Mondo

Quattro italiani in Marocco. E il deserto si fa verde

Storie di cooperazione. L’impegno del Cefa che si occupa di progetti agricoli sfidando il Sahara.

di Marina Mojana

Non c?è dubbio: il Marocco incanta. Non solo i grandi del cinema come Orson Welles, che scelse i bastioni di Essaouira, sull?Atlantico, per girare il suo Otello, o in anni più recenti il regista italiano Gabriele Salvatores, che immortalò il Marocco in Marrakesh Express. Anche le organizzazioni non governative sembrano esprimere al meglio la loro creatività in questa terra stretta tra deserto e oceano, luogo di confine tra Nord e Sud del mondo e tra Occidente e Oriente. Ad esempio il Cefa-Comitato europeo per la formazione e l?agricoltura di Bologna vi approda per primo nel 1998, dopo aver osservato che il numero più alto di braccianti extracomunitari, impiegati nelle campagne emiliane, proviene da Settat, una landa desolata nel cuore del Marocco che nessuna guida turistica si degna di menzionare. Dal Po al Sahara Rispondendo a un?elementare osservazione, il Cefa decide di aiutare gli emigrati marocchini in casa loro. Due volontari trentenni, Mariella Caddeo e Mario Milanesi, partono per Settat e trovano subito il loro daffare nel ristrutturare la Maison Cangiaud, villa edificata dai francesi nel comune rurale di Sidi Boumahdi. La casa è di impianto coloniale, a due piani, e viene concessa in uso al Cefa dalla locale cooperativa agricola Al Angaria. Il ministero degli Esteri italiano e il re del Marocco autorizzano la missione e la sostengono erogando parte dei fondi. Dopo un anno arrivano i rinforzi: l?animatore Rocco Troisi e il veterinario Fabio Ammar. Il progetto di sviluppo rurale integrato, condotto in collaborazione da Cefa e Osvic (per gli animatori sociali), costa 40mila euro all?anno. Decollato con un carattere agricolo, il progetto prevedeva la creazione di infrastrutture tra cui un sistema di canalizzazione dell?acqua, che da quelle parti è un problema. Non solo scarseggia per via del clima semiarido, ma è anche ricca di fluoro, che danneggia i denti di uomini e animali. Cofinanziato dalla Ue e dal ministero degli Esteri, con contributi delle Regioni Lombardia e Sardegna, il progetto Cefa trova subito un sostegno locale nel centro di ricerche Crra di Settat, specializzato in colture agricole in zone aride. «L?attività agricola è stata presto affiancata da quella di animazione sociale, non meno importante», spiega Marco Benassi, responsabile del progetto Cefa. «Vivendo sul posto ci siamo infatti resi conto che dovevamo aiutare la popolazione del villaggio a crescere in modo autonomo, organizzando corsi per l?alfabetizzazione delle donne, attività didattico-culturali per i bambini e creando una struttura che potesse ospitare un laboratorio per il ricamo e la tessitura di tappeti e coperte da commercializzare. Ma anche attraverso il microcredito, che in sei mesi ha dato ottimi risultati». La responsabile del settore femminile è Rachida Laajali, agronoma di 32 anni, originaria di Sidi Boumahdi. Da lei dipenderà in gran parte il rilancio dell?allevamento degli animali di bassa corte. Il suo ruolo è delicato: ottenere un maggior coinvolgimento delle donne nella produzione del reddito e un aumento del benessere economico delle famiglie, oltre che un miglioramento in campo alimentare, specie per i bambini. Schiave del pozzo Chi beneficia del progetto è infatti Sidi Boumahdi con i suoi 6mila abitanti, dislocati in sette douar, agglomerati di rustiche abitazioni. Una stanza rettangolare con le finestre sul lato più lungo, generalmente spoglia di mobili e soprammobili, viene arredata con un tappeto e cuscini appoggiati ai sedili che corrono lungo le pareti ed è adibita alla vita sociale e a ricevere gli ospiti. Accanto al salone, si articolano nella casa rurale marocchina la stanza da letto e la stalla. La luce elettrica è spesso alimentata da generatori esterni e il bagno non ha l?acqua corrente (le donne vanno al pozzo almeno tre o quattro volte al giorno). Ed è proprio nel settore igienico che il Cefa sta intervenendo con priorità per migliorare la qualità delle acque, spesso inquinate. Già nelle scuole e in alcune frazioni i pozzi sono stati rifatti secondo le norme sanitarie. Oltre ai volontari italiani, il progetto impiega una decina di giovani locali. Il bosco rinascerà Moustapha Maataoui è il sindaco di Sidi Boumahdi, ma vive a Casablanca. Mi riceve con i ragazzi del Cefa per l?hof tor delle 17.30, la merenda. Moustapha ha un sogno, per il suo villaggio, in cui Cefa è un partner irrinunciabile: vorrebbe rinforzare la ricerca agronomica per costituire un vivaio per la produzione di piantine a uso agro-zootecnico. Lo scopo è ricostituire le aree boschive pressoché scomparse e di fornire con le piante da frutto (fichi, eucalipti, olivi), fonti di alimentazione e di reddito per la popolazione. Ma già oggi, nel vivaio di Sidi crescono cipressi, mandorli, radicchio, coriandolo, pomodori, carote, zucche, ravanelli, aglio, melanzane, capperi? In Marocco ho visto più biciclette che cammelli. I mezzi di trasporto più utilizzati sono l?asino, il motorino e il taxi collettivo, che per 30 chilometri costa 8 dirham a persona, l?equivalente di un euro. Lungo le strade, che tagliano come nastri il deserto di roccia rossa, pochi camminano. Qualcun altro aspetta paziente, seduto per terra. Mentre i ragazzini giocano con niente e si rincorrono nella sabbia. Anche quando sono soli, i loro occhi sorridono alla vita: la loro vera compagna di viaggio. Come fare Il Cefa, ong sorta nel 1972 a Bologna da un?intuizione del senatore Giovanni Bersani e su iniziativa delle Cooperative agricole bolognesi del Movimento cristiano lavoratori, è presente in Marocco dal 1998 in collaborazione con un?altra ong, l?Osvic, per realizzare un progetto di sviluppo agricolo integrato a Sidi Boumahdi, provincia di Settat. Il Cefa è stata la prima organizzazione europea a ottenere, all?inizio del 2000, il riconoscimento di ong di pubblica utilità da parte del governo marocchino. La struttura del Cefa è costituita da 9 persone e 35 volontari operativi nei progetti internazionali. Circa 200 sono gli amici che lo sostengono in Italia. Utilizza per le spese di gestione il 10% dei contributi.Il Cefa può essere aiutato con contributi (fiscalmente deducibili) sul conto corrente postale n. 22590400, intestato a Cefa, via Lame 118, Bologna. Per diventare volontari specializzati (agronomi, veterinari, operatori sociali) rivolgersi alla sede del Cefa, tel. 051.520285 email: cefa.bo@tin.it Internet: www.cefa.bo.it


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