Non profit

Registro unico del Terzo settore: perché non è un flop

A più di un anno dall'apertura ufficiale del Registro unico del Terzo settore, le nuove iscrizioni sono 8mila. Fra Odv e Aps, che già erano iscritte a registri regionali, la metà è ancora fuori. Nei fatti, su 360mila istituzioni non profit, solo 81mila sono già nel Runts. L'analisi di Luigi Bobba, presidente di Terzjus: «Ci sono luci e ombre, ma non è tempo di rallentare. Ecco tre proposte da introdurre nel 2023 per semplificare il processo di iscrizione»

di Luigi Bobba

A poco più di un anno dall’avvio del Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), è possibile fare un primo bilancio di questo strumento cardine della riforma? Quali sono le luci e le ombre emerse in questo primo anno di applicazione? E quali le azioni promozionali e i possibili correttivi da adottare?

Le risposte non sono univoche, ma certo non si può assecondare l’opinione di coloro che ritengono che lo strumento funzioni malamente e che sia poco attrattivo verso un gran numero di potenziali Enti del terzo settore.

Ma guardiamo ai numeri. L’Istat ci dice che le istituzioni non profit (Inp) in Italia sono più di 360mila. Una classificazione certamente meno puntuale e meno caratterizzante sul piano giuridico di quella di Ente del Terzo settore, in quanto presuppone unicamente il vincolo della non lucratività dell’organizzazione. Tra queste 360mila Inp, vi è anche un novero di organizzazioni che il Codice del Terzo settore (CTS) ha escluso dalla possibilità di qualificarsi come Ets. Si tratta delle formazioni e associazioni politiche, dei sindacati, delle associazioni professionali e delle associazioni di rappresentanza degli interessi e dei datori di lavoro: in tutto più di 44mila. Dunque la base di partenza dei potenziali Ets, ovvero di organizzazioni che potrebbero iscriversi al Runts qualora ne abbiano i requisiti, consiste in circa 315mila enti. Ed ecco la prima obiezione: ma se ad oggi gli enti iscritti al RUNTS sono poco più di 81mila, allora lo strumento non funziona bene e lascia fuori gran parte dei mondi associativi e di volontariato. In prima istanza, l’argomento potrebbe apparire convincente, ma ad un’analisi meno sommaria si rivela fallace e comunque non in grado di cogliere la complessità dell’operazione di passaggio da quasi 50 registri ad un unico registro nazionale.

Ma cosa è successo in questo 2022? Sono state messe in moto tre diverse operazioni. In primo luogo, è stata effettuata la trasmigrazione delle Aps e delle Odv dai vecchi registri regionali al Runts. Si tratta di più di 91.500 organizzazioni, di cui 51.457 sono state effettivamente trasmigrate e iscritte al Registro. Le restanti sono o in una fase di istruttoria non conclusa (circa 30mila), oppure hanno ricevuto un provvedimento di diniego all’iscrizione da parte dell’Ufficio del Runts della Regione competente per mancanza dei requisiti richiesti dal CTS (quasi 5mila) o, ancora, si sono ritirate. Poi, Infocamere ha provveduto a condividere con il Runts i dati di circa 24mila soggetti (in gran parte cooperative sociali, ma non solo) già iscritti nella sezione speciale delle imprese sociali del Registro tenuto dalle Camere di Commercio. Infine, a partire dal novembre 2021, è stato possibile presentare istanza di iscrizione al Runts per enti non presenti in nessun registro preesistente. Le domande sono state finora più di 16mila (il 75% sono state evase) e circa 8.500 “nuovi enti” di Terzo settore sono entrati nelle diverse sezioni del Registro con una prevalenza dei soggetti che hanno optato per la sezione delle Aps, ma anche con una presenza significativa – più del 25% – nella sezione “altri Ets”; dato sorprendente considerando che il legislatore aveva attribuito a tale sezione un carattere residuale. Forse, invece, la multiformità del mondo del Terzo settore e l’evoluzione dei modelli organizzativi sono all’origine del popolamento inaspettato di questa sezione del Runts. Per completezza, va anche segnalata la partenza degli enti filantropici e delle reti associative, due nuove categorie introdotte dalla Riforma. Dunque queste tre diverse operazioni hanno generato l’iscrizione di più di 81mila soggetti nel nuovo registro.


Una criticità da rilevare sta nel procedimento di trasmigrazione delle Aps e delle Odv, in quanto su 91.500 soggetti iscritti ai registri preesistenti ne mancano all’appello quasi 30mila. Da osservare altresì che l’afflusso delle nuove domande ha registrato una media di circa 1.400 istanze mensili nel periodo considerato e che negli ultimi mesi si è registrato un significativo incremento. Insomma, dal potenziale bacino degli Ets, vengono in emersione sempre più organizzazioni che decidono di iscriversi al Runts. Questo il quadro attuale. Resta però una considerevole distanza tra questi 110mila Ets reali e le circa 200mila Inp che potrebbero – il condizionale è d’obbligo – avere i requisiti per entrare nel perimetro del Terzo settore e che finora sono rimasti in “sala di attesa”.

