Non profit

L’offensiva di Giulio. Sono Tremonti l’ammazzasette

Ha messo le mani sugli utili delle cooperative, vuol consegnare le fondazioni bancarie agli enti locali, ora lascia a mani vuote maroni sull’impresa sociale.

di Giampaolo Cerri

Sceglie la platea sonnacchiosa di un?aula magna (per giunta di un ateneo di provincia) per rilanciare la sua campagna di primavera contro le fondazioni bancarie. Contro ogni sceneggiatura politica che si rispetti, Giulio Tremonti usa infatti l?università di Macerata come location per confermare la sua vocazione di ammazzasette del mondo sociale. Mercoledì 27 febbraio, il superministro inaugura l?anno accademico con un attacco alzo zero agli enti ex bancari. Dell?uditorio, studenti e professori, probabilmente gli importa poco: vuol farsi intendere, tramite le agenzie di stampa che lo seguono, ai riottosi presidenti di fondazione che si oppongono al suo disegno di riconsegnare il timone di quegli enti ai partiti. «I vertici delle fondazioni», sibila, «che si occupano più delle Generali che dell?Alzheimer». Insomma, si mettano a fare quello che fa il non profit e dimentichino la finanza. Scudiscia, senza nominarla, la fondazione Cariplo, presieduta dal capo dei rivoltosi, Giuseppe Guzzetti: «La più grande delle fondazioni italiane», rincara, «ha 33 dipendenti ed è una holding e non fa il mestiere che deve». Impresa sociale? Niet Non è che l?inizio. Venerdì 1 marzo si para sulla strada del disegno di legge sull?impresa sociale. O meglio, su quella del ministro del Welfare, Maroni, che sul testo è riuscito a mettere faticosamente d?accordo le varie anime del Terzo settore. Lascia partire in avanscoperta il ministro del Programma, Beppe Pisanu che taccia di «cattocomunismo» la proposta, «chiusa alle imprese private». Del superministro il colpo della staffa: «Benefici fiscali? Non se ne parla». «Tremonti interpreta un sentimento diffuso nel mondo profit», osserva il professor Stefano Zamagni, economista dell?università di Bologna e studioso del non profit. «C?è il timore che l?ingresso di questo nuovo soggetto, l?impresa sociale appunto, determini una turbativa di mercato». Per Zamagni, «vengono al pettine le contraddizioni di una situazione che anche il non profit ha contribuito a creare, volendo riunire sotto una stessa insegna volontariato, cooperazione sociale e, adesso, anche l?impresa». Come se ne esce? «Rimettendo mano al provvedimento. In modo da garantire alle future imprese sociali quei benefici che consentano loro di reperire i mezzi finanziari per operare ponendole sullo stesso piano, a livello di tassazione, per quanto riguarda le attività svolte in concorrenza con il profit». Non basterebbe delimitare i campi d?azione? «Operazione non risolutiva», risponde. «Chi potrebbe imporre alle aziende private di non occuparsi di quello che fa il Terzo settore?». E sulle fondazioni chiamate a operare direttamente nel sociale? «Potrebbe non essere un male», controbatte Zamagni, «la concorrenza, anche in campo sociale, deve essere considerata positivamente». Insomma, dovremmo immaginarci la Cariplo che distribuisce minestra ai poveri? «Sarebbe un problema se le fondazioni diventassero soggetti pubblici, come desidera Tremonti con il suo emendamento», obietta, «soggetti pubblici, ricchissimi, che intervengono direttamente nel sociale. Un disastro». L?abbraccio della Lega D?altra parte le fondazioni, a farsi ?pubblicizzare? non ci pensano proprio, come conferma la dura presa di posizione dell?Acri di venerdì 1 marzo: il non profit c?è già, e fa molto bene il suo mestiere. Tremonti non si scompone, anzi rilancia. L?indomani firma con Letizia Moratti un provocatorio intervento sulla prima pagina del Corriere della sera in cui ribadisce, punto per punto, la sua idea. Lo stesso giorno va a Milano a incassare la gratitudine leghista al congresso federale . Applausi giustificati: in platea ci sono centinaia di futuri consiglieri di fondazione se, come spera il neosegretario Giancarlo Giorgetti, delfino di Bossi, il regolamento che si sta scrivendo in questi giorni darà agli enti locali il 75% dei posti nei consigli di amministrazione. Per la Lega, un?occasione unica per rinsaldare, in termini di potere autentico anche perché fatto di moneta sonante, il proprio ruolo in tutto il Nord. D?altra parte, non fu il superministro a ricondurre il Carroccio nel Polo? L?affaire fondazioni è la contropartita di quell?accordo? Probabilmente se lo chiede anche Guzzetti, anche se non può dirlo. Si limita a consegnare al Corriere di lunedì 4 marzo una circostanziata lettera di protesta. Fa qualche esempio di non profit, citando il Fai, Telethon, Legambiente, Cdo, Forum del Terzo settore, Wwf, Mario Negri, Airc e Summit della solidarietà, enti che esistevano ai tempi della legge sulle fondazioni bancarie il cui autore, Carlo Azeglio Ciampi, siede oggi al Quirinale. Fondazioni in rivolta Perché mai le fondazioni dovrebbero sostituirsi al non profit? E al superministro ricorda che in dieci anni le fondazioni hanno fatto fruttare i loro capitali (più 5%), distribuito risorse e dismesso significativamente le partecipazioni bancarie che detenevano. «La media è scesa dal 100% di dieci anni fa, al 26% di oggi», scrive, «una riduzione certamente superiore, tanto per fare un esempio, a quella che ha interessato la presenza dello Stato nell?Eni e nell?Enel». Nello stesso giorno, il cda della Cariplo vota un documento all?unanimità. «Disconoscere l?importante ruolo che la fondazione ha svolto al servizio dello sviluppo civile ed economico», dicono i consiglieri, «è ingeneroso oltreché fuorviante ». Presto il risentimento lascerà posto alla carta bollata: quella per i ricorsi al Tar. Ci sarà un giudice (amministrativo) a Berlino.


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