Famiglia

Andreotti: Io e quel prete d’assalto

Andreotti «Mi impegnai a presentare una legge sul servizio civile che stava tanto a cuore al Priore di Barbiana». A don Lorenzo piaceva il modello dei “corpi di pace kennediani” che gli avevo proposto.

di Walter Mariotti

«Ho scritto un libro sul modernismo perché credo che i tempi siano maturi per una sua revisione, cioè una sua rivalutazione non globale ma distinta. Con don Milani però bisogna andare piano, con lui il discorso è diverso. Anzi, è opposto».

Seduto davanti al piccolissimo tavolo affogato di libri, lettere, fogli di appunti del suo studio senatoriale, Giulio Andreotti ha accettato di commentare per Vita l'iniziativa di Valter Veltroni, l'adozione dello slogan del prete meno letto e più interpretato dell'ultimo secolo, don Lorenzo Milani da Barbiana. Perché opposto?

Andreotti: Perché il modernismo voleva spingere la Chiesa nel senso della modernità, don Milani al contrario interpretava piuttosto un cattolicesimo delle origini, ortodosso e preconciliare, legato soprattutto alla parola del Vecchio Testamento. Anche Bonaiuti però scriveva di rifarsi ad una spiritualità originaria, mistica. In generale il modernismo, come del resto tutti i movimenti della Chiesa, investì vari livelli di problemi, da quello dogmatico a quello temporale. Io non sono sceso nell'ambito del primo, mentre sono convinto che si debba rivedere il secondo, che si possa essere buoni cristiani anche non credendo al papa re. Del resto persino Paolo VI, nel centenario di Roma capitale, affermò che “perdere gli affanni della” era stato meglio.

Torniamo a don Milani. Chi era costui?

Andreotti: Don Milani fu letto come una grande avanguardia, e certamente dell'avanguardia aveva il passo svelto, era decisamente un prete di cappa e spada. Ma non dobbiamo mai dimenticare che restò per tutta la vita un prete, cosa a cui teneva di più ogni altra. Non si può quindi prendere semplicemente le sue parole se non all'interno della complessità del suo messaggio, che dunque va epurato di tutto quello che poteva essere il piano dell'immediatezza, della lettura politica. L'importanza del personaggio del resto mi sembra piuttosto un'altra.

Quale?

Andreotti: La sua vicinanza al popolo, agli esclusi, agli abbandonati. La sua capacità di parlarci, di intenderlo e di farsi intendere, annullando distanze e smussando asperità. Pensavo a lui proprio qualche giorno fa, prima che si sapesse della decisione di Veltroni, leggendo I due comunisti del Mugello, la storia di Cocchi e Tassinari, due attivisti comunisti che in quegli anni furono in grado di attutire il contrasto con la Dc grazie alla lezione di Giorgio La Pira e del priore di Barbiana.

I care simbolo di un'avanguardia conservatrice, dunque?

Andreotti: Ripeto, con don Milani vanno fatte delle distinzioni, non è possibile prenderlo in blocco o giudicarlo esclusivamente dalle suggestioni del suo motto. Don Milani era un personaggio sanguigno, avanti rispetto ai tempi nei suoi rapporti con il popolo e le problematiche popolari, ma per certi altri versi era rigoroso, fedele all'ortodossia più intransigente, ad un cattolicesimo integrale. Sapeva – e su questo concordo pienamente – che la modernità ha enormi spazi, che il riformismo può e deve espandersi, ma che ci sono sempre dei limiti da non superare, dei principi da non calpestare. Quei principi sono e fanno la vera differenza. I confini della vita, per esempio: don Lorenzo sapeva bene dove arrivavano.

Allude alla posizione sulla bioetica dei diesse?

Andreotti: Don Milani sapeva che in alcuni ambiti non c'erano possibilità di mediazione. Io stesso ho vissuto momenti difficili durante la votazione sull'aborto, per esempio, quando fui criticato da alcuni amici per non essermi ritirato.

Avrebbe potuto farlo?

Andreotti: Certo, avrei potuto fare come il re del Belgio, che si ritirò, per rientrare comunque il giorno successivo. Avrei potuto assentarmi per malattia, delegando tutto agli altri. Se non fossero stati i tempi delle Brigate rosse, che mettevano a rischio il paese, lo avrei fatto. Va detto però che se ne sapeva meno di adesso: le mie convinzioni per esempio ebbero una fortissima prova scientifica soltanto qualche anno più tardi.

In quale occasione?

Andreotti: Durante un viaggio in Iran, aspettando nella sala riunioni dell'Università di Teheran. Mi imbattei in una pubblicazione scientifica inglese dove si mostrava che quel filino si muove subito, nemmeno dopo due o tre giorni. Ricordo che rimasi fortemente impressionato, e ne feci subito acquistare e distribuire molte copie. La vita come limite invalicabile…

Sì, anche se bisogna dire che il problema della bioetica è meno grave di quello dell'aborto. Com?erano i suoi rapporti con don Milani?

