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La tragedia dei bambini soldato di Haiti

A maggio l'ufficio dell'Organizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti ha emesso un duro comunicato denunciando il boom del reclutamento di bambini da parte delle bande criminali che stanno devastando Haiti e che controllano oramai interi quartieri della capitale Port-au-Prince. La maggior parte di loro, che vive in strada, imbraccia fucili più grandi di loro per fame e per avere un rifugio dove dormire. Nonostante l'allarme dell'Onu, l'Occidente non sta facendo nulla per risolvere l'ennesimo dramma del martoriato paese caraibico, a parte alcune coraggiose ong che operano in loco ma con sempre maggiore difficoltà e rischio

di Paolo Manzo

Ad Haiti, la situazione è sempre più drammatica. Dopo l’omicidio del presidente Jovenel Moïse e un sisma che ha fatto migliaia di vittime, lo scorso anno, l’ultima emergenza è il boom dei bambini soldato. Un mese fa le Nazioni Unite avevano diramato un duro comunicato dicendosi “preoccupatissime per il reclutamento di minori, una delle sei gravi violazioni dei diritti dell’infanzia”. Le bande criminali stanno devastando Haiti nel silenzio dei media occidentali e controllano oramai una parte consistente della capitale Port-au-Prince. Oltre a reclutare minori, la guerra per il territorio capitolino tra le 5 gang haitiane più violente, ovvero i 400 Mawozo, la Chen Mechan, il G9 an Fanmi e Alye, la Potiá e il 5 Segonn, impedisce dallo scorso aprile ad un milione di bambini di andare a scuola.

L’Unicef stima che a fine maggio erano 1.700 le scuole chiuse a causa delle sparatorie, 772 delle quali a Port-au-Prince. In questa guerra ignorata dall’Occidente, sono i bambini le vittime più vulnerabili, come denuncia il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, sottolineando che gli atti di violenza contro di loro includono decapitazioni, mutilazioni e bruciature di corpi, oltre all’uccisione di minori accusati di essere informatori di bande rivali. Anche la violenza sessuale, compreso lo stupro di gruppo di minori tra i 10 e i 12 anni, è stata perpetrata dai criminali che oggi gestiscono – mitra alla mano – quasi tutti i settori economici del Paese, dalla vendita della benzina al traffico dei migranti. E che reclutano sempre più minori tra le loro fila.

A mostrare questa cruda realtà, un video diffuso su YouTube lo scorso 27 aprile e subito diventato virale sui social network. Nel video si vede un bambino di 10 anni con il volto coperto da un passamontagna rosso sventaglia un’arma automatica di grosso calibro. Nella clip, girata a Martissant, un quartiere nella parte occidentale di Port-au-Prince sotto il pieno controllo di una gang dal giugno 2021, il piccolo spiega di essere “orgoglioso di fare la guerra”. Preoccupa molto anche il fatto che i minori senzatetto stiano scomparendo dalle strade e dai ricoveri. Emblematico il caso del rifugio nei pressi del Palazzo Nazionale, sceso a quasi il 10% della sua capacità in quanto preso di mira dalle bande.

Storicamente ad Haiti le bande urbane hanno sempre usato i minori in ruoli secondari, per fare le vedette o i corrieri di droga ma l’escalation della guerra nella capitale nell’ultimo anno ha portato i bambini a essere reclutati per battaglie di strada. Bambini soldato esistevano anche prima ma erano molto rari e quasi tutti i capi gang a Martissant non permettevano ai minori di stare con i loro miliziani adulti, spiega Eric Calpas, un ricercatore francese che studia da tempo le bande ad Haiti. “Oggi, a causa della situazione di guerra invece reclutano in massa adolescenti e bambini dai 10 ai 12 anni”, denuncia il ricercatore. I due punti caldi per il reclutamento sono i quartieri di Martissant e Croix-des-Bouquets, dove i conflitti imperversano dalla metà 2021. Secondo Calpas, la banda più famigerata di Haiti, la 400 Mawozo, usa anche l’intimidazione per costringere i minori a entrare nei suoi ranghi ma la maggior parte delle reclute minorenni si unisce volontariamente, cercando cibo, protezione e “senso di appartenenza”.

In prima linea per aiutare i bambini di strada dai rischi di reclutamento da parte delle gang molto attiva la Fondazione Francesca Rava, grazie all’attività di Padre Rick Frechette, che può contare su un team di 1600 persone, tutti ragazzi haitiani, molti dei quali cresciuti nell’orfanotrofio Nuestros Pequeños Hermanos. Anche l’ong AVSI è rimasta nonostante i gravi rischi a Port-au-Prince con progetti di sicurezza alimentare, sviluppo rurale, acqua, ambiente e sostegno a distanza. Fiammetta Cappellini, responsabile dei progetti AVSI ad Haiti, spiega così la situazione sull’isola: “in questo momento non ci sono le risorse per soddisfare i bisogni di prima necessità. Ne servirebbero almeno dieci volte di più solo per sostenere i bambini rimasti orfani e che soffrono la fame”.

E che la situazione nella capitale Port-au-Prince sia insostenibile lo spiega bene a Vita la missionaria laica Valentina Cardia, che insieme al marito haitiano Segui Jean, gestiva sino allo scorso anno una casa famiglia dell’Associazione Papa Giovanni XXIII Croix des Bouquets, offrendo assistenza – acqua, cibo e formazione – ad una trentina di nuclei famigliari poveri e con molti bambini. “Lo scorso novembre abbiamo per forza dovuto lasciare il nostro quartiere capitolino, per trasferirci nella vicina Repubblica dominicana perché la situazione era troppo pericolosa”. Adesso nella casa famiglia sono rimasti solo volontari locali perché, anche per l’ultimo italiano rimasto sino a Pasqua di quest’anno, la situazione era troppo a rischio.

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