Politica

Autonomia differenziata, una sciagura per il Mezzogiorno e l’Italia

«Ci saranno cittadini di serie a e di serie b, per la questione del riparto delle risorse sulla base del criterio della spesa storica. Per superare il divario tra Nord e Sud serve, invece, una politica nazionale». L’intervento di Onofrio Romano, professore associato di Sociologia all’Università di Roma Tre, sul tema dell’Autonomia differenziata

di Emiliano Moccia

«Penso assolutamente che l’Autonomia differenziata sia davvero una grande sciagura per il Mezzogiorno e per tutta l’Italia. Sono d’accordo con chi sta conducendo una battaglia per provare a frenare questo progetto, con chi ha firmato appelli come quelli del costituzionalista Massimo Villone o dell’economista Gianfranco Viesti, con l’intervista che il direttore Svimez Luca Bianchi ha rilasciato su VITA. E’ una sciagura anche per come il progetto è stato sviluppato, per le circostanze, per le modalità. E’ davvero sconcertante che ci siamo accorti di una sorta di falla dentro il nostro sistema costituzionale che in qualche modo risulta vulnerabile, perché di fatto questa è una semplice intesa tra il Governo e le regioni, rispetto al quale non si capisce come il Parlamento italiano possa e debba intervenire. E’ questo è sconcertante: è possibile attraverso un’intesa di vertice, tra Governo e regioni, senza un serio passaggio per il Parlamento, delegare funzioni vitali per il funzionamento del Paese con tutte una serie di conseguenze finanziarie e della gestione della cosa pubblica». Onofrio Romano non fa troppi giri di parole. Anzi. Il sociologo e professore associato di Sociologia all’Università di Roma Tre ripete più di una volta l’aggettivo sconcertante, per rimarcare con forza la sua contrarietà al disegno di legge sull’Autonomia differenziata approvato l’altro giorno dal consiglio dei Ministri e messo a punto dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli.

A spaventare in particolare il professor Romano è il fatto «che deve essere chiaro a tutti, che verranno fuori cittadini di serie a e di serie b, per la questione del riparto delle risorse sulla base del criterio della spesa storica. Le regioni oggi dotate di maggiori servizi riceveranno più soldi sulla scia di questo criterio, e quindi laddove non ci sono i servizi, come in tante parti del Sud, le risorse resteranno al palo. Questo vorrà dire che nascere in Calabria o in Lombardia non sarà più la stessa cosa, violando il principio di uguaglianza per i cittadini oggi tutelato dalla nostra Costituzione». In pratica, si va sempre più delineando il «vecchio progetto leghista, che crea una netta differenza tra Nord e Sud Italia, che dà vita ad un federalismo che consentirà alle regioni di governare in modo diverso su singole competenze. Come sanità, scuola, infrastrutture. Per esempio» prosegue Romano «avere 20 sistemi regionali sull’istruzione sarebbe una sciagura, e lo stesso vale per gli altri settori. Quello che sta accadendo è molto grave ma c’è poca sensibilità da parte dei cittadini che hanno difficoltà a comprendere quali saranno le conseguenze devastanti che vivranno».

Il tema dell’Autonomia differenziata, però, apre un’ulteriore riflessione per Romano sulle varie idee che da anni agitano la sinistra italiana ed una parte del pensiero meridionale, sulle misure che andrebbero adottate per arginare il passo differente tra Nord e Sud. «A sinistra e tra le migliori intellettualità meridionali c’è un’idea sbagliata su come colmare il divario. Si pensa che avendo gli stessi servizi si possano riassorbire le differenze. Invece, non dobbiamo pensare che mettendo tutti sulla stessa linea di partenza la situazione venga perequata da sola. Siamo dentro uno stadio dello sviluppo attuale che necessita di una forza politica che spezzi le attuali gerarchie perverse del mercato».

Per il professor Romano, dunque, «l’applicazione delle politiche ordinarie ha approfondito il divario tra Nord e Mezzogiorno, non lo ha risolto. Per riequilibrare il Paese occorre riprendere le redini politiche, occorre pianificare politiche di sviluppo del Sud attraverso investimenti massicci. Abbiamo bisogno di politiche nazionali, come fece la Germania dopo il crollo dei Paesi dell’Est. In quell’occasione, il governo tedesco fece investimenti cospicui nella Germania dell’Est, quella più lenta e povera, intensificando gli interventi in settori come quelli dell’industria, dei centri di ricerche, dell’istruzione, con l’obiettivo di colmare il divario. Per questo» conclude Romano «lo sviluppo di un Paese si fa con politiche di senso, intelligenti, con un’attenta programmazione, ma soprattutto con una politica nazionale».

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