Andreotti: Improntati alla massima stima e al più grande rispetto, come del resto con tutti i canonici fiorentini che vedevo più spesso di lui.

Da una lettera inedita che pubblichiamo, sembrerebbe che lei condividesse anche certe sue posizioni sull'obiezioni di coscienza…

Andreotti: Non solo, mi impegnai a presentare una legge, anche se ricordo di aver incontrato in quella occasione non don Milani ma padre Balducci. Entrambi ebbero delle grane penali perché non mi ascoltarono: il principio infatti era facilmente accettabile, come poi fu dimostrato, ma io avevo suggerito di non andare all'attacco, di non trattare i cappellani come militari. Non si doveva creare lo scontro tra cappellani militari e obiettori insomma.

Crede che don Milani sarebbe contento di vedere il suo slogan nella sinistra del terzo millennio?

Andreotti: Don Milani e figure analoghe alla sua devono sempre essere interpretate nel contesto, nel complesso della loro portata. In generale poi io sono sempre diffidente delle interpretazioni politiche, che consistono nel prendere una parte di un insegnamento dimenticando tutto il resto: non solo non è corretto farlo, ma non funziona.

Ma lui ci starebbe?

Andreotti: Credo che voler far passare don Milani per un laicista sarebbe offendere la sua memoria.

L'ultima domanda. La sinistra del futuro pesca sempre più dalla cultura cattolica: effetto Giubileo?

Andreotti: Credo che a parte il ciclo dei momenti storici, quelli in cui ci sono i guelfi e i ghibellini, esista nella nostra cultura politica un fondo moderato, che Agostino chiamerebbe “naturalmente cristiano”.

L'ultimissima. È marketing?

Andreotti: Spero sia la riscoperta della mediazione, della moderazione. Che dovrebbero essere il vero I care della politica.

Lettera inedita di don Lorenzo Milani Barbiana, 29 agosto 1965 Lettera circolare tredicesima. Cari, (…) Oggi è venuto il padre Balducci. È la prima volta che viene a Barbiana e la Barbara dice che non c'era venuto da quanto lo avevano prevenuto contro di noi e contro l'accoglienza che riserviamo ai borghesi fiorentini, invece naturalmente l'abbiamo accolto con molto onore e lui ha passato la serata a coprirmi di lodi e incitamenti ad andare a Roma e a sbattagliare il più possibile. Ha raccontato de suo recente colloquio con Andreotti (il democristiano che guida la corrente più a destra della Dc, corrente Primavera,) ministro della difesa. Andreotti gli ha assicurato che presenterà presto la legge per l'obiezione scegliendo quello dei tre progetti che prevede un servizio come volontariato della pace in un paese sottosviluppato. Vi ricordate cosa è il corpo dei volontari della pace inventato da Kennedy? Il padre Balducci gli ha allora fatto vedere il paragrafo dello schema 13 che il Concilio approverà verso novembre, il paragrafo dicevo che riguarda l'obiezione e gli ha detto: «Guardate che se approvate l'obiezione dopo questa dichiarazione del Concilio tutti diranno per l'ennesima volta che la Dc è asservita alla Chiesa». Ecco il brano (è teoricamente segreto e lo hanno visto solo i vescovi): «Nelle attuali circostanze è molto conveniente che le leggi civili prendano in considerazione coloro che ricusino per motivo di coscienza il servizio militare o alcuni atti che in guerra conducono crudeltà troppo grandi sia per testimoniare la virtù cristiana della mitezza, sia per riverenza alla vita umana, sia per sincero orrore di esercitare qualsiasi violenza». Come vedete il testo è bellissimo perché è evidente che il Concilio con queste parole considera l'obiezione cosa nobilissima e non certo “espressione di viltà”. Il padre Balducci ha descritto Andreotti con un perfetto farabutto (salvo la possibilità di essere in buona fede per tutta la cattiva educazione che ha avuto) preoccupato solo di farsi clienti e senza nessun attaccamento a un qualsiasi principio cristiano e non. Dice che il mio processo sarà un'occasione unica per far sentire una voce cristiana a chi meno se lo aspetta e per l'appunto a 500 metri dall'aula in cui tutti i vescovi del mondo sono riuniti in Concilio per ridire al mondo la stessa cosa. Mi ha consigliato di non lasciar parlare l'avvocato (cosa che pensavo anch?io) e di non far come uno che bischero lasciò decidere tutto l'avvocato. Per l'appunto in quel momento era arrivato anche l'avv. Fabrizio Fabbrini che a sentire queste parole è rimasto come fulminato. Un abbraccio affettuoso a tutti vostro. Lorenzo

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