Formazione

Una tenacia da Pulitzer

Due albanesi disperati, nessuno ha ascoltato la loro storia: aspettavano un gommone dall’Albania, partito e mai arrivato. Solo un cronista del Quotidiano di Lecce,gli crede e indaga.

di Mara Mundi

«È toccato al Quotidiano trasformare una drammatica testimonianza, raccolta subito dopo Capodanno, in un?appassionata inchiesta giornalistica? La testimonianza di alcuni parenti di un giovane, che avrebbe dovuto compiere la traversata a bordo del gommone ?fantasma?, era povera di elementi certi, ma non per questo è stata lasciata cadere. Anzi, da lì è partito un lavoro svolto per molti giorni in solitudine? avremmo preferito, nel fare il nostro dovere, avere torto: avremmo voluto che le attente verifiche avessero, infine, smentito la tragedia di fine anno con la sua scia di vittime. Purtroppo così non è stato». Adelmo Gaetani firma il lungo editoriale di prima pagina del Quotidiano di Lecce. È lunedì 17 gennaio. La sera prima la Guardia di Finanza di base a Durazzo ha recuperato i resti del gommone scomparso, a poche miglia dall?isola di Saseno, in acque albanesi. Cinquantanove morti. Una grande tragedia, ignorata da tutti, per giorni e giorni. Due deboli voci A rompere il silenzio solo le deboli voci di due albanesi che chiedevano di intervenire. Erano quelle di due fratelli del Paese delle Aquile, che da diversi anni vivono e lavorano a Siena. Erano le voci disperate di Entela e Shpetim Lumani. Attendevano l?arrivo del cugino Genci, 28 anni, partito da Valona alle ore 22.00 del 30 dicembre e mai arrivato sulle coste tarantine. Il primo gennaio, stanchi di aspettare, si erano rivolti alla Capitaneria di Porto di Bari, formalizzando la denuncia. Poi, quelle stesse flebili voci, rotte dal pianto e dalla disperazione, avevano provato ad interessare gli organi di informazione, per scuotere l?opinione pubblica ed accelerare gli interventi. Il circo dei media Ma nessuno presta ascolto a quella storia. Vi sembra che il circo dei media così prono a uffici stampa e di pr possa dare ascolto ai lamenti di due extracomunitari per di più albanesi? Come dar credito a due albanesi immigrati quando tutte le altre fonti istituzionali smentiscono? Entela non si arrende. Continua ad informare le capitanerie di porto e la polizia di frontiera italiana di tutta la costa adriatica. Entela continua a bussare alle porte delle redazioni. Quando arriva a Lecce, nell?elegante palazzo del centro salentino, è il 3 gennaio ed Entela sta per esaurire ogni speranza in un interessamento vero da parte di qualcuno. Ad aprirle la porta del Quotidiano è Lino De Matteis: cronista del giornale diretto da Giancarlo Minicucci. Da oltre dieci anni inviato al di là dell?Adriatico, De Matteis conosce molto bene la sanguinosa terra dei Balcani. Conosce la sua gente, i forti legami familiari che li tengono uniti. Conosce le loro usanze. Sarà lui per tredici, lunghissimi giorni, ad occuparsi della misteriosa storia del gommone disperso. Sarà lui a lanciare un?approfondita inchiesta. Saranno quelle puntuali, instancabili colonne che riempiono, per settimane, le pagine di un piccolo quotidiano di provincia a fare aprire due indagini, dalle Procure di Lecce e di Tirana. «Dietro gli occhi di Entela c?era la verità», dice il giornalista pugliese. «Ecco perché le ho dato credito e già dal 4 gennaio abbiamo deciso di pubblicare quella storia. Il primo giorno lo abbiamo fatto con cautela, scegliendo comunque di rischiare. Tutti i colleghi mi hanno appoggiato a cominciare dal direttore. C?