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Pacificatori in marcia verso Kiev

L'editoriale che apre il numero di VITA magazine di giugno. La sociologa e attivista della fondazione Alexander Langer oggi alle 17 parteciperà al webinar "Kiev. La pace in cammino”. Insieme a lei ci saranno il cardinal  Matteo Maria Zuppi presidente della Conferenza episcopale italiana, Marco Tarquinio direttore di Avvenire, Luigi Manconi sociologo e politico,  Angelo Moretti portavoce di Mean, Maria Grazia Guida presidente di Reti della Carità, Francesco Vignarca della Rete italiana Pace e disarmo tra i promotori di Stop The War Now, il giornalista di Avvenire Nello Scavo e Alessandro Bergonzoni. Ad animare la riflessione il fondatore di VITA Riccardo Bonacina

di Marianella Sclavi

Con una piccola delegazione del progetto MEAN Movimento Europeo di Azione Nonviolente, sono andata nelle scorse settimane a Leopoli e dintorni (foto) e in questi giorni sono anocra in Ucraina, per stabilire contatti funzionali all'avvio di specifici aiuti umanitari, e per verificare la fattibilità di una specifica iniziativa nel campo della costruzione della pace. Le persone che abbiamo incontrato, membri di associazioni e autorità locali, sono tutte impegnate 24 ore su 24 nella gestione della emergenza: fra mandare/portare cibo e medicinali a chi è bloccato in prima linea e il dare accoglienza a migliaia di profughi che hanno abbandonato la parte Est del Paese, ma vogliono rimanere in Ucraina per sentirsi parte attiva della grande ondata di resistenza che è del popolo quanto lo è dell'esercito. È una atmosfera collettiva palpabile e trova espressione anche in uno sbeffeggio ricorrente: "PUTIN CI HA FATTO UN REGALO ! Prima eravamo divisi fra est e ovest, fra lingua madre ucraina e russa, adesso siamo un popolo compatto e invincibile!"

Ebbene, questi nostri interlocutori una "proposta assurda" come la nostra non l'avevano ancora sentita. E' la seguente: organizzare l'afflusso a Kiev di migliaia di cittadine e cittadini europei che non portano né armi, né aiuti umanitari, ma unicamente se stessi, il proprio corpo, i propri piedi, la propria mente e il proprio cuore, per esprimere una solidarietà che ha l'energia della vicinanza fisica.

La reazione praticamente unanime dei nostri interlocutori è stata: "Per carità, NO !!" "Qualsiasi iniziativa che distolga l'attenzione dalla assoluta priorità di più armi e più sanzioni, è per noi una catastrofe !" "Non è davvero il momento di venire a parlare di nonviolenza e di pace!"

Ma durante le giornate trascorse assieme, nelle conversazioni a pranzo o nei tragitti da un posto all'altro, si è verificato un cambiamento radicale, e il nostro è diventato un incontro così intenso e trasformatore che ci ha lasciato tutti più ricchi e pensosi. Al ritorno in Italia ci hanno raggiunto un paio di messaggi: " la giornata trascorsa insieme è stata una esperienza indimenticabile". E gli agganci per risolvere i problemi di trasporto e logistici connessi alla "grande manifestazione nonviolenta" si stanno moltiplicando e stanno trovando, passo a passo, delle soluzioni.

Cosa ha permesso il passaggio dall'essere percepiti come dei "pacifisti parolai e presuntuosi", al riconoscerci reciprocamente come "costruttori di pace "? Cosa ha permesso -per usare una formula famosa – di "Scongelare, Cambiare, Ricongelare", delle relazioni che potevano altrimenti risolversi in una lista di richieste di aiuti umanitari ?

