Economia

Coprogettazione, il rischio da evitare

«Occorre far sì che il modello sia inclusivo e non favorisca alcuni soggetti a scapito di altri». L'intervento dell'economista docente della Scuola Quadri Terzo Settore

di Leonardo Becchetti

Cittadinanza attiva e partecipazione sono parole chiave nella logica dell’economia civile dove i problemi si risolvono a quattro mani. Oltre il liberismo estremo dove sono solo i meccanismi di mercato a intervenire e un dirigismo dall’alto dove è lo Stato l’unico attore in presenza di fallimenti del mercato, la logica delle quattro mani spiega come senza l’intervento della cittadinanza attiva e delle imprese responsabili la politica economica sia monca.

I canali sono quelli del voto col portafoglio (le scelte di consumo e risparmio responsabili), della gestione dei beni comuni e della co-programmazione e co-progettazione. Le istituzioni lasciate sole, così come il mercato, falliscono per molti motivi, tra i quali l’incompletezza delle informazioni e obiettivi strategici diversi da quelli del bene comune. Il ruolo migliore che possono giocare è quello di essere levatrici delle energie più innovative della società civile riconoscendo socraticamente di non sapere tutto e creando percorsi d’intelligenza collettiva nei quali mettono attorno al tavolo attori con esperienza e competenze nella gestione dei problemi. È quello che sta accadendo in una situazione di emergenza come quella della gestione dei flussi di rifugiati dall’Ucraina con la Protezione Civile che sta coordinando le operazioni assieme al Forum del Terzo settore e dunque con le organizzazioni della società civile che hanno più storia ed esperienza in materia. È quello che dovrebbe accadere e non sempre accade, tra mille difficoltà, nella gestione di alcune partite chiave del Pnrr relative al welfare, alla legalità e ai servizi alla persona. Una spinta in questa direzione è arrivata con la sentenza della Corte Costituzionale del 20 maggio 2020 (pubblicata il 26 giugno 2020) che spiega come «gli enti di Terzo settore, in quanto rappresentativi della “società solidale” (…) sono in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (…) sia un’importante capacità organizzativa e di intervento».


Se tutti oggi sono convinti che la co-programmazione e la co-progettazione siano il futuro, il problema centrale è come evitare che la co-programmazione crei meccanismi collusivi che favoriscono alcuni attori a scapito di altri. La creazione di tavoli il più possibilmente ampi e rappresentativi senza esclusioni, e la costruzione condivisa di percorsi che non eliminano possibilità di accesso e partecipazione di tutti gli attori in causa, sono le sfide fondamentali.

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