Autonomia differenziata tra federalismo solidale e mero affare
La portavoce del Forum Terzo settore Sardegna spiega perché questa riforma è da contrastare in tutti i modi: «Il Ddl Calderoli sembra maggiormente ispirato ad un egoismo regionale che vuol esercitare un controllo politico stretto sul suo territorio, così come quello economico. E non basta la mera definizione dei Lep per garantire universalismo e uguaglianza di diritti tra i cittadini italiani»
di Redazione
Il Ddl Calderoli rimette in pista la discussione sull’autonoma potestà legislativa delle Regioni (artt. 116 e 117 Cost.) che, a partire dall’ultima modifica costituzionale del 2001, ad oggi risulta ancora parzialmente inapplicata. Un’autonomia che dovrebbe definire e riformare i rapporti tra Stato e Regioni senza entrare in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni. La questione sull’autonomia differenziata dovrebbe rispondere al perché di una concessione di maggiori margini di autonomia. Si auspica per una maggiore responsabilità della Regione verso la propria collettività che, investendo risorse proprie, sarà più attenta a migliorare la propria realtà territoriale. Territori che giustamente non sono immobili ma in continuo divenire.
Il Ddl Calderoli non sembra rispondere a logiche di questo tipo ma sembra maggiormente ispirato ad un egoismo regionale che vuol esercitare un controllo politico stretto sul suo territorio, così come quello economico. Per di più, il testo legislativo non rispetta le prerogative costituzionali del Parlamento per favorire invece l’azione di governo che andrebbe a stabilire rapporti di privilegio e/o di subalternità con le Regioni più forti e amiche. Una proposta che non guarda all’unità nazionale e all’universalità dei diritti essenziali come quelli socio-sanitari, dell’educazione, della mobilità e dell’assistenza sociale.
E non basta neanche la mera definizione dei Lep (i Livelli essenziali delle prestazioni, quelli concernenti i diritti civili e sociali) per garantire universalismo e uguaglianza di diritti tra i cittadini italiani, ma così come definito nel Ddl invece si antepone l’attuazione dell’autonomia differenziata all’attuazione dei Lep.
Il monitoraggio sui Lea (Livelli essenziali di assistenza, ossia prestazioni e servizi nella sanità) rilevano una loro disomogenea attuazione nel territorio italiano, pertanto la conseguente, mancata devoluzione delle risorse fiscali alle casse dello Stato per garantirne il riequilibrio, accentuerebbe ancora di più le già ingiuste diseguaglianze esistenti. È bene fermarsi e gridare a gran voce che così non va! Riprendere la discussione dall’ultima riforma del titolo V e portarla in Parlamento, unico luogo deputato a definire un istituto così delicato e fondamentale per la tenuta unitaria della nostra Nazione.
Insomma, si rimette in discussione il rapporto tra Stato e Regioni e in generale l’idea del regionalismo. Ma la Sardegna, Regione a Statuto speciale, sulla questione rimane ancora senza volto, con interventi timidi sull’argomento, e ora che il tema si fa più cogente e pericoloso (per come è stato elaborato fino ad oggi), la politica sarda non fa sentire la sua voce e visione, possibilmente unitaria. Si interrogano alcune parti della società sarda, ma una riflessione generale, attenta e serrata, stenta a farsi spazio. Eppure, motivi di preoccupazione ve ne sono diversi. Uno dei tanti è nella natura costituzionale dello Statuto speciale da cui derivano relazioni giuridiche specifiche tra Stato e Regione Autonoma rispetto a quelle a Statuto ordinario; il secondo è nel riparto delle risorse, in quanto il regionalismo differenziato sottrae ingenti risorse finanziarie alla collettività nazionale per la disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche, per citarne una la mobilità (porti e aeroporti), che per loro natura non possono che avere una dimensione nazionale ed una struttura unitaria. Mobilità che rimanda alla questione dell’insularità, principio debolmente inserito di recente nella nostra Costituzione, con una mera promozione delle misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità ma non alla loro attuazione.
*portavoce Forum Terzo settore Sardegna
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