Innanzi tutto gli accenni alle storie di vita, il divenire "umani" dei nostri interlocutori (non più il direttore del seminario greco-ortodosso, ma Ihlor, non la profuga scappata dal teatro di Mariupol ma Natalia) che con i loro racconti si fanno portatori di quella particolare costellazione di emozioni che accompagnano l'operare uniti di fronte al pericolo e nell'emergenza. Da tutto ciò è risultato quanto mai chiaro e "vero" che la parola "pace" oggi in Ucraina non significa un ritorno alla situazione pre-bellica, e neppure un cessate il fuoco, ma semplicemente "accettate di sottomettervi", "subite la violenza dell'aggressore senza reagire", "accettate di venire snaturati come popolo". Il dialogo autentico, trasformativo, con i nostri interlocutori ha preso il via a partire dal nostro riconoscimento che questa è la situazione e delle loro ragioni a vederla come tale. È stato un vero esercizio collettivo di ascolto attivo, dentro il quale invece di discutere cosa dovrebbero fare loro, siamo stati spinti ad illustrare non solo il senso della nostra proposta, ma anche la visione più generale di "futuro desiderabile", l'aspetto di utopia concreta di cui vogliamo farci protagonisti.

È risultato quanto mai chiaro e "vero" che la parola "pace" oggi in Ucraina non significa un ritorno alla situazione pre-bellica, e neppure un cessate il fuoco, ma semplicemente "accettate di sottomettervi", "subite la violenza dell'aggressore senza reagire", "accettate di venire snaturati come popolo". Il dialogo autentico, trasformativo, con i nostri interlocutori ha preso il via a partire dal nostro riconoscimento che questa è la situazione e delle loro ragioni a vederla come tale

Marianella Sclavi


Il discorso si è dunque spostato sul nostro senso di vergogna per la mancanza di capacità dei nostri governi e di quello europeo di far fronte a tempo debito, ovvero ai suoi albori, all'escalation in corso. E di questo come cittadini europei ci sentiamo responsabili. E' stato rivelatore ripercorrere con i nostri interlocutori ucraini le varie tappe, a partire dalla caduta del muro di Berlino in cui una leadership coraggiosa e visionaria avrebbe potuto fare la differenza, lasciarsi alle spalle la guerra fredda e la NATO e costruire gli Stati Uniti d'Europa, con un proprio esercito e con i Corpi Civili di Pace, e scoprire che queste idee che condividiamo rimarranno seppellite se non diamo loro evidenza e non ci muoviamo assieme. Per imprimere questa svolta, abbiamo bisogno gli uni degli altri, delle armi e della nonviolenza, e di una idea di Europa di cui essere fieri. Abbiamo bisogno di un evento memorabile per dare un segnale forte alle nostre rappresentanze politiche.

Ritornata a Roma sono andata a rileggermi lo scritto di Alex Langer:"L'Europa muore o rinasce a Sarajevo", incredibilmente attuale. L'Europa a Sarajevo non è rinata e sta ripetendo gli stessi errori. E allora ancor più significativo è che l'11 luglio, data che abbiamo fissato per la manifestazione a KIev, è anche la data dell'eccidio di Srebrenica. È ora di imparare dall'esperienza, di tirare fuori il coraggio di darsi strutture e istituzioni aggiornate al XXI secolo. Questa giornata di manifestazione… Ce n'est qu'en debut….

Come portare la pace in Ucraina? Come offrire sostegno umanitario alle popolazioni accompagnandolo con azioni diplomatiche efficaci? L’occasione per confrontarsi e discuterne è un webinar che si terrà oggi lunedì 13 giugno, dalle 17 alle 18,30, dal titolo “Kiev. La pace in cammino”, promosso da  Avvenire e Vita.

Tra gli ospiti il cardinal  Matteo Maria Zuppi presidente della Conferenza episcopale italiana, Marco Tarquinio direttore di Avvenire, Luigi Manconi sociologo e politico,  Angelo Moretti portavoce di Mean, Maria Grazia Guida presidente di Reti della Carità, Francesco Vignarca della Rete italiana Pace e disarmo tra i promotori di Stop The War Now.

Da Kiev intervengono l'inviato di Avvenire, Nello Scavo, e Marianella Sclavi, sociologa e attivista della Fondazione Langer con rappresentanti della società civile ucraina. È prevista anche la partecipazione di Alessandro Bergonzoni. Ad animare la riflessione, Riccardo Bonacina, giornalista, editorialista e fondatore di Vita.

Per informarsi sulla marcia a Kiev dell'11 luglio e su Progetto Movimento Europeo di Azione non violenta cliccate qui

► Quando: Lunedì 13 giugno alle ore 17,00

► Dove: sulla pagina Facebook di Vita: qui e di Avvenire qui

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