Welfare

Riforma minori, il no di Andreoli. Castelli, fermati

L’ipotesi di cambiare i tribunali per i ragazzi, trova il grande psichiatra fortemente in disaccordo

di Benedetta Verrini

E’ la strada per arrivare alla pena di morte». Non riesce davvero a contenere l?amarezza, Vittorino Andreoli. Psichiatra di fama internazionale, consulente dei tribunali per i minorenni per casi delicatissimi, autore di saggi e romanzi che indagano sulla psiche dei giovani (l?ultimo, appena pubblicato da Rizzoli, Una piroga in cielo), è come un fiume in piena, mentre rigira tra le mani i ritagli di giornale che parlano del disegno di legge Castelli sulla giustizia minorile. «Parlo di pena di morte, perché questo progetto sceglie la via di annientarli psicologicamente, di farli morire socialmente. Se dopo quarant?anni di studi sull?educazione e sul comportamento dei minori, devo ancora avere a che fare con gente che crede di farli ?venire su dritti? bastonandoli, guardi, me ne vado. Mi trasferisco a lavorare in Svizzera, o in Francia». Il disegno di legge in questione introduce misure repressive contro i minori che commettono reati, ed è stato illustrato dal Guardasigilli Castelli come lo strumento per reprimere «veri e propri criminali, non adolescenti che sbagliano». Vita: Cosa ne pensa, professore? Vittorino Andreoli: Il tema della responsabilità degli adolescenti è uno dei termometri di come funziona una civiltà. E credo che per affrontarlo non si possa improvvisare. Bisogna aprire un dibattito, confrontarsi con gli esperti e con le famiglie, e chiedersi che eredità ci hanno lasciato trent?anni di tribunali per i minorenni. Voglio sapere quali esperti sono stati ascoltati per scrivere questa riforma. Perché se viene approvata così com?è, significa che non c?è nessuna voglia di capire i giovani. Non voglio fare politica, ma sono davvero allibito. Questo progetto è un passo indietro, è frutto di una filosofia che crede di correggere la devianza spaventando e minacciando, quando sappiamo tutti che in questo modo si creano dei nuovi eroi, si lancia una sfida con lo Stato che un adolescente può trovare persino attraente. Vita: è possibile dare una definizione di questa nuova criminalità minorile? Andreoli: Mi occupo di giovani da 42 anni, ma una definizione di adolescente ?delinquente?, non gliela so dare. Perché, vede, se accettiamo di parlare di ?giovani delinquenti?, allora dobbiamo anche riconoscere che c?è una società delinquente. Una cattiva maestra, che invece di rafforzare i bisogni affettivi dei giovani, promuove la criminalità. Perché ciò che si trova all?origine del crimine minorile è una situazione di profonda immaturità del soggetto, ma anche un ambiente familiare negativo e indifferente e una scuola che ha prevalentemente giudicato. I ragazzi di oggi sono come splendidi vetri di Murano: vivono in una società che li bombarda di informazioni, padroneggiano il mondo delle comunicazioni, ma dal punto di vista affettivo sono profondamente, drammaticamente immaturi. E appena li metti alla prova si spaccano, e non tutti sono in grado di avere il pieno controllo sui loro comportamenti. Per questo ritengo sia un grave errore abbassare l?età della responsabilità penale. Vita: E qui torniamo al disegno di legge Castelli. Andreoli: Sì. La riduzione degli sconti di pena risponde a quella logica che vuole misurare la maturità di un adolescente solo sul piano delle nozioni apprese, senza valutarne i disturbi di personalità. Altro aspetto che mi lascia allibito, è la previsione del trasferimento del ragazzo che ha compiuto i 18 anni nelle carceri per adulti. Che senso ha interrompere il recupero iniziato in un istituto correzionale? Mi chiedo se chi ha scritto questa disposizione abbia idea di cosa sia il carcere; se abbia immaginato il proprio figlio a Regina Coeli. Vita: Eppure, la scelta ?repressiva? sembra un trend europeo. Andreoli: Vero, ma non ci sono paragoni tra la delinquenza minorile in Inghilterra o in Germania, e quella in Italia. In Germania sono alle prese con un fenomeno di disagio giovanile di dimensioni enormi, generato dai conflitti sociali sorti dopo l?unificazione delle due Germanie. In Inghilterra vige un regime educativo ultrasevero e, diciamolo, ridicolo: i ragazzi sono vittime di un classismo spietato, in cui si passa dall?adolescente con la giacchetta del college al ragazzino di strada dei sobborghi di Londra. In Italia non c?è nulla di simile: abbiamo una tradizione educativa che ha dato buoni frutti e la criminalità minorile non è affatto a livelli spaventosi. Vita: E allora perché questa percezione che sia in aumento? Andreoli: Purtroppo esiste una televisione, una certa stampa, che scelgono alcuni casi e li buttano ossessivamente in pasto alla gente, fino a convincerci che non se può più, che tutti i ragazzi sono pronti ad ammazzare mamma e papà. Un caso per tutti, Erika e Omar. Io non sono mai andato a parlare di loro alla televisione, anche se mi hanno invitato decine di volte. Però succede che ci vanno altri, persone che non hanno mai visto un delitto né fatto una perizia? Vita: Ad esempio, Paolo Crepet. Andreoli: Non voglio fare nomi, ma ribadisco che tutto questo alimenta un?opinione pubblica distorta, che si appassiona a questi tremendi delitti, ma si disinteressa della rivoluzione che avverrà nei tribunali dei minori. Vita: Cosa la preoccupa di più? Andreoli: La cancellazione del ruolo degli educatori, degli psicologi e degli psichiatri, per lasciare l?intero giudizio in mano al giudice. Un?assurdità. Il ruolo dello psichiatra è fondamentale persino nel processo degli adulti (dove non c?è processo per omicidio in cui non sia richiesta anche la perizia), e lo si vuole togliere nel processo minorile? La presenza degli esperti e il loro contributo al giudizio erano il dna del tribunale per i minorenni. Buttare queste competenze, confinarle a un ruolo esterno, vuol dire cancellare un sistema che ha messo l?Italia all?avanguardia nel mondo.


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