Non profit

Quanti cartellini timbrati per le ong.

Centinaia di adesioni all’idea di “Vita” che ha raccolto il patrocinio di Regione, Provincia e Comune di Milano. E i lettori sono tutti mobilitati.

di Carlotta Jesi

I o ci sto, lavoro in Tim e voglio regalare un?ora di stipendio». Milano, 29 dicembre, ore 17: IsoRadio ha appena raccontato ai suoi ascoltatori che donare a un cooperante in missione nel mondo la prima ora del 2000 potrebbe davvero essere un modo diverso di iniziare il Millennio e il centralino di ?Vita? è sommerso di telefonate come quella di Marisa. Che chiama da un cellulare e, se possibile, un po? della sua busta paga la darebbe a chi aiuta i bambini. O quella di Paolo, che sta guidando in autostrada e vuole sapere subito se c?è un conto corrente bancario o postale. Per tutti la stessa risposta: «Grazie, comunica la tua disponibilità all?Ufficio personale della tua azienda. Spetta a loro aderire e promuovere l?iniziativa presso i tuoi colleghi». Come ha fatto la Regione Lombardia, prima firmataria del progetto, che al personale delle ong lombarde impegnato in un Paese straniero – se tutti i suoi 4 mila dipendenti saranno d?accordo – potrebbe regalare da un minimo di 54 a un massimo di 218 milioni. Per sapere esattamente quanti lavoratori del Pirellone doneranno un?ora di lavoro – che vale dalle 13.700 lire lorde di un impiegato di fascia A alle 54.600 di un Dirigente servizio – bisognerà aspettare il 27 gennaio. «Quando», spiega il responsabile della comunicazione della Regione Fulvio Matone, «in busta paga troveranno un modulo per aderire concretamente all?iniziativa». Chi sono i beneficiari del progetto cui hanno aderito, al 4 gennaio, anche Comune di Milano e Provincia e che ha suscitato l?interesse di colossi dell?industria e della finanza come Banca Popolare di Milano, Banca Commerciale Italiana e Vittoria Assicurazioni ? Trecentoquarantuno uomini e donne. Impegnati, dall?India alla Colombia, in progetti di sviluppo rurale e socio-economico, assistenza psicologica e sanitaria, formazione professionale, sostegno dei disabili, gestione di emergenze umanitarie e protezione dell?ambiente. Professionisti della solidarietà, insomma. Che, secondo i criteri stabiliti dal Comitato garante del progetto ?Prima ora del 2000?, al 30 novembre 1999 risultavano impegnati in un programma di cooperazione allo sviluppo con un contratto di almeno sei mesi depositato presso il ministero degli Esteri, l?Unione europea o un?altra Agenzia internazionale. Cooperanti come Piersilvio Fagiano e Tiziana Bergamini dell?ong Cesvi che lavorano, rispettivamente, come coordinatore delle operazioni logistiche in un progetto di sviluppo comunitario in Zimbabwe e assistente sanitario nel programma di riabilitazione del Distretto sanitario di Koh Kong in Cambogia. «Sono persone che promuovono lo sviluppo e la crescita economica di un Paese, che è anche il primo obiettivo di ogni istituto di credito», spiega Aldo Castelli delle Relazioni esterne della Banca Popolare di Milano, un ente con 6 mila dipendenti che da tempo sostiene Emergency e la Fondazione Mac Donalds. E che, aggiunge Castelli, «considera la solidarietà come un campo in cui sia l?industria che la finanza possono e devono intervenire». A garantire che la generosità dei lavoratori lombardi vada davvero a finire nelle tasche dei cooperanti in missione, ferree regole di distribuzione dei fondi: 90% al personale impegnato sul campo e solo il 10% alle ong per spese di amministrazione e promozione; distribuzione del denaro in base al numero di cooperanti espatriati. Più dipendenti italiani e stranieri di un Paese diverso dal beneficiario ha una ong, insomma, più ore di lavoro ottiene in regalo. La lista dei beneficiari, compilata dai garanti del progetto ?la prima ora di lavoro del 2000? tra cui figurano il direttore di ?Vita? Riccardo Bonacina, l?ex presidente della Focsiv Luca Jahier e il consulente di ong laiche come il Cesvi Donato Rettore, è completa. Ma in quella dei donatori c?è ancora molto spazio per imprenditori, capi del personale e amministratori delegati di aziende pubbliche e private disposti ad ascoltare la voce dei loro dipendenti che, in tantissimi, al nostro centralino hanno gridato: «Io ci sto, voglio regalare un?ora del mio stipendio a chi rischia la vita per gli altri». Carlotta Jesi


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