Welfare

Manovra di Bilancio, 6 milioni al lavoro per i detenuti

Se le cose restano così e passerà nella prossima legge di Bilancio, il provvedimento andrà a integrare - a distanza di 22 anni dall’entrata in vigore - la legge “Smuraglia”. Che ancora oggi insieme ai relativi benefici economici e sociali risulta poco conosciuta e applicata per avviare al lavoro i detenuti. Boscoletto, cooperativa Giotto: «Bene se approvati questi 6 milioni, ma con la pandemia, che fine hanno fatto i 15 milioni che già supportavano la "Smuraglia"»?

di Luca Cereda

Mentre il bilancio dei suicidi in carcere sale a 81 dall’inizio dell’anno – l’ultimo è un trentenne che si è impiccato a Rebibbia a Roma e che avrebbe estinto a luglio la pena di due anni subita per concorso in rapina – alla Camera, in commissione Bilancio, l’onorevole Riccardo Magi (+Europa) è riuscito a trasformare in favorevole il parere inizialmente contrario del governo e dei relatori della manovra finanziaria – la leghista Comaroli, Pella di Forza Italia e Trancassini di FdI – sull’emendamento che rifinanzia il fondo per il lavoro di detenuti ed ex detenuti.

Dall’anno prossimo 6 milioni di euro annui saranno «destinati al rifinanziamento della "Legge Smuraglia” che prevede incentivi fiscali e contributivi alle aziende che forniscono occasioni di lavoro e corsi formativi finalizzati all’assunzione di detenuti ed ex detenuti». Dopo l’invito al ritiro con il parere contrario di governo e relatori, l’emendamento Magi è stato accantonato e solo all’ultimo il governo ha cambiato idea, i deputati della commissione Bilancio hanno finalmente approvato la norma che incrementa «l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 6 comma 1 della legge 22 giugno 2000 numero 193». La legge in questione infatti favorisce «l’attività lavorativa di persone appartenenti alla categoria di svantaggiate, tra le quali sono compresi i detenuti e gli internati, gli ex detenuti e gli ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro esterno, i tossicodipendenti e i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare».

Il finanziamento è coperto dal fondo che la stessa legge di Bilancio in via di approvazione ha istituto all’articolo 152 comma 4, «nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze», con una «dotazione – si legge nel testo – di 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023, per la copertura degli interventi di competenza dei Ministeri in coerenza con gli obiettivi indicati nella manovra di bilancio». Dotazione che si riduce così di 6 milioni annui.

«È un piccolo passo – sintetizza Magi, presidente di +Europa – che serve però a rafforzare nella sostanza la finalità rieducativa della pena prevista dalla nostra Costituzione. Un’ottima notizia alla quale deve seguire l’attività anche a livello territoriale volta a informare tutte le realtà produttive di questi vantaggi».

Ad oggi il lavoro per i detenuti, soprattutto quello formativo e professionalizzante svolto fuori dalle mura dell’amministrazione penitenziaria, è ancora una possibilità concreta per pochi. Dalla rilevazione dei dati si evince che, a fine giugno 2022, i detenuti coinvolti erano solo il 4,5% di quelli presenti negli istituti (2.473 su 54.841). «Innanzitutto bisogna capire se il provvedimento sarà anche nella forma definitiva della legge di Bilancio. Ma penso sia importante ricordare che in questi anni di pandemia il potenziale della legge Smuraglia è stato ridotto: prima della pandemia per avviare percorsi di lavoro con detenuti ed ex detenuti erano stanziati 15 milioni di euro. Più che sufficienti per le posizioni aperte e i contratti stipulati. Questi 6 milioni vanno ad aggiungersi a quei 15? Oppure integrano tagli passati sotto silenzio per via della pandemia e per la riduzione o l'annullamento di opportunità lavorative per i detenuti. Su questo attendiamo risposte dal Dap – il dipartimento di amministrazione penitenziaria -».Nicola Boscoletto, presidente e fondatore della cooperativa sociale Giotto che opera nel carcere di Padova.


Questo passaggio è fondamentale anche perché senza lavoro, «dal carcere le persone escono peggiori di come sono arrivate. Questo è un fallimento e non si può far finta di niente. Il carcere oggi è come un hotel al contrario: in albergo per far tornare il cliente lo tratti bene, in carcere per farli tornare, li tratti male. È questo che si fa nei nostri penitenziari. Il carcere, intenso come sistema e per come funziona, è un costante ostacolo al suo stesso progetto di rieducazione dei condannati, lo si è visto anche nel modo, non solo alla prim’ora dell pandemia, ma soprattutto nei mesi successivi, in cui ha tenuto fuori i volontari» aggiunge Boscoletto.

Eppure il lavoro in carcere converrebbe: quanto agli sgravi contributivi, la legge 22 giugno 2000, n. 193 “Smuraglia” dispone la riduzione del 95% delle aliquote per l’assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute per i detenuti o internati assunti all’interno degli istituti penitenziari da parte di imprese private e cooperative o ammessi al lavoro all’esterno presso cooperative. Il beneficio fiscale consiste in un credito d’imposta per ogni assunto (nei limiti del costo sostenuto) di 520 euro al mese per i detenuti e di 300 euro per chi è in semilibertà. Per gli assunti part-time, lo sconto è proporzionale alle ore lavorate.

La norma prevede delle regole affinché i detenuti possano svolgere l’attività, sia dentro che al di fuori dagli istituti di pena. Per assumerli è necessario stipulare un’apposita convenzione con la direzione dell’istituto penitenziario e presentare una dichiarazione di interesse (anche con indicazione nominativa) alla direzione del carcere. La durata del contratto deve essere di almeno 30 giorni e la retribuzione non inferiore a quanto disposto dai contratti collettivi.

Possono accedere alle agevolazioni anche le imprese che svolgono attività di formazione nei riguardi dei detenuti, a patto che, subito dopo la formazione, ci sia un’assunzione di durata almeno tripla rispetto al periodo di formazione stesso, e per il quale l’impresa ha goduto dello sgravio. Una condizione essenziale è che il rapporto di lavoro abbia inizio mentre il soggetto si trovi in stato di detenzione. Sono previste agevolazioni anche per i diciotto mesi successivi all’uscita dal carcere, per chi ha beneficiato della semilibertà o del lavoro esterno. Durata più lunga (ventiquattro mesi dopo la fine della detenzione) per chi non ha beneficiato della semilibertà o del lavoro all’esterno.

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