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Mare Fuori, che fortuna avere un educatore come Beppe
Nella serie Mare Fuori (la terza stagione andrà in onda da oggi su Rai 2), i ragazzi del carcere minorile di Napoli hanno modo di incontrare Beppe, un educatore eccezionale, che tende loro una mano, sa stare, senza giudizio, mentre li osserva e li accompagna. Abbiamo intervistato proprio Vincenzo Ferrera, che nella serie veste i panni di Beppe
Il carcere è uno spazio dove si cresce e si lotta. C’è chi sbaglia senza volerlo, chi sbaglia con premeditazione e chi pensa che lo sbaglio sia farsi arrestare e non quello di commettere il crimine. Quando si è adolescenti, il confine tra bene e male è spesso labile, un sottile filo su cui si vuole camminare per mettersi alla prova e soddisfare i propri desideri, senza paura, o senza mostrare di averla.
Maurizio Careddu e Cristiana Farina, co-autori di Mare Fuori, lo hanno raccontato così: «L’Istituto di detenzione minorile (IPM) è una bolla in cui ragazzi interrotti hanno la possibilità di capire chi sono e cosa vogliono al di là di cosa sono stati fuori da quelle mura. È una parentesi di sospensione in cui hanno la possibilità di navigare nel loro mare interiore, fare nuove scoperte e conoscere nuovi mondi. Luoghi che fuori non hanno mai esplorato».
Nella serie Mare Fuori, su Rai 2 dal 15 febbraio (ma tutti i nuovi episodi sono già disponibili su RaiPlay), i ragazzi hanno modo di incontrare Beppe Romano, un educatore eccezionale, che tende loro una mano, sa stare, so – stare, senza giudizio, mentre li osserva e li accompagna.
Secondo lui tutti i ragazzi hanno diritto a una seconda possibilità e possono essere ancora recuperati. Per questo è sempre pronto a lanciare il cuore oltre l’ostacolo e a volte ne paga le conseguenze
Qualche giorno fa abbiamo intervistato proprio Vincenzo Ferrera, che nella serie veste i panni di Beppe. Qui è possibile rivedere l'intervista sul profilo instagram di Vita.
«Penso di avere capito – ci ha raccontato Ferrera- che se il carcere ha la possibilità di salvare anche solo un ragazzo, allora probabilmente c’è sempre qualcosa di buono in ognuno di loro e allora bisognerebbe puntare su quello».
Quando nelle prime puntate la direttrice Paola Vinci (Carolina Crescentini) decide di far partecipare alle attività ricreative i ragazzi insieme alle ragazze è proprio Beppe che propone un corso di musica sfruttando le potenzialità di alcuni: di Filippo (Nicolas Maupas), pianista eccezionale, ma anche di Naditza (Valentina Romani), la ragazza rom che sa suonare ma non ha mai studiato e che preferisce stare in carcere piuttosto che nel campo nomadi dove il padre la vuole dare in sposa a un uomo orrendo; di Gianni Cardiotrap (Domenico Cuomo), che coltiva da sempre il sogno di diventare un cantante, finito in prigione perché ha conosciuto la violenza dentro le mura domestiche.
Per lui il senso rieducativo significa aiutare questi ragazzi a capire che ce la possono fare, che sono persone, che sono degni e che possono trovare una strada. Penserà per loro anche il laboratorio di ceramica, quello di panificazione, l’uscita in barca a vela. E ovviamente la scuola.
Le sue parole ricordano quelle portate sul palco di Sanremo 2023 da Francesca Fagnani, in quel monologo che dà la voce ai ragazzi dell’istituto penale per minorenni di Nisida, a Napoli: «Vogliamo che la gente sappia che non siamo bestie o killer per sempre».
«Anche io sento addosso questa responsabilità», osserva Ferrera. «I ragazzi di Nisida dicono che bisogna avere la fortuna di incontrare nel proprio camminino un educatore giusto. Fortunatamente la serie è stata scritto prevedendo un educatore buono. Mi scrivono dicendo che vedono in Beppe un papà, l’educatore che avrebbero voluto. Un personaggio molto rassicurante».
I ragazzi di Nisida dicono che bisogna avere la fortuna di incontrare nel proprio camminino un educatore giusto. Mi scrivono dicendo che vedono in Beppe un papà, l’educatore che avrebbero voluto. Un personaggio molto rassicurante
Vincenzo Ferrera
Tra minacce, amori, fughe, esami di scuola, partite di pallone, risse, cadute all’inferno e inaspettate resurrezioni scopriremo l’IPM ha le sue regole, le sue alleanze, le sue leggi. Lo sa bene Filippo, un ragazzo borghese della Milano bene, figlio e studente modello che, in seguito a una notte brava, viene ritenuto responsabile della morte del suo migliore amico; Carmine (Massimiliano Caiazzo), un ragazzo di Secondigliano, che fa di tutto per sfuggire al destino criminale previsto dalle sue origini familiari. E lo sanno ancora meglio Edoardo (Matteo Paolillo) e Ciro (Giacomo Giorgio), piccoli grandi camorristi di sedici anni. Lo sperimentano anche le ragazze, come Viola (Serena De Ferrari) che ha ucciso senza averne apparentemente motivo e non sembra pentita di quello che ha fatto, e Gemma (Serena Codato), la ragazza di Rimini vittima di violenza.
