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«I corpi civili di pace? Sul territorio per ricostruire, insieme alla gente»

Così Marianella Sclavi, portavoce del Mean - Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, intervenuta alla due giorni all'Antonianum, dedicata oggi alla necessità dell'istituzione di «operatori civili, formati per ricreare una convivenza nei territori dilaniati dal conflitto»

di Redazione

Costituire e portare in Ucraina i corpi civili europei, sempre accennati timidamente dopo la grande proposta di Alex Langer nel 1994, e mai veramente attivati: fare in modo che queste figure escano dalla retorica per entrare nella carne viva di un mondo in conflitto, che ha un grande bisogno del sogno europeo, ma anche di una pratica di pacificazione civile che solo l'Europa può portare. Le due premesse? La non violenza come strumento di cittadinanza attiva in chiave internazionale e l'Unione Europea che dovrebbe essere una superpotenza impegnata nella promozione dei valori di pace, democrazia e diritti umani. Per questo il corpo civile di pace dovrebbe costituire uno dei marchi di fabbrica di una nuova politica europea.

A Kiev

Proprio i corpi civili di pace sono stati al centro della prima delle due giornate organizzate dal Mean – Movimento Europeo di Azione Nonviolenta alla Pontificia Università Antonianum a Roma. Due gli appelli. Il primo, lanciato oggi, chiede all’Unione Europea di porsi come garante della pace, all’interno dei propri confini e nel mondo, grazie all’istituzione proprio dei corpi civili di pace europei. Il secondo è il lancio di una serie di iniziative Mean in Ucraina: un viaggio a Kiev il 7 giugno e una grande catena umana nel paese, sull'esempio dell'abbraccio lungo 500 chilometri all'inizio degli anni Novanta. E proprio a Kiev dovranno nascere i corpi civili. Lo dice chiaro Angelo Moretti del Mean: «Saremo in Ucraina per dialogare con il parlamento dopo aver interloquito con l'Europarlamento. A Kiev – sottolinea – dovrà essere fatta la conferenza che istituisce i corpi civili di pace. Deve nascere e deve essere discussa là». Moretti annuncia anche una «conferenza congiunta ad agosto con la società civile. Ma – precisa – non basta solo dibattere , occorre agire e portare avanti un'idea diversa di pace attiva. A fine agosto – aggiunge ancora – vogliamo organizzare una catena umana, sempre insieme alla società civile locale e sempre se i cittadini lo vorranno».

Corpo di realizzazione di diritti umani

Nel tracciare le linee del contesto, Marianella Sclavi, portavoce del Mean, ricorda: «Andando a Kiev e a Strasburgo, parlando con cittadini e autorità ci siamo resi conto che sta maturando l’idea che nella guerra in Ucraina e in particolare nei negoziati l’Europa deve avere un ruolo determinante e autonomo. Tra le proposte che abbiamo portato a due parlamentari europei c’è l’istituzione dei corpi civili di pace europei, che, dopo la guerra, devono aiutare a costruire di nuovo una convivenza nei territori dilaniati». Già ma come si formano questi corpi? «Si tratta di operatori civili che hanno una formazione specifiche e che hanno compito di costruire comunità, durante un negoziato». Durante e dopo. «Sono una forza terza, né schierata da una parte e dall’altra. Un corpo di realizzazione di diritti umani e delle libertà europee. Un corpo che dà protagonismo alla società civile, che fa un lavoro sul territorio e insieme alla gente ricostruisce».

Vicini alla svolta

Dopo Bruxelles e dopo la visita a Kiev e dopo un anno di mobilitazione del Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, il convegno vuole anche essere il segnale di una svolta. Ne parliamo anche QUI. «Una giornata densissima» sottolinea alla fine della prima sessione di lavori Riccardo Bonacina, fondatore di Vita Non Profit e portavoce del Mean.

Il silenzio è pericoloso

In attesa che il finalmente in Ucraina si torni a parlare (e praticare) la pace, restano le testimonianze dolorose di un anno mezzo di conflitto. «Il male deve essere chiamato con il suo nome » le parole pronunciate sul palco dell'Antonianum, in apertura dei lavori, da Alexandr Bayanov, giornalista e sociologo, fuggito in Italia dalla Russia di Putin: un esule russo. «È importante capire le ragioni di chi ha imposto questa separazione» spiega Alexandr, facendo riferimento alla politica di divisione del territorio imposta dalla Russia.

«Le riflessioni di questo incontro – dice poi – sono importanti in questo momento tragico. Cerchiamo insieme le vie d'uscita». Con lui Tetyana Shyshnyak, attivista ucraina (originaria di Donetsk) del Mean e in Italia da 20 anni. «Il silenzio è pericoloso» sottolinea invece Tetyana, a proposito della scelta di impegnarsi attivamente nel percorso di pace.

In apertura Marianella Sclavi. La foto di Riccardo Bonacina è di https://www.facebook.com/meanprogetto. Le altre foto sono di Alessio Nisi

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