è voluto coraggio. La probabilità di prendere un granchio era elevata, ma loro hanno creduto in me e nelle mie sensazioni. Noi pensiamo che gli immigrati non possano essere clandestini in tutto. Anche nella morte. Non sono fantasmi», aggiunge Lino De Matteis. «Il nostro impegno è stato prima di tutto un impegno civile, oltre che giornalistico». Si alternano umori assai diversi nella redazione del Quotidiano in quelle due lunghe settimane. Entusiasmi, timori, rabbia? e infine tanto dolore per quelle 59 vittime quasi dimenticate. Il pianto di quei due albanesi Ecco la cronistoria di quei giorni, raccontata attraverso le pagine del Quotidiano di Lecce. Martedì 4 gennaio 2000: «Scafo scomparso, una traccia». Titola così il primo articolo dedicato alla triste vicenda. «? Le fonti ufficiali non confermano e non smentiscono nulla», scrive De Matteis, «ma qui in Italia una ragazza e suo fratello stanno girando in lungo e in largo la costa adriatica, sporgendo denunce e raccontando la loro storia a giornali e televisioni che non li vogliono ascoltare?». «Non so se fu la disperazione a spingerli a bussare, come ultimo tentativo anche alla porta della nostra, piccola, redazione», ricorda De Matteis, «erano stati respinti in quella stessa giornata anche dai colleghi de La Gazzetta del Mezzogiorno, che probabilmente avevano trovato la loro storia troppo campata per aria». Eppure a De Matteis e a qualche suo collega il dolore degli albanesi appare vero, nei loro occhi non vedono traccia di menzogna, e poi, ragionano, perché avrebbero dovuto inventarsi quella storia ed esporsi all?attenzione dei media? E si intravede anche una traccia concreta di cui si parla nel pezzo, è quella fornita da un cellulare che aveva con sé uno degli scomparsi. «Il Gsm è rimasto collegato alla rete telefonica albanese? È possibile localizzare con una buona approssimazione il telefono. Ma per ottenere quei dati è necessaria una richiesta dell?autorità giudiziaria e quindi un?inchiesta che nessuna Procura ha ancora aperto sulla scomparsa». Perché non provare, chiedevamo, a verificare? Via all?inchiesta L?11 gennaio, una settimana dopo il primo articolo, non solo la Procura di Lecce aprirà un?inchiesta, acquisendo gli articoli del Quotidiano, ma predisporrà anche la localizzazione dei cellulari dei dispersi, accogliendo quindi il suggerimento lanciato dalle pagine del giornale salentino. Passano i giorni. Lino De Matteis continua il suo lavoro di indagine: contatta la polizia di frontiera; esclude la sovrapposizione con l?altro gommone, naufragato la stessa notte e soccorso da una nave turca; con l?aiuto di Entela contatta a Pogradec altri parenti dei clandestini e raccoglie testimonianze in ambienti vicini agli scafisti. «Ho lavorato con fonti non ufficiali, ma vere», ci dice De Matteis, «E solo allora ho deciso di pubblicare nomi e testimonanze». Poi, il giorno stesso in cui Aldo Petrucci, procuratore capo di Lecce, apre un?inchiesta, il sottosegretario agli Interni, Alberto Martitati, allerta la Polizia e l?ambasciatore italiano a Tirana. Il 13 gennaio, sul gommone scomparso inizia ad indagare anche la Procura albanese. Domenica 16, infine, la macabra scoperta. Il giorno dopo, Lino De Matteis firma il tragico epilogo di tutta la lunga faccenda: «Risolto il giallo del gommone: sono tutti morti i 59 passeggeri». E lunedì 17 gennaio, De Matteis non è più solo. Tutti i giornali aprono con quella brutta storia, perché ora non sono più Entela e Shpetim a dire che un gommone è naufragato. Ma è scritto su una nota della Guardia di Finanza. E solo ora fa notizia. Tre giornali in uno Un quotidiano, anzi tre. Il giornale a cui si deve l?inchiesta del Canale di Otranto ha redazioni a Lecce, Taranto e Brindisi. Venticinquemila copie vendute in tutte e tre le province, tiratura abbondantemente lievitata dopo l?inchiesta sugli albanesi scomparsi. Diretto da Giancarlo Minicucci, il Quotidiano conta, a Lecce, circa 25 agguerriti redattori, che devono fronteggaire la concorrenza della ben più potente Gazzetta del Mezzogiorno. Il giornale, che è recentemente passato al gruppo Caltagirone (Il Messaggero, Il Mattino), ha festeggiato da poco i suoi 20 anni di vita.


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