Formazione

Se i ragazzi ritrovano parola grazie ai classici, al teatro e ai più piccoli

Il libro “Io sono Enea. Storie di naufragi, approdi e nuove città”, di Claudia Pozzo e Agostino Frigerio racconta un'esperienza che a Milano ha visti coinvolti liceali e ragazzini di origine straniera delle medie inferiori coinvolti in laboratori dove la grande letteratura viene letta, ascoltata e riscritta e poi messa in scena. Con risultati sorprendenti, educativi e artistici

di Riccardo Bonacina

Ricordo che in uno dei tanti colloqui con lo psichiatra e scrittore Eugenio Borgna da cui andavo per interviste che valevano un’intero corso universitario, insisteva sull’importanza di salvaguardare la scuola e il ruolo degli insegnanti. “La scuola”, diceva, “è l’ultimo luogo sottratto dalla dittatura del tempo reale e della reattività come dominante attività umana. Resta ancora, nonostante le difficoltà, un luogo che si dà tempo, un tempo sottratto alle logiche digitali e binarie”. Sul tema Borgna è tornato anche recentemente con l’ultimo suo libro “Mitezza” (Einaudi) in cui scrive: “Il mondo in cui viviamo tende ad essere contrassegnato dalla violenza e dall’arroganza, dall’indifferenza e dalla mancanza di gentilezza e di tenerezza, che non consentono di ascoltare e di partecipare al dolore e alla sofferenza delle persone che la vita ci fa incontrare… la mitezza è contagiosa, se incontriamo persone miti, qualcosa cambia nel nostro cuore, e lo diveniamo, almeno in parte, anche noi. L’immagine dell’allenarsi a vivere con mitezza è molto bella, e, direi, si confonde con l’immagine del contagio: l’una e l’altra testimoniano del valore e del significato della mitezza…La scuola ha una grande importanza nell’insegnare cosa sia la mitezza, e come la si possa riconoscere nella sua fragilità”. Un’osservazione che ha sollevato qualche dibattito dentro la scuola, ma di certo introdurre alla mitezza significa contrastare il suo esatto contrario, la “diffidenza” che sconfina spesso nell’indifferenza.


Il ricordo delle chiacchierate con Borgna mi è stato suscitato dalla lettura di Io sono Enea. Storie di naufragi, approdi e nuove città, di Claudia Pozzo e Agostino Frigerio (editore Terre di mezzo).

Un libro che racconta un percorso che inizia nel 2016 grazie alle possibilità offerte da quella che sino a un anno fa si chiamava Alternanza Scuola Lavoro (poi ipocritamente nascosta in un nuovo acronimo, PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l'Orientamento).

Così un buon numero di liceali hanno potuto frequentare i laboratori guidati da Claudia Pozzo, intorno a testi classici che poi dovevano spiegare a ragazzi di origine straniera delle medie inferiori. I ragazzi dei licei che i classici sono obbligati a frequentare possono diventare accompagnatori dei ragazzi delle medie provenienti da altri Paesi in un’esperienza di incontro con la grande letteratura, in un’esperienza educativa e creativa, grazie al teatro e alla letteratura. Come è spiegato nel libro, che per metà è racconto e per metà riflessione sull’esperienza, “I laboratori vivono di intenzione educativa e tempo. Tempo della spiegazione, quello della ricerca comune, il tempo della lettura sbrigativa, quello del commento condiviso. Il laboratorio e il teatro richiedono un tempo disteso”.

I due autori, Claudia Pozzo e Agostino Frigerio si sono conosciuti in Ibva, un’associazione non profit di Milano dove si insegna italiano agli stranieri, lì nasce l’idea di percorsi che responsabilizzino i liceali rispetto ai più piccoli stranieri in un percorso all’insegna della creatività e del teatro.

E, a proposito dell’educazione alla mitezza, i due autori scrivono: “Tra i diversi luoghi in cui avviene il riconoscimento dell’altro e del senso di quel che si fa abbiamo privilegiato due contesti: il teatro e la scrittura. Il primo, uno spazio che fin da subito è relazione, e quindi uno spazio adatto a noi che siamo sostanzialmente esseri in relazione. Spazio della riflessione, della parola che interroga anche se stessa, il secondo. Il teatro è un dispositivo che connette quel che nella vita tendiamo a separare: l’immaginario e il reale, il corpo e la mente, l’individuo e il gruppo, la norma e la trasgressione, l’emozione e la razionalità. Facendo teatro si impara il senso profondo dell’armonia perchè ci si rende conto che la rappresentazione riesce nella misura in cui ciascuno si cala non solo nella propria parte, ma anche nelle parti altrui”.

Un percorso che si è mosso tra le acque del Mar Mediterraneo, dapprima con Odisseo, poi con Charles de Foucauld e Antoine de Saint-Exupèry, e infine con Enea. Ma oltre il libro sono stato testimone di una ulteriore tappa, quest’anno la stessa équipe (che si avvale anche di Alessandra di Ibva e di Nicoletta, insegnante in pensione) ha coinvolto i ragazzi nella lettura degli scritti di Simone Weil e di suo fratello André.

Prendi un gruppo di liceali, mettili al lavoro sui grandi testi guidati da una scrittrice come Claudia Pozzo e chiedi a loro di riscrivere i testi e di fare appassionare un gruppo di ragazzini delle medie d'origine straniera. Per poi mettere tutto in scena con il supporto di musiche, immagini e movimenti. Vi assicuro che il risultato è più che dignitoso anche dal punto di vista estetico e teatrale e i ragazzi sono contenti, qualcuno entusiasta.

Del resto, come è scritto nel libro: “I laboratori non hanno voluto costruire una scuola di teatro, né configurarsi come studio dei classici. Quello che volevamo emergesse è che ogni ragazza, ogni ragazzo trovasse la voce, la sua parola, un gesto, un evento che – attraverso i sensi – lambisse il pensiero, coinvolgendo le sue emozioni”.

Leggete questo libro, e mettetevi tutti all’opera. Si può fare.

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