovere di condurre una rapida indagine sulle accuse di violazione del diritto alla vita e che, di conseguenza, abbia violato i suoi obblighi ai sensi dell’articolo 6 (1) in combinato disposto con l’articolo 2 (3) del Patto internazionale sui diritti civili e politici (HRC, A.S. v Italy, views del 4 novembre 2020, UN doc. CCPR/C/130/D/3042/2017).
Il 2 dicembre 2022, il Tribunale di Roma ha finalmente constatato la dolosa omissione del soccorso da parte degli ufficiali – di Guardia Costiera e Marina Militare – competenti a dare l’ordine di intervento, ritenendo però che i reati loro ascritti, pur sussistendone tutti gli elementi costitutivi fossero da dichiarare risultavano prescritti.
Similmente al precedente appena ricordato, anche il naufragio di domenica 26 febbraio, avvenuto in zona Sar italiana e vicinissimo alla costa, poteva essere evitato se il Centro di Coordinamento dei Soccorsi in Mare (Imrcc) avesse assunto il coordinamento dei soccorsi ed inviato assetti navali ed aerei adeguati come previsto dal secondo le disposizioni del Piano Sar Marittimo Nazionale (Decreto Ministeriale numero 45 del 04/02/2021).
Dai comunicati delle autorità coinvolte (Frontex, Guardia Costiera e Guardia di Finanza) appare, infatti, che le autorità italiane abbiano ricevuto comunicazione in merito alla presenza di un’imbarcazione, sovraccarica di persone e diretta verso le coste italiane, quasi 24 ore prima del disastro. Questo lasso di tempo avrebbe certamente probabilmente permesso ai mezzi di soccorso della Guardia Costiera italiana di raggiungere l’imbarcazione in pericolo e scortarla verso la costa, impedendole di incagliarsi in una secca sabbiosa naufragando.
L’aver colposamente qualificato una situazione di pericolo in mare, come evento di immigrazione clandestina da affidarsi alla Guardia di Finanza come operazione di polizia e non ad autorità e mezzi equipaggiati per il soccorso come sono invece quelli della Guardia Costiera, è stata una scelta prevedibilmente erronea che non ha tenuto conto degli obblighi di tutela della vita umana in mare derivanti dal diritto internazionale e implementati nella legislazione nazionale. Si tratta di una gravissima negligenza da parte di ufficiali che per formazione e competenze sono deputati all’esercizio di una attività che invece deve essere svolta con adeguata diligenza professionale.
Per tale ragione le associazioni hanno ritenuto necessario agire collettivamente, nell’interesse dell’intera società civile, chiedendo all’Autorità Giudiziaria di valutare se siano ravvisabili, in capo agli agenti delle autorità competenti per il soccorso in mare, responsabilità penali, (in particolare ai sensi per i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo degli artt. 428, 449, 589, 328 c.p., 1158 c.n. 113 c.p.m.p.).
Le associazioni e sigle firmatarie dell’esposto sono: AOI – ASSOCIAZIONE ONG ITALIANE, Associazione Contro gli Abusi in Divisa (A.C.A.D.), Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (A.S.G.I.), Associazione Clinica Legale per i Diritti Umani, Associazione Progetto Accoglienza, ARCI, Borderline-Europe, Casa dei Diritti Sociali, CIAC Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos, Legambiente Nazionale, Consorzio Italiano di Solidarietà – ufficio rifugiati ONLUS (ICS), Emergency, Fondazione Gruppo Abele, Gruppo Lavoro Rifugiati, International Justice and Human Rights Centre, Legal Team ItaliaMedici Senza Frontiere, Associazione Don Vincenzo Matrangolo, Rete Comunità Solidali, Open Arms Italia, Oxfam Italia, SOS MEDITERRANEE Italia, Progetto Mem.Med – Memoria MediterraneaMediterranea Saving Humans, PROGETTO DIRITTI, WatchTheMed Alarm Phone, Sea-Watch, Sea Eye, RESQ – PEOPLE SAVING PEOPLE, Diritti di Frontiera – Laboratorio di Teoria e Pratica dei Diritti, Fondazione Roberto Franceschi, A Buon Diritto, Confederazione Unione Sindacale di Base, Iuventa-crew, Louise Michel, Associazione Comunità Progetto Sud, Medici del Mondo Italia, Campagna LasciateCIEntrare, Melting Pot, MoCi Cosenza, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, La Petite Bibliothèque
*Filippo Miraglia, responsabile migrazioni dell’Arci
Credit Foto: Agenzia Sintesi
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