Mare fuori nasce a partire da un’amicizia che diviene molto forte, quella tra Chiattillo e Carmine, che vengono da due realtà opposte. Il primo è milanese, benestante e pianista talentuoso. Il secondo è napoletano e appartiene a una famiglia del “sistema” ma a differenza dei suoi ha scelto un lavoro onesto e il suo sogno è quello di fare il parrucchiere. Il destino ha deciso di fare lo sgambetto a entrambi. «In carcere, però, i due sembrano diventare una sola cosa, poiché anche Filippo, che viene da un mondo diverso a quello degli altri ragazzi dell’IPM, alla fine ne viene fagocitato, farne parte e anche affezionarsi. Ecco, può sembrare romanzato o meno, però è anche una lezione di vita, nel senso che i ragazzi sono tutti uguali».
Vincenzo Ferrea non è nuovo a questi ruoli. Tra gli altri suoi lavori ricordiamo il film Gli angeli di Borsellino, Il tredicesimo apostolo, Il giovane Montalbano, Un posto al sole e soprattutto Il capo dei capi, nel ruolo del commissario Beppe Montana, con le stesse mimiche facciali che lasciano presagire di un animo buono e gentile.
«Per prepararmi al ruolo di Beppe in Mare Fuori non ho visitato nessun carcere, non mi sono informato. Ho portato sullo schermo solo un po’ di me stesso. Io sono palermitano: ricordo l’uscita di Mery per sempre, ambientato nel carcere minorile Rosaspina (ispirato al vero carcere di Malaspina), avevo 17 anni e ne rimasi colpito. Quello che mi gratifica parecchio è che ora molti direttori di carceri e assistenti sociali desiderano conoscermi e mi stanno scrivendo chiedendo di incontrare i loro ragazzi. Ci andrò!».
Al momento Mare fuori non ha attirato verso di sé critiche feroci: ne parlano tutti bene, c’è parecchio interesse, anche dall’estero. «Abbiamo ricevuto soltanto feedback positivi. Ho parlato anche con educatori che lavoravano a Nisida e i ragazzi dicono che le dinamiche, le lotte e le amicizie che mostriamo sono proprio quelle che loro vivono nella maggior parte dei casi. Certo, alcuni momenti sono edulcorati per esigenze di copione, ma credo che questo rispecchiamento della realtà sia la chiave del successo della serie», osserva Vincenzo Ferrera
«In carcere, del presente non si parla e il futuro non si immagina», scrive Valeria Parrella nel romanzo Almarina (Einaudi), dedicato all’incontro tra la maestra di matematica e una giovane detenuta del carcere minorile di Nisida. In quelle pagine bellissime l’autrice mette in luce il principio di responsabilità sociale nei confronti dei detenuti, nella speranza che un giorno, quando questi ragazzi avranno scontato la loro pena, ci siano nuove pagine da riempire, bianche «come il bucato steso alle terrazze». Eppure, scrive Parrella, «Vederli andare via è la cosa più difficile, perché: dove andranno. Sono ancora così piccoli, e torneranno da dove sono venuti, e dove sono venuti è il motivo per cui stanno qui».
Pochi giorni fa, Luigi Salvati, che dopo 31 anni nella casa circondariale di Poggioreale, da quattro anni insegna proprio a Nisida ha raccontato in questa intervista su Vita che: «A scuola viene fuori la tenerezza, la povertà, il senso di mancanza per quella famiglia che non hanno avuto, le violenze subite, la speranza di essere accolti e riconosciuti come persone». Poi aggiunge: «L’educazione deve avere dietro di sé la speranza e davanti a sé un sogno, cosa che i ragazzi qui spesso non hanno».
Non stupisce quindi che anche in Mare Fuori alcuni ragazzi non vogliano andarsene via: quando vivi in una cella che si affaccia sul mare e quel mare ogni giorno ti regala il vento e i suoi profumi, è molto più difficile dire addio a quella libertà posticcia, se ad attenderti fuori ci sono le leggi della malavita.
La terza stagione
Nella terza stagione di Mare Fuori i protagonisti sono cresciuti e molti di loro si trovano a dover compiere la scelta di come affrontare il loro ruolo di adulti nel mondo. L’Istituto di detenzione minorile è una bolla in cui “ragazzi interrotti” hanno la possibilità di capire chi sono e cosa vogliono al di là di cosa sono stati fuori da quelle mura. È una parentesi di sospensione in cui hanno la possibilità di navigare nel loro mare interiore, fare nuove scoperte e conoscere nuovi mondi. Luoghi che fuori non hanno mai esplorato. «Alcuni dei nostri detenuti questo viaggio lo hanno compiuto con coraggio, affrontando la paura di scoprirsi deboli o incapaci di soddisfare i desideri dei propri familiari. Altri pensano ancora che il coraggio sia quello di aggredire la vita e prendersi tutto passando sopra ad ogni tipo di sentimento», osservano Maurizio Careddu, Cristiana Farina.
«La scoperta dell’amore è la rotta che li conduce alla scoperta di nuovi aspetti di sé stessi. Continenti sinora inesplorati. Qualcuno di loro si troverà perso a causa di questa emozione sconosciuta, qualcun altro invece vivrà questo sentimento come fosse un faro nella notte e si farà guidare dalla sua luce abbagliante».
Beppe, cioè Vincenzo Ferrera, tornerà a raccontare a VITA
quali riscontri, sensazioni, emozioni ed osservazioni avrà raccolto dopo avere incontrato alcuni ragazzi degli Ipm.
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