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Otto profughi ucraini su dieci non riescono più a immaginare il futuro
Da una rilevazione effettuata da Fondazione Soleterre su 447 profughi ucraini assistiti (254 a Przemysl in Polonia e 193 a Leopoli in Ucraina) emergono moderati, gravi o molto gravi livelli di ansia, preoccupazione e difficoltà ad immaginare il futuro. Ciò che preoccupa di più sono le condizioni della propria famiglia
di Redazione
Da una prima rilevazione effettuata da Fondazione Soleterre – dal 4 marzo al 4 maggio 2022 – su un campione opportunistico di 447 profughi ucraini assistiti (254 a Przemysl in Polonia e 193 a Leopoli in Ucraina) emergono moderati, gravi o molto gravi livelli di ansia (73% nel campione polacco – 78% nel campione ucraino), paura (47% nel campione polacco – 74% nel campione ucraino), preoccupazione (83% nel campione polacco – 84% nel campione ucraino) e difficoltà ad immaginare il futuro (84% nel campione polacco – 78% nel campione ucraino). Ciò che preoccupa di più sono le condizioni della propria famiglia (43% nel campione polacco – 25% nel campione ucraino) e il poter comunicare con essa è risultato essere un importante fattore protettivo, che cioè fa subito stare meglio (44% nel campione polacco).
“La guerra non solo distrugge l’economia e lo sviluppo sociale, ma anche i legami familiari, con effetti catastrofici sul benessere mentale della popolazione civile, in particolare quella più povera, che ha meno mezzi e risorse. Stiamo parlando di un paese – l’Ucraina – che a gennaio 2020, ben prima della pandemia e della guerra, era stato selezionato dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) come paese prioritario a cui destinare un programma quinquennale specifico per la salute mentale. I tassi di depressione risultavano già in quel periodo i più alti in Europa e i disturbi mentali la seconda causa di disabilità colpendo il 30% della popolazione. Oggi, con una guerra in corso e circa 6,5 milioni di persone fuggite dal paese e 8 milioni di sfollati interni (Fonte: UNHCR, maggio 2022), la situazione è smisuratamente peggiorata: le conseguenze psicologiche della guerra rischiano di essere – se possibile – più gravi dei combattimenti stessi in termini di traumi e vittime – afferma Damiano Rizzi, psicologo e psicoterapeuta dell’età evolutiva e Presidente di Fondazione Soleterre.
Alla luce di questi dati appare fondamentale curare i traumi di guerra e assistere le persone in fuga dal punto di vista psicologico, valutando i livelli di gravità dei sintomi e provando a contenere i traumi. Fondazione Soleterre ha dislocato un team di 45 psicologi nelle aree dove si stanno registrando i flussi maggiori di profughi per assistere la popolazione colpita dalla guerra, che cerca rifugio o che è in transito verso altri paesi. In particolare, team di psicologi di Soleterre sono presenti in Ucraina in alcuni ospedali e shelter (rifugi anti-bombardamenti) delle città di Lviv, Vinnitsya, Khmelnytskyi, Dnipro e in Polonia nei centri di accoglienza sul confine nelle città di Przemysl e Mlyny. Il lavoro in questi contesti è concentrato sul dare ascolto, offrire supporto psicologico, agevolare la comunicazione con i propri familiari e fornire informazioni sul paese di destinazione in modo tale da ridurre, almeno parzialmente, l’incertezza del futuro.
“I dati in letteratura mostrano – prosegue Rizzi – che gli adulti tendono a sottovalutare le reazioni di stress post-traumatico dei loro figli, e la loro risposta iniziale agli effetti del trauma sui loro figli può essere la negazione. Un bambino traumatizzato ha un rischio di depressione di 4,5 volte più alto e un rischio di tentativi di suicidio di 12,2 volte maggiore. Per questo è fondamentale valutare le condizioni di salute mentale della popolazione nel tempo e mantenere i rapporti tra i familiari che sono stati costretti a separarsi a causa della guerra: i nostri psicologi organizzano videochiamate e momenti di svago per ridurre l’incertezza e la preoccupazione. Quello che proviamo a fare è tenere vivi i legami familiari e sociali, come importante fattore protettivo da cui ripartire. Garantire possibilità di comunicazione con la propria famiglia diviene, in questo senso, una vera e propria operazione umanitaria di tutela del diritto alla salute, tanto quanto lo è inviare farmaci o mettere in salvo persone ferite: potersi mettere in contatto con un familiare, condividere esperienze e stati d’animo ha immediati effetti positivi sul benessere mentale. In base alla gravità dei sintomi, Soleterre ha sviluppato un modello di intervento che, nei casi più gravi, prevede il supporto psichiatrico e psico-farmacologico”.
La presa in carico dal punto di vista psicologico, oltre all’Ucraina e alla Polonia, riguarda anche l’Italia: Fondazione Soleterre ha attivato, nel nostro Paese, una linea telefonica di ascolto e supporto che mette a disposizione 30 tra psicologi ucraini e mediatori linguistici per le famiglie con bambini malati di cancro o feriti di guerra arrivati nel nostro Paese per curarsi. Soleterre, infatti, si è occupata di circa 20 voli di evacuazione medica dall’inizio della guerra, che hanno portato in salvo circa 100 bambini e adolescenti dai bunker degli ospedali ucraini e che oggi sono stati presi in carico da 19 strutture sanitarie pediatriche italiane.
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