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Bilanci e trasparenza, come crescono le Ong

Sul portale Open Cooperazione si evidenzia il trend in costante crescita delle organizzazioni non governative italiane. I numeri sono frutto della piattaforma opendata che raccoglie i dati di trasparenza e accountability di oltre 200 Ong. A crescere di più: Emergency + 37%, Avsi + 26% e Weworld + 15%. Save the Children si conferma la prima organizzazione con un bilancio di oltre 133 mln. Secondo il curatore di Open Cooperazione l’attività nei territori del nostro Paese «è una tendenza consolidata in crescita dopo la pandemia»

di Antonietta Nembri

Una crescita economica di 10 punti percentuali con un valore economico che supera il miliardo di euro. È questo uno dei dati resi noti dal portale Open Cooperazione, piattaforma di opendata che da otto anni raccoglie i dati di trasparenza e accountability di oltre 200 tra le più importanti organizzazioni non governative italiane. Protagoniste dei dati sono proprio le ong che da alcuni anni – sottolinea una nota di Open Cooperazione – navigano contro vento, “in acque spesso agitate dai conflitti, dalle emergenze umanitarie e ultimamente anche dalle campagne mediatiche diffamatorie come quelle legate ai salvataggi di migranti nel Mediterraneo e al recente Qatar-gate”.

I dati, inseriti volontariamente dalle organizzazioni stesse e aggregati da Open Cooperazione mostrano attraverso grafici e infografiche un trend in costante crescita ormai da diversi anni. Anche nel 2021 le ong italiane hanno messo a segno una crescita economica di 10 punti percentuali, il valore economico raggiunge quota 1.167.617.111 euro.
Una crescita spinta in particolare dalle grandi organizzazioni che registrano rilevanti incrementi delle entrate. È il caso di Save The Children che si conferma la prima organizzazione con un bilancio di oltre 133 milioni (+7% rispetto al 2020), di Avsi che balza al secondo posto con un incremento di oltre 26% (da 68 a oltre 92 milioni), di Emergency che cresce del 37% passando da 48 a 77 milioni e di Weworld che supera i 44 milioni con una crescita del 15%.


Da un’analisi dei bilanci delle entrate delle prime 50 ong italiane sugli ultimi tre anni emerge che le organizzazioni in perdita sono quasi tutte di dimensione media, ovvero collocate nella fascia tra 3 e 10 milioni di euro di entrate. Le ong che registrano i rialzi più evidenti sono nella fascia alta, sopra i 30 milioni e per lo più si tratta di organizzazioni fortemente impegnate nell’aiuto umanitario.

Per quanto riguarda la composizione delle entrate i dati evidenziano che per le ong il rapporto tra fra fondi pubblici e fondi privati si attesta rispettivamente a quota 60% e 40%. I fondi pubblici arrivano dai cosiddetti finanziatori istituzionali, il 35% dall’Agenzia italiana per la Cooperazione – Aics e dal Maeci, un altro 35% dall’Unione Europea (UE+Echo), poco più del 17% dagli enti territoriali attraverso la cooperazione decentrata e il restante 12% da agenzie delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali.

I fondi privati, oltre a quelli derivanti dalle donazioni liberali individuali, arrivano attraverso il canale fiscale del 5×1000 (31,9%), da donazioni o partnership con le aziende (32,1%), dalla filantropia delle Fondazioni (26,8%) e dalle chiese (9,2%).



Così cambia la geografia della cooperazione

Un dato inedito rilevato da Open Cooperazione mette in luce che il fronte di intervento più rilevante non è più all’estero, ma è quello di casa nostra. L’Italia è infatti il Paese dove viene messo in campo il numero più alto di progetti. Sono 917 quelli realizzati nel 2021 da 70 organizzazioni (vedi tabella in basso). All’estero si conferma il primato dei Paesi africani: Mozambico, Etiopia, Uganda, Kenya, RD Congo, Burkina Faso e Senegal restano i paesi dove le ong realizzano più progetti. Unici paesi non africani nella top 10 sono Libano e Siria. Educazione e istruzione restano i temi predominanti dei progetti delle ong, seguono l’emergenza, l’aiuto umanitario e la salute.


