Salute

Dipendenze, il supporto del digitale

L'Istituto Europeo Dipendenze-Ieud lancia un'app per consentire ai pazienti di condividere in tempo reale i propri dati clinici con gli specialisti che li hanno in cura. Closer, questo il nome dell'applicazione, sarà lanciata a gennaio, con una campagna firmata da Oliviero Toscani

di Redazione

Usare tecnologie digitali e analisi dei dati per comprendere il comportamento relativo alla salute delle persone e fornire così risposte terapeutiche personalizzate.

È la Digital health che ora trova un’applicazione anche al trattamento delle dipendenze patologiche. Un’opportunità che aiuta a ripensare un sistema di cura oggi inadeguato ad intercettare alcune tipologie di dipendenza, come il consumo di alcol, cocaina, farmaci oltre che pornografia, sesso e gioco d’azzardo. Un sistema che è inadeguato anche perché impressionanti sono i numeri delle persone esposte al rischio di queste dipendenze: in Italia, secondo i dati del dipartimento delle Politiche Antidroga ed Istituto Superiore di Sanità, si stimano 5 milioni di consumatori a rischio di bevande alcoliche, 700mila consumatori di cocaina di cui 180mila solo in Lombardia e quasi 6 milioni di consumatori di cannabis. Per questo è importante considerare le potenzialità della Digital health: oltre alla possibilità di raggiungere numeri di persone molto più ampi e su territori anche lontani da centri urbani, è uno strumento che aiuta a superare la resistenza a mettersi in cura, per timore dello stigma che ne deriva. la maggior parte delle persone ha la tendenza a nascondere le proprie problematiche e a non parlarne apertamente per motivi sia di vergogna sia di paura del giudizio altrui.

A Milano e Torino è operativo un istituto che ha investito su questa filosofia e che si appresta a proporre uno strumento innovativo per sostenere i percorsi di cura di chi è affetto da una di queste dipendenze. Si tratta dell’Istituto Europeo Dipendenze-Ieud, fondato a Milano nel 2016, e che si caratterizza per percorsi di cura “da casa”, facendo ricorso alle nuove tecnologie. L’ultimo passo in questa direzione è rappresentato dal una app, Closer che consente un continuo scambio di informazioni fra il paziente e i diversi specialisti coinvolti nel progetto di cura.

«Il problema della dipendenza è particolarmente complesso perché chiama in causa tutte le caratteristiche della persona, della sostanza o stimolo e dell’ambiente esterno», spiega Emanuele Bignamini, referente scientifico di Ieud. «Disporre di più informazioni clinicamente rilevanti consente di migliorare la comprensione del problema ed i nuovi strumenti digitali facilitano lo sviluppo di un ruolo attivo del paziente e, dove opportuno, della sua famiglia, nella relazione di cura a beneficio del percorso intrapreso». Closer in sostanza è un facilitatore che mette la persona nelle condizioni di avere uno specialista “sempre in tasca”. Per questi «amplifica la portata e l’impatto della terapia fino a renderla potenzialmente accessibile anche nei momenti di maggior bisogno».

Una delle potenzialità della app è quella di un allargamento territoriale, grazie al coinvolgimento di una rete di specialisti. Già a gennaio la rete sarà operativa a Roma, Napoli, Bologna, Palermo, Catania, Brescia, Bari e Como.

«A chi si rivolge questa offerta terapeutica? A tutte le persone affette da qualsiasi dipendenza, esclusa l’eroina: quindi cocaina, alcol, farmaci, cannabis, gioco d’azzardo ed altre. È un approccio che garantisce riservatezza e quindi stimola anche chi è più restio ad iniziare dei percorsi di cura», rispondo allo Ieud

Per il lancio della app è sceso in campo un testimonial d’eccezione, Oliviero Toscani, che ha immaginato uno slogan provocatorio Decidi tu se vivere o morire.

La foto in apertura è di George Pagan III su Unsplash

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.