Mondo
Quasi una persona su dieci nel mondo non ha abbastanza cibo
Nell’ambito del festival dello sviluppo sostenibile, la rete Link 2007 - cooperazione in rete e l'associazione internazionale volontari laici - Lvia, hanno organizzato un evento in formato workshop sui sistemi alimentari sostenibili che si terrà a Cuneo domani, 23 maggio. «Il numero di persone che non mangiano a sufficienza rasenta gli 800 milioni», scrive Riccardo Moro, segretario generale Lvia. Eppure: «lo spreco alimentare è enorme. Le stime Fao parlano di un 14% di perdita di prodotto tra produzione e distribuzione e quelle di Unep del 17% sprecato tra vendita al minuto e consumatori»
Il Festival dello Sviluppo Sostenibile è la più grande iniziativa italiana per sensibilizzare e mobilitare cittadini, giovani generazioni, imprese, associazioni e istituzioni sui temi della sostenibilità economica, sociale e ambientale. Nell’ambito del festival Link 2007 – cooperazione in rete e l'associazione Internazionale Volontari Laici – Lvia, hanno organizzato un evento in formato workshop sui sistemi alimentari sostenibili che si terrà a Cuneo il 23 maggio dalle ore 17 alle ore 19 in presenza e online.
Il numero di persone che non mangiano a sufficienza rasenta gli 800 milioni, sfiorando il 10% della popolazione mondiale. Una persona su dieci. Sia il numero totale sia la loro percentuale erano faticosamente diminuiti fra il 2000 e il 2015, ma dal 2017 questi dati sono tornati ad aumentare. I prezzi alimentari continuano ad essere caratterizzati da pronunciata volatilità, con gli stimoli del mercato reale (previsioni di produzione scarse piuttosto che abbondanti) che vengono amplificati e distorti da un mercato finanziario ancora non regolato dopo la crisi del 2008. Lo spreco alimentare è enorme. Le stime Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) parlano di un 14% di perdita di prodotto tra produzione e distribuzione e quelle di Unep (programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente) del 17% sprecato tra vendita al minuto e consumatori. Tutto questo mostra come un mercato che dovrebbe essere oggetto di attenzioni e "custodia", perché fondamentale alla vita umana, ha degli evidenti elementi di debolezza, con le filiere produttive globali che si rivelano inefficaci di fronte all'obiettivo di nutrire tutti in modo sostenibile.
Diversi sono gli elementi che incidono su questo quadro. Da un lato la corsa alla produzione, che in passato ha privilegiato tecnologie non sostenibili, monocolture e processi che hanno impoverito i suoli e indebolito i mercati. Dall’altro le condizioni di mercato sul piano locale, ma anche su quello internazionale, che sono pesantemente influenzate da attori che hanno posizioni dominanti. Non rari poi, nel Sud del mondo, sono i casi di sistemi di distribuzione insufficienti a livello locale, con aree isolate poco servite dai trasporti e mercati ‘fisici’ non raggiungibili. Squilibri sono anche stati generati da politiche dei Paesi più ricchi, che proteggono i produttori delle regioni ricche a scapito, di fatto, di quelli delle altre aree del pianeta.
La società civile è da tempo in prima linea a chiedere politiche per promuovere sistemi alimentari sostenibili che tengano conto dei contesti in mutamento provocati dal cambiamento climatico e che siano in grado sia di garantire accesso universale al cibo sia redditi adeguati al mondo contadino. La prospettiva a cui si guarda è quella della agroecologia, che combina il protagonismo dei produttori con la sostenibilità ambientale, coniugando saperi tradizionali e innovazione tecnologica. Reti contadine e organizzazioni non governative lavorano da anni su questo tema con proposte e interventi operativi. Tutto questo si colloca nella prospettiva della sovranità alimentare, che non è rifiuto del commercio, ma ricerca di condizioni per cui le comunità possono scegliere che cosa produrre, che cosa consumare e che cosa scambiare, privilegiando soluzioni sostenibili e non dovendo sottostare a condizioni imposte da chi ha posizioni dominanti.
Per muoversi in questa direzione è importante un impegno da parte dei protagonisti, produttori distributori e consumatori, ma è doverosa una iniziativa in termini di politiche pubbliche, nazionali e internazionali. Occorre dare riconoscimento e incentivi a chi promuove sistemi alimentari sostenibili e definire regole per tutti. È necessario affrontare la questione della distribuzione, includendo in questo il tema delle strutture per consentire accesso al mercato a chi è escluso, fisicamente o economicamente, e quello delle posizioni dominanti a livello nazionale e globale. Importante è la questione della regolazione dei mercati finanziari e di quello dei derivati in particolare, che oggi di fatto determinano i prezzi alimentari più di quanto lo facciano le condizioni dei mercati reali.
Perché ci sia un percorso di questo tipo sono necessari, infine, spazi di partecipazione e concertazione che a livello nazionale e internazionale valorizzino la prospettiva di sistemi alimentari democratici con un ruolo importante per gli organismi intergovernativi ed evitando la strumentalizzazione di tali spazi da parte di chi ha già posizioni dominanti di mercato. Il ruolo delle Nazioni Unite, e ambiti come quello del Cfs (comitato mondiale per la sicurezza alimentare) della Fao diventano fondamentali. Anche per questo la deriva dei nazionalismi che delegittimano i processi multilaterali e un ruolo sempre maggiore offerto agli attori più forti del settore privato, sono elementi di preoccupazione.
*Riccardo Moro, segretario generale Lvia
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