Non profit

Donazioni per il Covid-19, chi ha rendicontato e chi no

Secondo l’Autorità Nazionale Anticorruzione-Anac da parte delle pubbliche amministrazioni c’è «una generalizzata carenza di pubblicazione della rendicontazione» delle donazioni ricevute per il Covid-19. D'altro canto i dati delle dichiarazioni dei redditi del 2021 attestano donazioni per oltre 203 milioni di euro fatte dagli italiani. Il punto

di Sara De Carli

Un miliardo di euro in donazioni per gestire l'emergenza Covid: era la stima del nostro Italy Giving Report di un anno fa. Oggi abbiamo un dato in più: quello degli oltre 203 milioni di euro donati dagli italiani per superare l’emergenza Covid e portati in dichiarazioni dei redditi. È la cifra che emerge dai dati del Ministero dell’Economia e delle finanze relativi alle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2021, senza dubbio solo una piccola parte del grande fiume di generosità con cui gli italiani hanno risposto all'emergenza (basti pensare che la sola Protezione Civile raccolse circa 170 milioni di euro per l'acquisto di beni strumentali e ltri 12,6 milioni per sostenere i parenti dei sanitari deceduti durante l'emergenza.

Si tratta – che siano state portate in dichirazione dei redditi o meno – di erogazioni liberali per cui ciascuna pubblica amministrazione doveva tenere apposita rendicontazione separata. Fondi su cui, però, secondo l’Autorità Nazionale Anticorruzione-Anac c’è «una generalizzata carenza di pubblicazione della rendicontazione in Amministrazione Trasparente»: è la comunicazione di poche settimane fa dell’Anac, che ha invitato le Amministrazioni inadempienti «ad integrare la sottosezione “Interventi Straordinari e d’urgenza” tempestivamente, e comunque entro l’anno». Dalla sua rilevazione a campione, il 70% delle Regioni, dei Comuni, delle Aziende sanitarie, degli enti locali italiani non ha ancora rendicontato l'utilizzo delle donazioni ricevute per l'emergenza Covid.

Un anno fa, nel 7° Italy Giving Report, facevamo il punto sul fiume di generosità (e quindi di soldi) che aveva accompagnato nel 2020 lo scoppio della pandemia da Covid-19. Durante il primo lockdown infatti si era registrata un’impennata di donazioni, grandi e piccolissime, con Candid.org che mappava solo a livello di donazioni filantropiche la cifra record di 20,6 miliardi di dollari di donazioni. In Italia, si diceva lì, solo il 22% delle donazioni fatte per l’emergenza Covid era passata da una non profit: molto si era riversato su Protezione civile, ospedali pubblici, comuni, in alcuni casi con donazioni finalizzate che era stato poi impossibile utilizzare, come è stato per il caso eclatante dell’Ospedale alla Fiera di Milano, che raccolse fondi ben oltre le necessità. Il decreto Cura Italia del marzo 2020 prevedeva che tutte le pubbliche amministrazioni beneficiarie di donazioni liberali per combattere il Covid presentassero una apposita rendicontazione separata dei fondi giunti sui propri “conti Covid”, pubblicandole sui propri siti. L’obbligo scattava solo a fine emergenza, ossia al 31 marzo 2022: per questo un anno fa era difficile fare un punto esaustivo.

Il Mef, che annualmente ci trasmette i dati aggregati relativi alle donazioni portate in deduzione e detrazione dagli italiani per il nostro Italy Giving Report, traccia 200.409 dichiarazioni dei redditi di individui che palesano al fisco il diritto a una detrazione per una donazione fatta nel 2020 per il contenimento e la gestione del Covid-19, per una somma poco superiore ai 61 milioni di euro (per l’esattezza 61.098.359 euro). Poiché il DL 18/2020, convertito, con modificazioni dalla L. 27/2020, stabiliva che «per le erogazioni liberali in denaro e in natura, effettuate nell'anno 2020 dalle persone fisiche e dagli enti non commerciali, in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19» spettasse «una detrazione dall'imposta lorda ai fini dell'imposta sul reddito pari al 30 per cento, per un importo non superiore a 30.000 euro», ecco che le donazioni degli italiani per il Covid-19, nel 2020, almeno per la quota portata in dichiarazione dei redditi, ammonta all’incirca a 203,6 milioni di euro. E questo è un primo dato.

