Non profit

Senza profitto ma con un progetto

Il non profit è chiamato a pensare, utilizzando tutte le competenze necessarie.

di Silvia Nidasio

Progettare è diventata un’abitudine e, prima ancora, una parola d’ordine ricorrente in tutti i contesti lavorativi, non ultimo nel campo sociale. Progettare è un’attività necessaria, richiesta, raccomandata perché, pur tra mille difficoltà di realizzazione, avere un progetto scritto si rivela utile a chiarire situazioni, aspettative, ruoli e risultati attesi, cosi che il lavoro risulti organizzato in modo da raggiungere gli obiettivi sperati. Pensare e poi realizzare un progetto nel sociale è un compito particolarmente complesso perché: 1) generalmente si tratta di produrre servizi rivolti a persone, siano esse singole o riunite in categorie; 2) ogni volta vengono coinvolti diversi soggetti, individui, gruppi, organizzazioni, istituzioni, che assumono un ruolo attivo o passivo nello svolgimento delle attività, decretando la buona riuscita o il fallimento delle iniziative; 3) si agisce “qui ed ora”, in una realtà mutevole, per cui occorre inventare o riadattare degli strumenti precedentemente utilizzati, di solito con successo, per seguire l’evolversi delle situazioni e le tipologie di utenti attuali; 4) spesso la realizzazione dei piani ideati dipende da un finanziamento esterno che va ricercato e conquistato. . Cognizione della realtà Visto il complesso di problematiche entro cui ci si trova ad agire, occorre ripensare il proprio ente come organizzazione flessibile che, in quanto tale, sia capace di fotografare la realtà, individuandone i problemi per studiare delle soluzioni attraverso l’elaborazione di progetti specifici, intesi come strumenti privilegiati per connettere le diverse attività da svolgere agli obiettivi che sono stati scelti. Redigere un progetto è un’operazione che risponde a più finalità e porta contemporaneamente a numerosi vantaggi: 1) per accedere a fonti di finanziamento, nazionali o a livello comunitario, occorre presentare elaborazioni scritte circa i propri intenti e, normalmente, anche quando si realizza una campagna di raccolta fondi verso privati è bene presentare al pubblico un progetto che chiarisca quali competenze si mettono a disposizione, in quanto tempo si pensa di raggiungere l’obiettivo dichiarato, e quante persone beneficeranno dell’iniziativa; 2) poiché le risorse finanziarie sono scarse, occorre, a volte, cercare di coinvolgere nella realizzazione, specie di nuovi servizi magari particolarmente complessi o con un vasto potenziale bacino d’utenza, più organizzazioni pubbliche e private, così da costruire una rete di servizi; 3) per intervenire in certe situazioni in modo efficace, occorre operare avendo a disposizione diverse competenze, e quindi diversi professionisti (medici, psicologi, sociologi, educatori, assistenti sociali, ecc.), che spesso partono da convinzioni personali e culturali molto distanti, per cui diventa condizione imprescindibile confrontarsi e discutere, partendo dalla bozza del progetto che vedrà tutti co-protagonisti. Una volta scritto il progetto, questo documento costituirà una guida pratica per tutti gli operatori che collaboreranno alla sua realizzazione, e sarà il punto di riferimento per la verifica del raggiungimento degli obiettivi prefissati, nonché rappresenterà il termine di paragone per chi, in seguito, vorrà trarre spunto da un’esperienza già realizzata per adattarla a contesti simili. L’ideazione Qualunque attività di progettazione parte da un’idea, dal “sentire” che un particolare disagio può essere eliminato o diminuito, dal desiderio di agire per migliorare una situazione o per evitare che un problema arrivi a manifestarsi in modo drammatico. L’input iniziale, quindi, risiede nella volontà e nella fantasia degli operatori i quali, però, normalmente, sono mossi e ispirati da una domanda precisa che vedono emergere dalla comunità, nel territorio. Questo legame con la realtà fa sì che il servizio realizzato sia davvero adeguato alle richieste, esplicite o implicite, ai bisogni e ai desideri dei destinatari del progetto. è importante per gli operatori-ideatori non essere autoreferenziali, ma essere attenti alle situazioni concrete, anche per essere sicuri che le domande raccolte siano quelle che davvero stanno a cuore agli utenti e non siano, invece, le richieste che gli utenti ritengono di poter rivolgere a quella particolare organizzazione che offre quei determinati servizi. Un rischio, infatti, È quello di presentare progetti molto simili ai precedenti o a quelli di altre organizzazioni perché si è così quasi certi di ottenerne l’approvazione e il finanziamento, e cosi non si sperimentano delle novità, né si accolgono le richieste più urgenti. L’attivazione Partendo da un’idea ritenuta valida, ha inizio la fase in cui si cercano le risorse, umane e finanziarie, per la sua realizzazione. Generalmente si comincia con il comunicare le proprie intuizioni agli altri membri dell’organizzazione con i quali si discute dell’utilità e della fattibili dell’iniziativa. Utilizzare le professionalità Occorre sensibilizzare e coinvolgere nella progettazione alcune professionalità e ruoli cruciali interni ed esterni alla propria organizzazione e, contemporaneamente, si devono reperire informazioni, dati ed esperienze precedenti inerenti l’ambito in cui si vuole agire. In questo modo si effettua una stima circa l’ampiezza territoriale e il numero di individui-utenti cui si dovrà offrire il nuovo aiuto, cosi da poter decidere se e quali altre organizzazioni, pubbliche e private, coinvolgere nell’azione. Con tutti coloro che si stabilisce di dover riunire per la progettazione, si arriverà a definire l’oggetto di lavoro, cioè i problemi specifici di cui ci si farà carico. L’altro elemento critico che richiede concertazione è l’obiettivo finale, il risultato che ci si attende dalle varie attività previste. Esso può essere la soluzione o la riduzione di un problema percepito, ma comunque deve tradursi in creazione di valore per i clienti. (1.continua) Silvia Nidasio I fondi dell’UE Una recente riforma ha razionalizzato l’utilizzo dei fondi europei, riorganizzandone anche gli “obiettivi”. OBIETTIVO 1 mira a promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo e il cui il Pil medio pro capite è inferiore al 75% della media europea. OBIETTIVO 2 punta a favorire la riconversione economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali: in generale esso riguarda le zone in fase di trasformazione economica, le zone rurali in declino, le zone in crisi che dipendono dalla pesca e i quartieri urbani in difficoltà. OBIETTIVO 3 raggruppa tutte le azioni a favore dello sviluppo delle risorse umane al di fuori delle regioni interessate dall’obiettivo 1. Ridotte, da 13 a 4, le iniziative comunitarie da 13 a 4. INTERREG: è finalizzata a stimolare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale; LEADER: che mira a promuovere lo sviluppo rurale attraverso iniziative di gruppi d’azione locali; EQUAL: sostiene la lotta contro le discriminazioni e le ineguaglianze nell’accesso al mercato del lavoro; URBAN: che favorisce la rivitalizzazione economica e sociale delle città e delle periferie in crisi.


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