Non profit
Tra politica e società, dovè lio
Riccardo Bonacina risponde ad un lettore
Mi ha molto interessato e incuriosito il suo pezzo sulla sinistra nel numero scorso. Ci sono considerazioni molto interessanti e anche inedite. E la cronaca di un evento inedito e meno banale dei Palavobis raccontati da tutti. Se posso farle un appunto, mi sembra però che sia molto, forse troppo, giocato sull?asse società-politica. Il che è del tutto legittimo e ragionevole, ovviamente, anche perché esiste su quell?asse un vero tema e un annoso problema. Ma secondo me bisognerebbe anche aiutare la sinistra a demitizzare la politica, a de-teologizzarla. E soprattutto a capire che l?alternativa all?individualismo che li fa, e mi fa, inorridire, non è necessariamente un indistinto ?sociale?, ma l??io?. è da lì, credo, che nasce quel che lei chiama «una cultura del dono e della reciprocità». Oppure no?
Beppe Solari, Siena
Caro Beppe, grazie per la sua lettera che solleva non solo una questione importante, ma addirittura esiziale: la questione dell?io, di quale sia la sua sorgente, il suo posto tra società e politica. Non le sembri troppo semplice la mia risposta, ma spesso le cose più vere e importanti sono le più semplici (non banali, non semplicistiche).
A Porto Alegre, raccontano le cronache, durante la festa finale e mentre i vari candidati brasiliani alle elezioni si spintonavano per guadagnare la passerella, tra un jingle e l?altro («Um outro mundo è poissivel», il tormentone del Forum suonato e cantato in ogni modo), si è avvicinato al microfono l?indio colombiano José Pereira. Il suo intervento è durato pochissimo: poche parole in spagnolo, con una voce sommessa se paragonata a quelle tribunizie degli altri oratori, ha tirato fuori una grossa conchiglia e ci ha soffiato dentro facendola suonare come un corno e ha detto «Dobbiamo cambiare il nostro mondo interiore per cambiare quello esteriore». Ecco, chi non capisce questo sarà comunque vittima, a destra o a sinistra è la stessa cosa, di ogni tipo d?ideologia, e non potrà che combinare guai, per se stesso e per gli altri. Senza la percezione della centralità dell?io non è possibile rispetto né verso sé, né verso il mondo, tutto è ridotto a progetto e tutto viene strumentalizzato affinché il proprio progetto, più o meno giusto non importa, si affermi. Senza la percezione della centralità del proprio io e quindi dell?unicità di quello degli altri non c?è vero dono e vera reciprocità, c?è solo accordo, commercio, consenso, pietà pelosa. Quando ero ragazzo, di fronte ai primi disastri delle ideologie trionfanti, ci dicevamo: «Cambiare noi stessi per cambiare il mondo». Un buono slogan anche per l?oggi.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.