Veniamo all’utilizzo di queste risorse. Cominciando dalle Regioni, possiamo dire oggi che la Lombardia ha ricevuto 41.071.485,95 euro e ne ha spesi 41.030.432,24. La Regione Veneto ha ricevuto 39.608.862,60 euro, che ha speso al 31.12.2020 per 39.472.923,65 euro. La Regione Emilia Romagna ha raccolto 12.536.082,44 euro, con l’utilizzo delle intere somme introitate: 6,5 milioni sono stati spesi per realizzare posti letto in terapia intensiva e per ampliare i Pronto Soccorso, 2 milioni in ricerca e 1,2 milioni per la valorizzazione del contributo professionale degli operatori. La Regione Sardegna – che un anno fa non aveva alcuna rendicontazione sul proprio sito – ha ricevuto donazioni per 3.382.864,48 euro e ne ha utilizzati 2.877.611,70 con un disavanzo di 550mila euro. La Regione Campania ha raccolto 8.961.546,54 e le restano da spendere 27mila euro. Sulla pagina dedicata della regione Basilicata si legge invece un desolante “Non risultano atti”.

Prendiamo invece alcuni grandi ospedali: nel 2020, infatti, fra le prime cinque campagne di raccolta fondi su GoFundMe ben quattro riguardavano ospedali. L’Ospedale San Raffaele di Milano, che solo su GoFundMe aveva raccolto quasi 4,5 milioni di euro, non ha una rendicontazione sul proprio sito, ma non ne ha nemmeno l’obbligo. L’Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli, che riunisce gli ospedali Monaldi, Cotugno e CTO al 31 agosto 2020 risultava aver formalmente accettato donazioni in denaro per complessivi 5,9 milioni di euro, spesi integralmente. L’azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi ha ricevuto donazioni in denaro per 2,7 milioni di euro, spesi tutti. Il Policlinico Sant’Orsola di Bologna, ha ricevuto liberalità in denaro per 7,2 milioni di euro (di cui 5,7 da imprese) e ne ha spesi 7. L’Ospedale Niguarda di Milano ha ricevuto donazioni per quasi 6,5 milioni di euro, con un avanzo al 30 settembre 2022 di 100mila euro non ancora spesi. La raccolta fondi di maggior successo è stata quella che riguarda l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che da solo ha ricevuto donazioni per quasi 30,5 milioni di euro. Un record assoluto. Dal rendiconto al 31 marzo pubblicato sul sito risultano spesi "soltanto" 18,7 milioni di euro. In realtà – spiega la ASST Papa Giovanni XXIII – oggi oltre 20 milioni di euro sono stati spesi e altri 8 impiegati. Il report pubblicato dettaglia ogni singola donazione, fosse anche di 5 euro.

«Alla data dell'ultima rendicontazione, 31 marzo 2022, l’ ASST Papa Giovanni XXIII per l'emergenza Covid-19, ha raccolto la somma di 30.461.006 euro attraverso un conto corrente dedicato alle donazioni COVID-19 che ha consentito la completa tracciabilità sin dall’inizio della pandemia. Sono stati redatti ad oggi quattro atti notarili di ricognizione degli importi introitati. Come previsto dalla normativa è stata effettuata su questi fondi una apposita rendicontazione separata. L'ASST Papa Giovanni è ai primissimi posti in Italia e in Lombardia per il numero di donazioni ricevute da parte di privati cittadini, associazioni, istituzioni e imprese da tutta Italia. Sono oltre 48mila i benefattori che hanno sostenuto l'ospedale con un contribuito economico. A tutti loro va il ringraziamento del Papa Giovanni XXIII per il calore, l'affetto e la straordinaria generosità che hanno dimostrato nei confronti di medici, infermieri e tutto il personale dell'Ospedale», fanno sapere. «Al 31 ottobre 2022, risultano 20.000.098 euro di spese sostenute per interventi già effettuati necessari all’emergenza. Altri 7.698.000 euro sono stati impegnati per spese previste con la stessa finalità. Le voci di spesa hanno riguardato attrezzature diagnostiche e apparecchiature varie (tra cui respiratori e caschi C-PAP), dispositivi e beni e servizi sanitari e non sanitari, dispositivi per la protezione individuale (guanti, mascherine, tute), manutenzioni, noleggi, incarichi e progetti di ricerca, lavori per la distinzione dei percorsi Covid/non Covid, infrastrutture (come ad esempio l'allestimento dei centri vaccinali). A quasi tre anni dalla fase più calda dell'emergenza, le donazioni sono state spese o accantonate per un utilizzo rispettoso della volontà del donatore. Allo stesso modo, per la parte residua (circa 2,7 milioni di euro), sarà rispettata la destinazione vincolata alla lotta al Covid».

Nelle foto, due degli hub vaccinali realizzati dalla ASST Papa Giovanni XXIII

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