Famiglia
Donne sole al Sud? A un passo dalla povertà
Presentata la ricerca di Acli Caf con Iref su 668.107 dichiarazioni dei redditi: i nuclei monoparentali femminli in sofferenza, specialmente se nel Mezzogiorno e stranieri. Spesso sono loro il volto del lavoro povero. La ministra Roccella ai lavoratori cristiani: «Vi ascoltiamo». Il vicepresidente Russo: «Cinquantamila famiglie a rischio»
Famiglie monoreddito, con dichiarante principale donna, straniere e residenti al Sud. È questo l’identikit della famiglia che rischia più delle altre di entrare in povertà relativa, secondo la ricerca “Fare i conti con le crisi: famiglie a rischio socio-economico in Italia”, realizzata dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie, in collaborazione con il Caf Acli e l’Iref.
«In questo tempo le famiglie sono messe a dura prova dai postumi della pandemia, dal lavoro povero, dall’inflazione, dal caro bollette. Sono difficoltà che ostacolano anche la formazione di altre famiglie. Se c’è crisi di famiglia, c’è crisi di speranza». È il ragionamento che Lidia Borzì, delegata nazionale Acli Famiglia e stili di vita, ha commentato i dati dell’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie, in collaborazione con il Caf Acli e l’Iref. Si tratta della ricerca “Fare i conti con le crisi: famiglie a rischio socio-economico in Italia”, presentata oggi a Roma. «È questo il contesto», ha proseguito Borzì, «in cui si colloca il nostro impegno per un ascolto competente per individuare risposte sartoriali capaci di rispondere alle urgenze della famiglia, intesa come soggetto sociale, in una logica lungimirante. Si tratta di una scelta politica che ci pone a fianco dei soggetti più fragili o a rischio di esclusione».
Basata su un panel di circa 1 milione di famiglie italiane da cui è stato estrapolato un campione di 668.107 nuclei familiari che hanno presentato la dichiarazioni dei redditi, in forma anonima, presso il Caf Acli, per tre anni di seguito, dal 2020 al 2022. «I nostri sono dati fiscali oggettivi che ci aiutano a capire sempre meglio quale è la situazione delle famiglie fiscali seguite per tre anni dal Caf Acli», ha sottolineato Stefano Parisi, presidente Caf Acli.
Soglia di povertà e fattori di rischio
Le famiglie che si sono rivolte al Caf Acli e che vivono al di sotto della soglia di povertà sono state l’8,8% nel 2019, il 7,1% nel 2020 e il 7,6% nel 2021. Tra il 2019 e il 2021 quasi 13mila nuove famiglie del panel Caf Acli sono entrate in soglia di povertà, a fronte di 21mila che ne sono uscite, con un saldo positivo di 8mila famiglie. In totale, quasi 51mila famiglie del panel, pari al 7,6% del panel di famiglie, sono sotto la soglia di povertà. I nostri sono dati fiscali oggettivi che ci aiutano a capire sempre meglio quale è la situazione delle famiglie fiscali seguite per tre anni dal Caf Acli», ha aggiunto Parisi.
Quelle che più di tutte rischiano di entrare in soglia di povertà sono quelle monoreddito, con carichi familiari, con dichiarante principale donna, sotto i trent’anni o poco sopra, straniere e residenti in meridione. In particolare, le donne hanno 4 volte la probabilità di scendere sotto la soglia di povertà relativa rispetto agli uomini, che ne hanno una. La fascia d’età più a rischio è quella fino ai 29 anni, mentre vivere al Nord diminuisce la probabilità di essere poveri, rispetto al sud dove la probabilità è di 2,8 di più.
Le spese sanitarie, educative e di mutuo
Sono state effettuati poi ulteriori approfondimenti su alcune spese di natura familiare e sociale inserite nel modello 730: spese sanitarie, spese per la scuola, per l'università e infine spese per gli interessi sul mutuo abitativo. Ciò che è emerso è la forte differenza di incidenza di tali spese rispetto al reddito tra il quintile delle famiglie più povere e il quintile delle famiglie benestanti; e tra le famiglie monoreddito con carichi e le famiglie bi-reddito senza carichi o in situazione di vedovanza.
Alla presentazione ha partecipato Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità. «Vi ringrazio per il lavoro che svolgete», ha detto, «la politica è in vostro ascolto. Oggi la famiglia sta scomparendo: in Italia vive il 30% di famiglie monoparentale. Questo è un problema di solitudine che ferisce l’essenza dello stare insieme. Con la prima legge di bilancio abbiamo investito un miliardo e mezzo sulle famiglie e siamo intervenuti anche contro la povertà infantile. Altro si può fare e lo faremo, in particolare per le famiglie numerose che sono state sempre maltrattate e che avevano guadagnato poco con l’assegno unico». «In ogni provvedimento», continua la ministra, «abbiamo voluto valutare l’impatto sulle famiglie, ma è fondamentale che anche il mondo produttivo se ne occupi. Bisogna mettere al centro la maternità: solo attraverso la valorizzazione del lavoro di cura e facendo capire a tutti quanto questo sia prezioso per la nostra quotidianità, possiamo avviare questa rivoluzione culturale. Chiedo a tutti una collaborazione per disegnare un ambiente di lavoro che permetta alle donne di essere madri e alle famiglie di rimanere unite».
Le ha fatto eco Adriano Bordignon, nuovo presidente del Forum delle Famiglie: «I dati dell’Osservatorio Acli sono importanti perché ci danno uno spaccato dello stato di salute delle famiglie. La probabilità di scivolare nella povertà delle donne è 4 volte a 1 rispetto agli uomini. Per i giovani è 3, 5 rispetto agli over 60. Questo mette in discussione la possibilità di realizzare la propria storia e di dare il proprio contributo alla società. Giovani e donne devono essere realmente protagonisti di questo Paese».
Cinquantamila famiglie a rischio povertà
Antonio Russo, vicepresidente nazionale Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà, ha precisato come la situazione delle famiglie italiane sia peggiorata: «La linea di confine tra povertà relativa e povertà assoluta si sta assottigliando. Dieci anni fa i poveri assoluti erano 2 milioni, ora solo 6 milioni. Ci sono 50mila famiglie a rischio di povertà. Non si può risolvere il problema ignorandolo. Siamo preoccupati per alcune riforme che il Governo ha già avviato, in particolare la riforma del reddito di cittadinanza e il regionalismo differenziato».
A concludere l’incontro è stato Emiliano Manfredonia, presidente nazionale Acli: «I nostri servizi ci danno la possibilità di incontrare 3 milioni di persone all’anno. Credo sia fondamentale agire subito partendo da una riforma fiscale che sia attenta alle famiglie. Parlare di famiglia vuol dire parlare di lavoro e welfare. Oggi c’è un lavoro povero che deriva dalla struttura del mercato attuale e da figure professionali che vivono il ricatto del ‘meglio poco lavoro che niente’. Le persone, e in particolare i giovani, hanno diritto ad avere una piattaforma stabile su cui progettare un futuro e a riscopre il gusto di crearsi una famiglia».
La foto in apertura è di Randy Rooibaatjie su Unsplash
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