Non profit

I limiti di reddito per non perdere i benefici di legge

Diversi trattamenti tra disabilità motoria e intellettiva

di Carlo Giacobini

Parlo della riforma dell’assistenza all’handicap. L’accertamento di invalidità va fatto nello spirito della legge 104/92 tenendo conto dei diversi deficit e bisogni. Attenzione nel fissare i limiti di reddito entro cui attuare decurtazioni: c’è squilibrio tra chi, col 75% di invalidità ha limiti di reddito di 5.077.000, rischia di perdere benefici assegnati e assistenza sanitaria e chi, col 100% gode della salvaguardia dei diritti assegnati fino al reddito di 22.310.000. Chi ha un handicap entro una variabilità di percentuale alta, dal 70% in su,va giudicato in modo individuale. A.F. (Arco, Tn)(E:mail)

Risponde Carlo Giacobini
Bisogna porre alcune correzioni alla sua lettera, tagliata per esigenze di spazio. Il primo limite di reddito non è di L. 5.077.000 ma di L. 6.557.200; il secondo non è di L. 22.310.000 ma di L. 23.211.775. L’importo della pensione (citata) non è di 381.000 ma di 395.060 lire. Le sue riflessioni pongono indirettamente l’accento su questioni ancora irrisolte in Italia: l’accertamento della disabilità e dell’handicap, concetti fra loro estremamente diversi. La disabilità è accertata con criteri medico legali e percentualizzando la relativa invalidità rifacendosi alle indicazioni tabellari previste dal Ministero della Sanità. La percentuale di invalidità ci dice poco rispetto ai reali bisogni del disabile. Lei esemplifica la differenza che passa fra un disabile intellettivo e un motorio. Vorremmo spingerci più in là: il disagio è derivato anche dal contesto in cui il disabile vive. A pari condizioni “cliniche” o di “menomazione”, ha possibilità diverse chi vive in città del Nord rispetto a chi abita in paesini di montagna magari nel Sud. Il problema è ancora più articolato di come lo pone lei. Queste condizioni dovrebbe descriverle l’accertamento dell’handicap previsto dalla legge quadro 104/92. Troppo spesso accade che tale certificazione non venga considerata altro che una dichiarazione invalidità senza percentuale da utilizzare ai fini di permessi lavorativi o altri benefici. Quello italiano è un sistema ibrido che mantiene ambedue le modalità di certificazione non favorendo una più oculata programmazione di politica sociale a favore delle persone con disabilità. Anche dalla lettura dei testi preparatori della riforma dell’assistenza non sembra proprio che si intenda svoltare in modo deciso e netto in un’unica direzione che consenta di definire con la disabilità anche l’handicap, cioè il disagio e i conseguenti supporti economici e di servizio. Solo operando in una logica nuova sarebbero superati i paradossi elencati nella lettera, che non sono le uniche sperequazioni di un sistema di accertamento insostenibile perché farraginoso, costoso e scarsamente efficace.

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