Famiglia

Noi, pionieri dell’affido

Elena, suo marito e i loro tre figli hanno vissuto il primo affido nel 1985. In casa hanno accolto tre bambini: una, Sonia, è rimasta per oltre 15 anni. «L’affido è un’esperienza meravigliosa, ma servono tre attenzioni», sottolinea la donna. I suoi tre consigli?«Mai buttare fango sulla famiglia di origine; non riversare sul bambino in affido le tue aspettative; farsi accompagnare lungo il percorso»

di Sabina Pignataro

La parola affido, per la signora Elena, ha un significato piuttosto concreto. La sua prima esperienza risale al 1985. «Conoscevo già delle famiglie affidatarie e mi è sembrata una “cosa buona”. Così ho dato la disponibilità e sono stata contattata per l’affido di un bimbo di tre anni: doveva essere un affido di pochi mesi, così è stato. Ben gestito dai servizi, e con tempi rispettati».

Visto che la prima esperienza era stata positiva, Elena e la sua famiglia, composta anche da altri tre figli, hanno dato ancora la propria disponibilità: «Quando, dopo qualche mese, siamo stati ricontattati per l’affido di una bambina, non abbiamo avuto alcun dubbio». A casa loro, nel 1986, è arrivata Sonia: aveva sei anni, veniva da una famiglia composta da una nonna anziana che gestiva il tutto, una mamma ipovedente, un fratello con problemi comportamentali seri, era orfana di padre. Quando il comportamento del fratello è diventato un problema per la sorellina, è stata proprio la nonna a rivolgersi ai Servizi per tutelare la nipotina.

«Quando Sonia è arrivata non ci sono stati problemi con i miei tre figli», ricorda Elena. «La bambina stava con noi durante la settimana e un week end sì e uno no andava dalla sua famiglia». Garantire alla bambina il contatto con la sua famiglia è stato per Elena un impegno costante, che ha caratterizzato sempre la sua esperienza di affido, durata fino ai 21 anni di Sonia. «Ho avuto sempre un’accortezza: quella di appoggiarmi molto ai Servizi e di fare in modo che fossero loro a dialogare con la mamma e la nonna», sottolinea Elena. «Non volevo in alcun modo che la madre di Sonia pensasse che io le stavo sottraendo la figlia. Forse la mediazione delle assistenti sociali, che sono state davvero competenti e in gamba, e il fatto che noi avessimo già tre figli, hanno fatto in modo che quella donna non ci percepisse mai come ostacoli, come antagonisti, come nemici, ma pensasse a noi come delle persone che potevano contribuire ad offrire a questa bimba migliori occasioni di benessere e di vita».

A casa c’è stato un momento di difficoltà quando la figlia più piccola, (maggiore di Sonia solo di un paio di anni) ha cominciato a manifestare dei problemi. «In quella occasione ho proposto a mia figlia di interrompere l’affido, ne abbiamo parlato a lungo, ma lei si è opposta e Sonia è rimasta con noi».

Oggi Sonia ha 43 anni, si è trasferita a Loano, si è sposata ed ha un bambino. «Quando a 21 anni è andata via da casa nostra, per andare a vivere a Milano, dato che aveva trovato un buon lavoro dopo avere frequentato la Scuola di pasticceria e panificatori, in molti mi hanno domandato: “Elena, ma come ti senti, sei triste? Stai male?”. Io rispondevo a tutti con molto serenità che per me non era una situazione dolorosa. In quel momento anche i miei figli, più grandi, stavano lasciando il nido, per cercare la propria strada. Era normale. Sano. Persino giusto. Non c’era nulla di strano in quello che Sonia stava facendo. Ai miei occhi lei stava costruendo la sua vita, proprio come i miei figli».

Dal modo in cui Elena racconta questa esperienza, e quelle che poi sono seguite, quando l’affido di Sonia è terminato, e la loro famiglia ha accolto un altro bimbo, traspare tutta la lucidità con cui ogni passo è stato gestito. «Per me l’affido è un’esperienza meravigliosa», sottolinea Elena. «Affinché sia e rimanga tale occorrono, a mio avviso, alcuni elementi. Primo, è importante che la famiglia affidataria non butti mai fango sulla famiglia di origine; due, è essenziale che non si cerchi di saturare la vita del bambino in affido con le proprie aspettative e pressioni: ad ogni individuo va riconosciuta la propria unicità e le proprie inclinazioni. Terzo, e questo è un elemento dirimente, è fondamentale appoggiarsi e farsi accompagnare in questo percorso. Noi abbiamo trovato grande conforto e sostegno nell’A.N.F.A.A. Associazione Nazionale Famiglie Adottive E Affidatarie che non a caso ha contribuito alla stesura della legge sull’Adozione e l’Affidamento, la quale afferma che ogni bambino ha diritto di essere educato nell’ambito della propria famiglia. Questa è la pietra angolare per ogni riflessione che riguardi la tutela dei bambini».

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