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In fuga dalle bombe accolti al Villaggio Sos di Vicenza

Nella struttura di Sos Villaggi dei Bambini è stata accolta la famiglia di Olga, una donna ucraina che lavora per la stessa organizzazione: l’anziana madre, la figlia e i tre nipoti. In Italia da oltre un mese e mezzo hanno tutti un unico grande sogno: il ritorno della pace in Ucraina

di Antonietta Nembri

Dopo la fuga da Leopoli si sono ritrovati tutti a Vicenza, dove da anni vive e lavora Olga. I primi ad arrivare il 7 marzo, sono stati Maksym, 17 anni e Rostyslav, 13. Dieci giorni dopo sono stati raggiunti dalla mamma Olha, dal fratello più piccolo Oleh, 7 anni e dalla bisnonna Mariia (87 anni), madre della stessa Olga.
A ospitarli il Villaggio Sos di Vicenza. Con l’aiuto di Paola Piccinelli, operatrice di Sos Villaggi dei Bambini a Vicenza e la traduzione di Olga, hanno raccontato la storia della loro fuga dalla guerra. «Abbiamo deciso di fuggire quando hanno cominciato a bombardare la città per la seconda volta. Siamo fuggiti a Varsavia e da lì abbiamo preso un autobus diretto a Roma», raccontano. «Ci siamo fermati a Padova».

Olha, diplomata in Economia bancaria, qualifica simile a una laurea breve italiana, lavorava alle poste di Lepoli, mentre i tre figli frequentavano la scuola. Per loro l’arrivo in Italia è stata l’uscita da un incubo, «avevamo passato tutte le notti precedenti con allarmi continui, coprifuoco e sempre pronti a scappare nei rifugi, andando a letto vestiti». Al loro arrivo in Italia la cosa più bella è stata poter riabbracciare Olga. Ai tre ragazzi manca molto il papà che sentono raramente al telefono «non può raccontare dove sta combattendo», mentre grazie a Internet «i ragazzi e le ragazze riescono a mantenere i contatti con la scuola e i compagni». E se si domanda loro che cosa sognano la prima parola è per tutti «pace». E poi «tornare a casa il più presto possibile». «Il loro primo sogno è certamente la fine della guerra e poi ritrovare la casa. Solo Maksym, il ragazzo più grande, vorrebbe restare in Italia per continuare gli studi», fa sapere Paola Piccinelli.

La presenza della famiglia di Olga al Villaggio Sos di Vicenza ha richiesto un tipo diverso di accoglienza. «La differenza è nel fatto che i bambini/mamme che accogliamo di solito provengono da famiglie che attraversano un momento di forte difficoltà; i ragazzi che arrivano hanno un progetto educativo individualizzato concordato con i servizi sociali di riferimento che coinvolge spesso anche la famiglia di origine» spiega Marco Bonato, membro dello staff di direzione. «I profughi invece, arrivando da una situazione di emergenza, hanno bisogno principalmente di un supporto abitativo, non entriamo in contatto con le dinamiche familiari». Con la consapevolezza che, continua Bonato « abbiamo a che fare con bambini e famiglie che hanno subito dei forti traumi e quindi dobbiamo trovare gli strumenti giusti per aiutarli».
Il Villaggio Sos di Vicenza ha dato la disponibilità ad accogliere altri profughi «sia minorenni sia famiglie», precisa Bonato.

La presenza dei profughi da una parte e le continue notizie della guerra in corso in Ucraina ha certo avuto un impatto nei minori accolti. « Nei bambini abbiamo visto molta preoccupazione e il desiderio di fare molte domande. Sono impauriti, chiedono se la guerra arriverà anche qui. Il nostro ruolo» continua «è quello di filtrare tra le migliaia di notizie che arrivano dai diversi canali per riportargliele nella maniera più corretta possibile».
Inoltre, conclude Bonato «alcuni educatori hanno proposto un’attività creativa sulla guerra ai bambini e ai ragazzi; tramite il disegno gli è stato chiesto di rappresentare le città prima e dopo lo scoppio della guerra e anche come fare a ricostruirle una volta terminata».

In apertura l'ingresso del Villaggio Sos di Vicenza – foto da ufficio stampa

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