Famiglia

Don Mazzi: «Il carcere minorile va abolito»

Dei 7 ragazzi evasi il giorno di Natale dall’istituto penale per i minorenni Cesare Beccaria di Milano, quattro sono ancora ricercati. «Il carcere minorile dovrebbe essere un “pronto soccorso” per i ragazzi», spiega il presidente di Fondazione Exodus. «Devono starci al massimo qualche ora e poi devono essere indirizzati in strutture rieducative organizzate in piccoli gruppi. E sia chiaro: i ragazzi non devono scontare nessuna pena, ma confrontarsi con i loro errori»

di Anna Spena

Dei 7 ragazzi evasi il giorno di Natale dall’Istituto Penale per i minorenni Cesare Beccaria di Milano, quattro sono ancora ricercati. I ragazzi, dai 17 ai 19 anni, avrebbero approfittato dei lavori in corso per aprirsi un varco nella recinzione e poi scavalcare il muro di cinta. «Dobbiamo fare una riflessione seria», dice don Antonio Mazzi, presidente di Fondazione Exodus. «Il carcere minorile, così com’è sviluppato oggi, non funziona. Non va bene. Il carcere minorile dovrebbe essere un “pronto soccorso” per i ragazzi. É un sos in cui i ragazzi devono stare poche ore, al massimo un giorno. E qui uno staff di specialisti ed educatori dovrebbe poi indirizzarli verso strutture diverse».

Una soluzione potrebbero essere le comunità per minori? «Assolutamente no», spiega don Mazzi, «quelle sono un’altra cosa e sarebbe sbagliato confondere piani, difficoltà ed esigente diverse. Abbiamo bisogno di strutture piccole – massimo tre ragazzi alla volta – con educatori preparati ad accogliere questi ragazzi. E sia chiaro, non parliamo di strutture penitenziare, ma rieducative. I ragazzi devono scontare errori, non pene. Dobbiamo anche cambiare linguaggio se vogliamo impegnarci per una trasformazione reale, quindi la parola pena va abolita. Aggiungo che ipotizzare un numero dispari di ragazzi per ogni struttura non è una scelta casuale, le coppie non vanno mai bene».


Dopo la fuga nella struttura è montata una protesta. In un reparto i detenuti hanno appiccato il fuoco ad alcuni materassi. «Molti dei ragazzi che abbiamo noi in comunità arrivano dal carcere», aggiunge don Mazzi. «Se gli fosse stata data l’opportunità di fare un percorso direttamente fuori dal carcere le cose sarebbero andate meglio per loro. Sono anche convinto che gli errori che i ragazzi fanno da giovani non devono essere considerati dal punto di vista penale, ma solo rieducativo. Perciò l’idea stessa del carcere per minori si deve superare E se posso aggiungere: i ragazzi scappano sempre dalle comunità, poi tornano. Tutta questa attenzione mediatica per i 4 che sono ancora ricercati rischia solo di trasformarli in degli eroi agli occhi degli altri».

La Fondazione ha avviato nel 2020 il progetto “Pronti, Via!”, selezionato dell’impresa Sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Un intervento quadriennale per dare una risposta psico-socio-educativa a minori sottoposti a misure restrittive da parte della Autorità giudiziaria, attraverso il modello “Carovana”, una intensa esperienza educativa itinerante che fa parte del Dna di Exodus e che mira a diventare proposta strutturata integrata dei servizi giustizia minori. In pratica i ragazzi scontano una parte della loro pena in viaggio, anzichè in carcere. Il progetto è nato «per creare delle soluzioni diverse per questi ragazzi che sbagliano, per fargli concretamente vedere che gli errori si possono riparare, non con misure repressive ma trovando delle modalità educative attraverso il viaggio, attraverso l’avventura educativa di un viaggio», spiega don Mazzi.

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