Non profit

Nella sanità pubblica c’è posto anche per voi

«Io difendo un sistema di sanità universalistico e chiedo a tutti di finanziarlo e di collaborare», ha detto il ministro della Sanità ai volontari italiani.

di Riccardo Bagnato

Ultima tappa, 19 novembre a Firenze, ultimo interlocutore: il non profit. Termina così il viaggio d?ascolto del ministro della Sanità Rosi Bindi, iniziato l?8 ottobre . L?incontro, organizzato dal comitato Antropolis, realtà promossa da Anpas Toscana, centro Spazio Reale e Misericordie, ha registrato il tutto esaurito all?auditorium del Palazzo dei Congressi. Presenza massiccia delle realtà non profit: Tribunale del malato, Caritas, associazione Emofiliaci, comunità di recupero, cooperative sociali, Consulta nazionale del Volontariato, Forum del Terzo settore. Don Giovanni Momigli, del comitato Antropolis, introduce ricordando alcune cifre dal Censis: più di 700 mila famiglie italiane con problemi di dipendenze; 650 mila che fronteggiano gravi patologie sanitarie; 1 milione e 400 mila con disabili a carico. «Non è detto che un?alta qualità della vita corrisponda a una vita di qualità», continua don Momigli citando l?articolo 1 della Riforma comma 16, dove «gli organismi a scopo non lucrativo concorrono [?], dando attuazione al pluralismo eticoculturale dei servizi alla persona». Cosa vuol dire concorrere? Chiede. Il ministro rilancia: «La salute è un bene di tutti, e quindi con i sistemi universalisti, validi per tutti, non chiediamo a ciascuno di comprare la propria sanità, ma di finanziare la salute di tutti. Noi lavoriamo in un settore in cui la domanda è infinita, ma le risorse sono limitate. Non possiamo contrarre la domanda dentro le risorse, ma dobbiamo trovare il modo per utilizzarle al meglio. E questo lo si può fare anche in un sistema pubblico». Concorrere con le istituzioni pubbliche per quanto riguarda il non profit cosa significa? «Con questa riforma», dice il ministro, «si riconosce un terzo protagonista fra pubblico e privato, il privato sociale, e gli si affida esplicitamente una funzione pubblica. Perché chi non ha fini di lucro è coinvolto nella fase strutturale. Da questo principio di sussidiarietà consegue che le regioni dovranno individuare e accreditare quelle organizzazioni che comunque devono dimostrare, per essere accreditate, di contemplare la partecipazioni di cittadini». Come esempio di coinvolgimento dell?associazionismo la Bindi ricorda l?impegno recentemente preso con le associazioni per la cura della salute mentale: «Abbiamo preso due impegni, l?istituzione di una Commissione ad hoc su questo tema che affianchi la Cuf, e l?indicazione alle regioni di destinare alla salute mentale il 5% dei trasferimenti del Fondo sanitario nazionale». Applausi. Molti applausi quando il ministro accoglie l?esigenza di coprogettualità e di qualità degli accreditamenti espressa dal neopresidente delle Misericordie Gianfranco Gambelli. Applausi quando dichiara apertamente che al medico si devono affiancare figure professionali, la cui formazioni non è necessariamente universitaria. Applausi che vengono meno quando il Presidente della Caritas fiorentina ricorda il caso di una donna straniera clandestina cui gli impedimenti e le pratiche hanno complicato oltremodo un banale controllo. Critiche durissime dall?associazione Emofiliaci, che accusa il ministro di essere andato in appello, dopo che il tribunale lo aveva condannato a risarcire i giusti danni a 800 e più persone infette da emoderivati. «Ma», spiega il ministro, «non potevamo fare altrimenti, perché fin quando la sentenza non è definitiva rischiamo un procedimento presso la magistratura contabile. Siamo obbligati a giustificare che abbiamo fatto di tutto per difenderci. Nel frattempo però c?è un gruppo di lavoro al Ministero per trovare una soluzione di compromesso». Quattro ore distese, in cui, però, alcune osservazioni del ministro sfioravano pericolosamente i massimi sistemi, e sembravano girare intorno a quello che ci si voleva sentir dire, davanti a una platea che, nota per la sua concretezza, questa volta è parsa limitarsi a incassare lodi e riconoscimenti. Riccardo Bagnato Dopo le proteste ecco le modifiche ?Dateci un vaccino anti Bindi? avevamo titolato sulla copertina di ?Vita? lo scorso luglio raccogliendo la protesta di molte Onlus attive in campo sanitario contro la riforma del ministro della Sanità. Un articolo del testo di legge prevedeva, infatti, per le Onlus che volessero ?concorrere? all?erogazione dei servizi sanitari, la perdita dei benefici fiscali riconosciuti dalla legge 460. Una penalizzazione inconcepibile, che grazie alla nostra mobilitazione è stata corretta. La versione definitiva del decreto Bindi, infatti, dopo aver subito qualcosa come una trentina di emendamenti (a legge già approvata!), ora stabilisce (articolo 1 comma 18), che possano concorrere al servizio sanitario nazionale delle organizzazioni del privato sociale che abbiano alcune caratteristiche delle Onlus, ma non tutte. Delle ?quasi Onlus?, insomma, che quindi non godano già di per sé dei benefici fiscali. Va da sé comunque che le organizzazioni riconosciute come Onlus possono concorrere liberamente e in più godere dei benefici a loro propri. Una correzione importante, su cui però anche gli esperti aspettano a pronunciarsi in via definitiva. «Aspettiamo di capirci di più», dice il professor Davide Maggi dell?università Bocconi di Milano. «Soprattutto attendiamo che venga specificato chiaramente quali organismi possono far parte di questa nuova categoria».


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