«Non deve stupire l’attività delle ong nei territori del nostro Paese», spiega il fondatore e curatore di Open Cooperazione, Elias Gerovasi «si tratta di una tendenza ormai consolidata e sicuramente in crescita dopo la pandemia. Sempre più organizzazioni si sono attivate sul fronte delle nuove povertà che il Covid ha accentuato: povertà educativa, alimentare e ultimamente anche energetica sono fenomeni molto diffusi e non riguardano più solo determinate categorie svantaggiate. Anche i dati Istat ci dicono che è in crescita importante il numero di persone che hanno casa, lavoro e famiglia, ma che non arrivano a fine mese».

Le risorse umane della cooperazione

A crescere però non è soltanto il valore economico delle ong, aumentano le risorse umane impiegate nel settore in Italia e all’estero sfiorando quota 26mila (4% in più del 2020) il 55% sono uomini e il 45% donne. Sono 4.120 gli operatori impiegati in Italia (37% uomini e 63% donne) e 21.753 quelli all’estero (58% uomini e 42% donne), di cui 2.274 italiani espatriati, i cosiddetti cooperanti. A questa community si aggiunge poi il preziosissimo contributo del lavoro volontario. I volontari attivi e volontari in Servizio Civile che hanno operato per le ong nel 2021 raggiungono quota 44.784, in crescita di oltre 9000 unità rispetto all’anno precedente.


Dai dati emergono anche le caratteristiche delle organizzazioni di cooperazione e aiuto umanitario all’interno del più ampio mondo del Terzo settore in evoluzione a seguito della riforma. Si evidenza quindi la crescita dell’adesione delle organizzazioni alle reti di rappresentanza del settore, il 34% delle ong fa parte di una rete e/o federazione, al primo posto in termini di adesioni c’è Aoi, L'Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, recentemente diventata Rete Associativa nazionale previsto come proprio dal testo della riforma.
«Il mondo non profit della solidarietà e cooperazione internazionale è composto da una pluralità di Organizzazioni della Società Civile, oggi infatti più che ong veniamo denominate Osc in linea con quanto avviene a livello internazionale dove si usa sempre più l’acronimo Cso (Civil Society Organisation)» spiega Silvia Stilli, portavoce della Aoi. «Parliamo di organizzazioni nate nelle parrocchie o nel mondo solidale associativo e cooperativo, nell’ambiente universitario o sindacale, legate alle comunità territoriali e con una capacità di coinvolgimento nelle proprie attività di giovani volontarie e volontari, gruppi di famiglie, anche adottive, cittadine e cittadini, insegnanti, medici, attiviste e attivisti sul tema della pace, dei diritti globali e dell’ambiente. Per questo le ong/osc fanno parte della famiglia del Terzo Settore italiano, dove si trovano da tempo a proprio agio e contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 in Italia così come nei paesi del sud del mondo»

In una noti si sottolinea come le ong si confermino pioniere in materia di accountability e trasparenza, otto anni dopo l’avvio dell’esperienza di Open Cooperazione continua ad aumentare la propensione delle organizzazioni alla cosiddetta disclosure dei dati anche grazie alle recenti Linee guida per la redazione del bilancio sociale degli enti del Terzo settore adottate dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali alle quali Open cooperazione si è recentemente allineato.

Inoltre, negli ultimi cinque anni è cresciuto di un ulteriore 8% il numero di organizzazioni che sottopongono il loro bilancio economico ad una certificazione esterna operata da auditor di revisione indipendente. Oggi il 92% delle ong con entrate superiori a 1 milione di euro ha un bilancio certificato.

In apertura un'immagine di Save the Children in Iraq – tutti i grafici sono di Open Cooperazione

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