Cultura
Papa Francesco: «Parlare con il cuore aiuta la pace»
Nel giorno di San Francesco di Sales protettore dei comunicatori e giornalisti il Papa pubblica il suo messaggio per la 57° Giornata delle Comunicazioni e invita a “promuovere un linguaggio di pace” e a una “comunicazione cordiale”
di Redazione
Parlare con il cuore per affermare una cultura di pace laddove c’è guerra, parlare con il cuore per aprire sentieri di dialogo e di riconciliazione proprio dove l’odio e l’inimicizia hanno scavato solchi apparentemente indelebili. Papa Francesco riprende in mano l’enciclica di San Giovanni XXIII Pacem in terris per ribadire che è quanto mai urgente e necessario una comunicazione non ostile, «nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo», come sottolinea nel messaggio per la 57ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, che si celebrerà domenica 21 maggio sul tema «Parlare con il cuore. Secondo verità nella carità». Vi proponiamo qui qualche passaggio (leggi qui il testo integrale).
Comunicare cordialmente
Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e ne custodisce la libertà, senza violarla.
In un periodo storico segnato da polarizzazioni e contrapposizioni – da cui purtroppo anche la comunità ecclesiale non è immune – l’impegno per una comunicazione “dal cuore e dalle braccia aperte” non riguarda esclusivamente gli operatori dell’informazione, ma è responsabilità di ciascuno. Tutti siamo chiamati a cercare e a dire la verità e a farlo con carità.
La comunicazione da cuore a cuore
San Francesco di Sales in una delle sue affermazioni più celebri, «il cuore parla al cuore», ha ispirato generazioni di fedeli, tra cui San John Henry Newman che la scelse come motto, Cor ad cor loquitur. «Basta amare bene per dire bene», era uno dei suoi convincimenti. Esso dimostra come per lui la comunicazione non dovesse mai ridursi a un artificio, a – diremmo oggi – una strategia di marketing, ma fosse il riflesso dell’animo, la superficie visibile di un nucleo d’amore invisibile agli occhi. il santo vescovo di Ginevra ci ricorda che “siamo ciò che comunichiamo”. Lezione oggi controcorrente in un tempo nel quale, come sperimentiamo in particolare nei social network, la comunicazione viene sovente strumentalizzata affinché il mondo ci veda come noi desidereremmo essere e non per quello che siamo.
Disarmare gli animi promuovendo un linguaggio di pace
«Una lingua dolce spezza le ossa» dice il libro dei Proverbi (25,15). Parlare con il cuore è oggi quanto mai necessario per promuovere una cultura di pace laddove c’è la guerra; per aprire sentieri che permettano il dialogo e la riconciliazione laddove imperversano l’odio e l’inimicizia. Nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo è urgente affermare una comunicazione non ostile. È necessario vincere «l’abitudine di screditare rapidamente l’avversario, attribuendogli epiteti umilianti, invece di affrontare un dialogo aperto e rispettoso». Abbiamo bisogno di comunicatori disponibili a dialogare, coinvolti nel favorire un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei nostri cuori, come profeticamente esortava San Giovanni XXIII nell’Enciclica Pacem in terris: «La vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia» (n. 61). Una fiducia che ha bisogno di comunicatori non arroccati, ma audaci e creativi, pronti a rischiare per trovare un terreno comune dove incontrarsi.
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