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Boschi: «Pdl Rufa, proviamo a cambiare un voto favorevole che sembrava scontato»

Italia Viva è stato il primo partito a rompere il fronte dell'unanimità. «Sulla pdl Rufa anche i colleghi di altri partiti hanno dubbi, proviamo a far diventare maggioritaria questa posizione in Parlamento», dice Maria Elena Boschi. Appello ai ministri Orlando e Stefani: «Dovrebbero dare un segnale chiaro»

di Sara De Carli

Maria Elena Boschi è uno dei componenti della Commissione Bilancio della Camera, cui è affidato in sede referente il progetto di legge a prima firma del senatore Rufa, già approvato al Senato. Una proposta che snaturerebbe il 5 per mille, permettendone la destinazione non a finalità di interesse comune ma al supporto di una precisa categoria di beneficiari: il fondo assistenza per il personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate. L'iter previsto per il pdl Rufa era molto serrato, con l'arrivo in Aula previsto per lunedì 20 giugno. Settimana scorsa invece la Commissione Bilancio non lo ha esaminato e il pdl Rufa non compare nell'odg della V Commissione nemmeno per questa settimana.

Italia Viva ha avuto oggettivamente una posizione molto chiara fin dall'inizio, presentando un emendamento soppressivo. Qual è stata, anche nei giorni successivi, la vostra posizione?
Noi abbiamo rotto per primi il fronte della pressoché unanimità intorno a questa proposta di legge. Abbiamo chiesto di sentire in audizione gli enti del Terzo settore, dopo averne incontrato una rappresentanza, per dare loro voce alla Camera. E poi abbiamo presentato un emendamento soppressivo dell’onorevole Del Barba, insieme ad altri colleghi, per provare a cambiare un voto favorevole che sembrava scontato.

Che cosa sta succedendo in queste ore a livello politico? Quale nuova tempistica è stata stabilita dall'Ufficio di Presidenza per la discussione del pdl?
L’Ufficio di Presidenza non ha ancora stabilito una nuova tempistica. Mi auguro che ci siano dei tempi ragionevoli per provare a ponderare meglio le scelte, perché ridurre di fatto le risorse che dal 5 per mille arrivano al Terzo settore non solo sarebbe profondamente sbagliato, ma porterebbe a snaturare anche la finalità per cui è nato questo strumento che negli anni ha consentito a milioni di italiani di stare vicino al mondo del volontariato, della ricerca, dell’assistenza a soggetti fragili.

È corretto interpretare questo rinvio come un primo segnale di ripensamento? Si punta alla discussione o al rinvio sine die verso la fine della legislatura?
In alcune forze politiche anche altri colleghi hanno forti dubbi su questa proposta di legge. Grazie al lavoro fatto insieme all’onorevole Gadda, stiamo provando a far diventare maggioritaria questa posizione in Parlamento. Come si dice in questi casi, la diplomazia è al lavoro. Vediamo.

Quanto pesa la mobilitazione compatta del Terzo settore a difesa della natura dello strumento?
Sicuramente è fondamentale il lavoro svolto dal Terzo settore per provare a far conoscere meglio l’importanza di questo strumento e il danno di un suo eventuale indebolimento. Penso che anche i ministri competenti, a partire dal ministro Orlando e dalla ministra Stefani, dovrebbero dare un segnale chiaro di attenzione su questo tema

Che rischi vede nel tentativo di compromessi, ad esempio alzando il tetto del 5 per mille e vincolando al massimo a quella cifra il quantitativo delle risorse destinabili al sostegno dei familiari delle Forze dell'Ordine?
L’obiettivo primario è non sottrarre risorse del 5 per mille al Terzo settore. Io ero ministro e so il lavoro fatto dal governo Renzi per stabilizzare e implementare le risorse del fondo del 5 per mille che fino a quel momento non erano mai certe di anno in anno ed erano sempre insufficienti. Abbiamo faticato per condividere una riforma del Terzo settore ambiziosa. Se ci fossero risorse aggiuntive per venire incontro alle esigenze dei familiari delle forze dell’ordine non saremmo certo contrari, anzi. Ma vanno trovate le risorse e al momento la pdl è a saldo zero e va trovato lo strumento giusto.

Il Terzo settore si è espresso chiaramente nel dire che l'ostilità non è verso la causa prevista dal pdl Rufa ma sullo strumento utilizzato: lei stessa ha scritto alle varie associazioni legate al mondo delle Forze dell'ordine. Con quale proposta?
Figuriamoci se non siamo d’accordo ad aiutare le famiglie delle forze dell’ordine. Anzi, paradossalmente il ragionamento andrebbe allora esteso, ad esempio, alle famiglie dei medici o altre categorie. Il punto però è individuare soluzioni appropriate e non demagogiche. Peraltro le stesse forze dell’ordine da sempre sono vicine al mondo del Terzo settore e penso siano loro stessi a non voler in alcun modo incidere negativamente sulla attività preziosa che svolge. Magari scoprendo che si riducono risorse alla ricerca per avere poi, di fatto, solo pochi denari in più che andrebbero alle famiglie.

Foto di © Matteo Biatta/Sintesi

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