Quali sono le ragioni e cosa potrebbe accadere nel 2023? Innanzitutto vi è un sottoinsieme – quello delle 22mila Onlus – che è effettivamente rimasto in mezzo al guado. Non disponiamo di dati puntuali di quante Onlus hanno già proceduto all’iscrizione, ma le stime ci dicono che i numeri sono di modeste dimensioni. La ragione principale risiede nel fatto che non è ancora stata completata la procedura di autorizzazione da parte della Ue di alcune norme riguardanti il nuovo regime fiscale degli Ets. Qualcosa di analogo è accaduto per gli enti ecclesiastici, anche se una recente modifica normativa ha definitivamente chiarito il regime fiscale applicabile al patrimonio destinato alla creazione di un ramo Ets. Pertanto, nel 2023, potrebbe verificarsi un incremento significativo di tale opzione. Più complessa la situazione delle associazioni sportive dilettantistiche (Asd). Secondo il censimento dell’Istat rappresentano circa un terzo del totale delle Inp e dalle stime che circolano, solo un numero ristretto si è iscritto al Runts: per quali ragioni? Innanzitutto va osservato che la riforma del Terzo settore si è temporalmente incrociata con la riforma dello sport e non sempre le norme sono state tra loro coordinate, generando non poca confusione. In secondo luogo, fin dall’inizio, molte realtà sportive hanno avanzato riserve nell’aderire al Runts in quanto sarebbero obbligate a scegliere tra il nuovo regime fiscale degli Ets e quello – oggi in vigore – della legge 398 che consente alle Asd di utilizzare un regime Iva particolarmente vantaggioso. Obiezione che, peraltro, riguarda solo quella parte di Asd che si avvalgono della legge 398 (la stima è di circa il 25%). Infine, nel mondo delle Asd vi è un’effettiva differenziazione fra quelle che aderiscono agli Enti di promozione sportiva (Eps) e quelle che sono affiliate alle federazioni riconosciute dal Coni. Tra le prime, in effetti, vi è un certo fermento suscitato dall’impulso degli Eps (in larga parte riconosciuti come reti associative dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali) che stanno lavorando per valorizzare la precipua finalità sociale della pratica sportiva promossa dalle Asd a loro affiliate. Maggior freddezza, se non distanza, si rileva invece nel mondo delle federazioni sportive orientate primariamente non tanto alla dimensione sociale dello sport ma a quella agonistica. Certo, un contributo numerico rilevante potrà originarsi dalle scelte che questo mondo farà nel corso del 2023.

In sintesi, il processo presenta luci ed ombre ma non è tempo di rallentare il passo, semmai di accelerarlo, migliorando e semplificando le modalità di accesso al Runts, in particolare facilitando e accompagnando quel vasto mondo di piccole realtà associative e di volontariato che si sono trovate in difficoltà nel passaggio ad una modalità interamente telematica di iscrizione al registro. Anche la ricerca condotta da Terzjus con Italia non profit nella primavera di quest’anno – pubblicata nel Terzjus Report 2022 – ha evidenziato che le maggiori difficoltà si rilevano tra le organizzazioni di più piccole dimensioni e tra quelle non collegate ad una rete associativa.

Per tale ragione, suggerisco alcune proposte volte a semplificare il processo di iscrizione e di aggiornamento ricorrente dei dati in modo da non lasciare per strada nessuno di coloro che intendano accedere al Runts. Va ricordato infatti che le diverse opportunità previste dalla riforma (5 per mille, detrazioni e deduzioni per i donatori, accesso ai finanziamenti dell’art.72 del CTS, nuove procedure di coprogrammazione e coprogettazione con la Pa, social bonus, ecc…) sono riservate unicamente agli iscritti al Runts. Pertanto sarebbe necessario introdurre nei primi mesi del 2023 tre semplici modifiche:

  • innanzitutto consentire di delegare, anche dei soggetti esterni (adeguatamente qualificati) agli organi degli Ets, la possibilità di effettuare l’aggiornamento dei dati dell’Ets iscritto al Registro;
  • in secondo luogo, cancellare l’obbligo di firma digitale sul bilancio per tutti gli Ets con importi inferiori a 220mila euro, coerentemente con il fatto che già le norme del CTS per questi enti (che sono la stragrande maggioranza) sono più leggere e semplici rispetto agli Ets che superano tale soglia;
  • infine, consentire alle reti associative di dispiegare totalmente il loro potenziale di catalizzatore dei propri aderenti, attribuendo alle stesse la possibilità di trasferire in modo massivo tutti i dati raccolti e verificati dei loro associati.

Tre modifiche orientate alla semplificazione, a norme meno cogenti per gli enti più piccoli e alla valorizzazione del ruolo delle reti e dei Csv ai quali la riforma ha attributo compiti e funzioni non solo di rappresentanza, ma prima di tutto di servizio e promozione.

Come ogni riforma processuale richiede tempo, ma anche perseveranza in modo che non vada perso di vista l’obiettivo finale: avere un sistema trasparente, affidabile e facilmente utilizzabile dalla Pa, dalla generalità dei cittadini e dalle imprese profit per premiare e sostenere gli Ets che, svolgendo attività di interesse generale, perseguono effettivamente finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

*Luigi Bobba è presidente di Terzjus

Nelle immagini, alcune delle slide presentate al Consiglio nazionale del Terzo settore del 20 dicembre 2022

Foto di Hans-Peter Gauster su Unsplash

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