Economia

La sostenibilità costa troppo?

Un report a cura di Capgemini su duemila big dell’economia mondiale afferma che la maggior parte dei dirigenti di grandi aziende considera questo ambito più un obbligo oneroso che non un investimento per il futuro. La trasformazione digitale, il supporto alla supply chain e l'organizzazione del lavoro ibrido sono ai primi posti nelle strategie di investimento. Ma, conclude lo studio, l'integrazione dei principi Esg nell'attività delle imprese continua anche con "venti avversi"

di Nicola Varcasia

L’attuale crisi economica spinge gli investimenti delle aziende verso le forniture e la tecnologia, meno sulla sostenibilità. È questo il messaggio che arriva dal report realizzato da Capgemini Research Institute, il think tank dell’omonima azienda specializzata nel supporto alla transizione digitale.

La ricerca è frutto dell’analisi di 2000 interviste condotte a fine 2022 in 15 Paesi, tra cui l’Italia, coinvolgendo aziende di diversi settori con un fatturato annuo superiore a 1 miliardo di dollari. Si tratta quindi di aziende di grosse dimensioni, a carattere multinazionale, il cui comportamento aiuta perciò a comprendere l’evoluzione dell’economia in questo momento delicato e il ruolo ricoperto dai principi Esg.
In un quadro economico in cui la recessione sembra inevitabile – il titolo inglese del report fa riferimento a come “avanzare con venti avversi” la diversificazione e la digitalizzazione della catena di approvvigionamento si qualificano come prioritarie per la maggior parte delle organizzazioni. Questo accade perché l’89% delle organizzazioni ritiene che l'interruzione della catena di approvvigionamento sia il rischio principale per la crescita aziendale nei prossimi 18 mesi, seguito dell'aumento dei prezzi delle materie prime (67%) e della crisi energetica (64%).

Negli ultimi 12-18 mesi, infine, più della metà delle organizzazioni ha già ridotto la spesa per la sostenibilità ambientale e solo il 33% prevede di aumentare gli investimenti in questo ambito nei prossimi 12-18 mesi, nonostante meno di un terzo delle organizzazioni dichiari di essere sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità prefissati. Si distinguono Stati Uniti e Cina, dove rispettivamente il 41% e 53% delle aziende prevedono di aumentare gli investimenti nei prossimi 18 mesi.
Fa riflettere una delle motivazioni di questo fenomeno presentate nel report: l’aumento della pressione sugli investimenti in tema di sostenibilità può essere in parte dovuto al fatto che la maggior parte dei dirigenti aziendali consideri questo tema come un obbligo oneroso piuttosto che un investimento per il futuro. Inoltre, secondo il 74% dei dirigenti intervistati la richiesta di prodotti e servizi sostenibili da parte dei clienti è diminuita, in quanto molti di loro non sono disposti a pagare un prezzo più alto per prodotti, servizi e soluzioni più green nell’attuale scenario macroeconomico.

Non perde comunque l’ottimismo Aiman Ezzat, Ceo di Capgemini (nella foto in alto), che vede nell'esigenza di cambiamento un driver per un nuovo tipo di sviluppo: «In tutto il mondo i leader aziendali stanno orientando i loro investimenti sui settori che continueranno a trainare la business transformation. Devono quindi cogliere le opportunità offerte dalla tecnologia, non solo per rendere le loro imprese più efficienti, sostenibili e resilienti, ma soprattutto per favorire opportunità di crescita sul lungo periodo. È inoltre essenziale investire nei talenti in grado di realizzare queste trasformazioni del business model e della catena del valore, evitando di sacrificare l’esperienza complessiva dei dipendenti. Queste aree di investimento sono indispensabili affinché le organizzazioni riescano non solo a superare l’incertezza che caratterizza il contesto attuale, ma anche a uscirne più forti e resilienti».

Nel report, inftti, emerge anche che i modelli di lavoro ibrido stanno diventando un fenomeno diffuso e che un numero sempre crescente di dipendenti si aspetta flessibilità nel quotidiano: per questo i leader aziendali pianificano di destinare la maggior parte degli investimenti legati al personale su strategie e politiche di questo tipo nel 2023. Infatti, il 65% dei intervistati prevede di investire e implementare opzioni di lavoro ibrido e il 61% ha intenzione di optare per soluzioni permanenti di lavoro da remoto per i profili che richiedono meno supervisione e lavoro in team. Tuttavia, al tempo stesso, le organizzazioni stanno pianificando di ridurre gli investimenti in aree strategiche come employee experience (39%), upskilling/reskilling (36%) e diversity (35%) nei prossimi 12-18 mesi. La rotta verso la piena integrazione dei principi Esg nell’attività delle aziende non è delle più semplici ma è comunque tracciata.

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