Formazione

Entrare nel mondo a passi di danza

Ha inventato lo “psicoballet” per aiutare la figlia nata con un grave handicap cerebrale: oggi Maite Leòn guida una compagnia di artisti.

di Carlotta Jesi

«In scena», tuona il regista tra le quinte del teatro del Bolsillo. Nel cuore di Madrid. Paulo, Ana, Jorge, Eva e Carlos si guardano per un attimo nello specchio del camerino e, guidati dalle note di Philip Glass, si posizionano sul palcoscenico. Paulo, in piedi, come un palo in calzamaglia nera cui si appoggia Eva sdraiata sul pavimento. Che intreccia le mani di Ana, tutù rosa brillante, e Carlos, tunica arancione. Paulo diplomato all?Accademia di danza spagnola, Eva tetraplegica con la spina bifida, Ana dal sorriso tipico dei ragazzi Down, Carlos dagli occhi che vedono solo buio.
E gli spettatori per un attimo sembrano rivoltarsi sulla poltrona. Ma solo per un attimo, mentre Eva si trascina lenta davanti a loro. Perché quando quest?artista di 25 anni alza un braccio e comincia a fissarli, rimangono catturati dalla sua bellezza spigolosa e profonda.
«Una plasticità irregolare ed espressiva come nessun?altra», spiega Maite Leòn. La rossa coreografa che per mesi ha preparato nei dettagli questo balleto, la maestra di danza che 31 anni fa ha inventato lo psicoballet per aiutare la sua bambina nata con minusvalia celebrale a causa di un incidente di parto. «Mi avevano detto che non avrebbe mai parlato e camminato», spiega guardando gli artisti della sua compagnia danzare sul palcoscenico, «e invece la musica e la danza hanno aiutato le sue potenzialità a manifestarsi».
Come è successo ai ballerini in scena: a Carlos che è cieco ma sente benissimo la musica e ha una tattilità molto sviluppata, o Ana che con gli istruttori dello psicoballet ha lavorato sul talento più sviluppato dei Down, il senso del ritmo.
Possibile? Si. Con lezioni di danza moderna, psicomotricità, musica, trucco e recitazione che fanno leva sulle emozioni di anime imprigionate in corpi immobili o scoordinati e spronano l?immaginazione e la fantasia. «La semplice ricetta dello psicoballet», spiega Maite, «una vera carta d?ingresso nel mondo per i portatori di handicap che imparano a esprimersi, la sicurezza di sé e, soprattutto, un mestiere per guadagnarsi da vivere». Accade ai ballerini delle tre compagnie della Fondazione di Psicoballet che portata il suo nome. Fondata nel 1986 e assurta agli onori della cronaca l?anno successivo quando viene insignita del Premio Reina Sofia per l?integrazione. Oggi conta 500 alunni di ogni età ed handicap provenienti da tutto il mondo, insegnanti di danza diplomati alla sua severa scuola in sette lunghi anni e centinaia di volontari psicologi, coreografi, tecnici delle luci e musicisti che lavorano con la compagnia. «Gli obiettivi», spiega Maite, «qui non sono mai a breve termine. Si lavora tenacemente giorno dopo giorno, e quando meno te lo aspetti i risultati arrivano». Prova ne è il balletto in scena, con ballerini normodotati e non, ma tutti professionisti della danza e dell?espressione senza censure, pregiudizi e barriere. Che questa sera usano il loro corpo e la fantasia per denunciare l?esistenza dei campi di prigionia, ma nel prossimo spettacolo toccherà all?esclusione sociale e alla povertà. «Le nostre rappresentazioni sono dure», ammette la coreografa regista, «hanno un che di rivendicativo ma anche una dolcezza profonda che colpisce lo spettatore». Americano, europeo o giapponese. Come dimostrano i successi delle tourné delle compagnie di psicoballet e l?affluenza di pubblico e ballerini alle sue prove.
Il segreto di tutto ciò? «Le mie mani parlano per l?anima, i miei piedi scrivono per i sentimenti e il mio cuore danza per la libertà», risponde Maite Leon. Mentre sul palcoscenico cala il sipario e un caldo applauso.
Per informazioni: Psicoballet de Maite Leon, C/Vizconde de los Asilos 5, 28027 Madrid. 0034.917.422320.

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