Economia

Vinitaly, le storie dei vini che producono inclusione e lavoro

Vini biologici realizzati su terreni confiscati alla mafia, da persone con disabilità, da donne vittime di violenza, da migranti, da chi vive in condizioni di fragilità. Al Vinitaly di Verona è stato dedicato un momento di riflessione, conoscenza e degustazione dei vini solidali che coniugano qualità e intervento sociale

di Emiliano Moccia

«Quello che produciamo non è un vino, ma un vero riscatto sociale. Attraverso le nostre produzioni vogliamo favorire l’inserimento lavorativo di persone con differenti situazioni di disagio mettendole al centro dell’iniziativa con tutte le loro potenzialità e risorse». Alessandro Milanesio è un assistente sociale impegnato nella realizzazione di8pari”, il vino frutto dell’attività agricola ed educativa di Progetto Emmaus, che da 25 anni si occupa di inclusione sociale per le persone fragili sul territorio di Alba, Bra, Langhe e Roero. E’ in questo territorio che producono vini rosso e bianco nati sui vitigni di Roero «che oggi danno lavoro a sei persone coinvolte a 360° all’interno di tutto il ciclo produttivo del vino e tramite la collaborazione con le aziende partner del territorio». La sfida di “8pari” è quella di diventare un modello per le loro comunità che possa ispirare altre scelte coraggiose come quella che portano avanti in una zona a forte vocazione vitivinicola.

«Sono sei le persone assunte o che svolgono un tirocinio per le quali è attivo un percorso di inserimento lavorativo» spiega Milanesio. «Alcuni di loro hanno disabilità psichiatriche, altri sono rifugiati politici, altre ancora sono donne vittime di violenza. Sono inseriti fra le cinque aziende vitivinicole del territorio che hanno aderito al progetto per produrre insieme un vino buono, pulito e giusto. “8pari” ha nella relazione e nella capacità di creare partnership il suo assetto identitario. Ci proponiamo di fare cultura e di sensibilizzare i territori attraverso il nostro lavoro». Il vino è stato presentato alla 54° edizione del Vinitaly, il Salone Internazionale dei vini e distillati svoltosi a Verona dal 10 al 13 aprile. Ospite presso lo stand messo a disposizione dalla Cia-Agricoltori Italiani, il vino è stato presentato nell’ambito di un incontro di degustazione dedicato alle esperienze di produzione di bacchi che coniugano qualità e intervento sociale. Sono circa duemila le aziende agricole italiane orientate al welfare rigenerativo, curando vigneti e producendo vini.

Come quelle biologici realizzati nella Fattoria Massignan di Brendola, vicino Vicenza. Nata dall’intuizione di Paolino Massignan e di sua moglie Bianca, attraverso la collaborazione di cooperative e associazioni di Volontari ogni giorno la fattoria sociale è impegnata nella produzione di vino, frutta e verdura biologici. «Sono circa un centinaio i ragazzi con disabilità che frequentano i nostri spazi in cui è possibile fare ippoterapia, pet therapy, coltivare la terra, produrre vino. Il nostro obiettivo è di offrire contesti in cui ogni persona con disabilità, fisica o cognitiva, con fragilità, diventi una risorsa per sé e per gli altri» dicono Enrico Piana e Giovanni Dolcetta. Merlot, Pinot nero, Garganega. I 12 ettari messi a disposizione sono ormai diventati un punto di riferimento per tutte le famiglie con figli con disabilità. In particolare, in tre ettari e mezzo di vigneto «i ragazzi sono coinvolti nella realizzazione dei nostri vini. Al momento della vendemmia partecipano tutti, trasformandola così in un’occasione per fare festa insieme. Quella che portiamo avanti è una sfida difficile, impegnativa» conclude Piana «ma non saprei davvero quale altro lavoro possa essere in grado di offrirmi delle soddisfazioni così grandi».


“Rosso Libero – Michele Cianci”, invece, viene dalla Puglia. Racconta la storia di Michele Cianci, vittima innocente di mafia, ucciso a Cerignola per essersi opposto ad un tentativo di rapina ai danni del suo negozio di armeria. Il suo omicidio è stato inserito nel maxiprocesso “Cartagine”. Le armi, infatti, servivano al clan della città per i suoi scopi criminali e l’armeria di Michele Cianci era stata scelta perché era la più fornita. “Rosso Libero”, dunque, racconta le storie di Silvio, Pasquale, Mamadou che attraverso il lavoro in agricoltura stanno riassaporando "il fresco profumo della libertà", del lavoro regolare, dei diritti riconquistati. Il cammino di riscatto sociale di “Rosso Libero” coinvolge, infatti, diverse persone impegnate nell'attività di cura e raccolta dei terreni confiscati alla criminalità organizzata situati in contrada San Giovanni in Zezza gestiti dall'ATS “Le terre di Peppino Di Vittorio” composta dalle cooperative sociali Altereco, Medtraining ed il Centro di Servizio al Volontariato di Foggia nell'ambito del progetto “La strada. C'è solo la strada su cui puoi contare”, sostenuto dalla Regione Puglia.

Dai grappoli raccolti e liberati dalla mafia, già presenti nel terreno al momento della confisca, l'ATS porta avanti un percorso di agricoltura sociale che punta a favorire una piena inclusione socio-occupazionale di migranti tolti dalle maglie del caporalato, persone che vengono dal circuito della giustizia riparativa, ex-detenuti. «Sul terreno sono impegnati tanti lavoratori che provengono da situazioni di disagio, alcuni dai percorsi di giustizia riparativa, e questo è importante perché i beni confiscati alla mafia sono luoghi dove si accoglie e si offrono opportunità concrete di riscatto sociale, sono luoghi che tornano alla collettività anche attraverso questo tipo di percorsi» evidenzia Vincenzo Pugliese, presidente di Altereco. «La cura della terra e delle persone restano il nostro obiettivo principale, ed i progetti avviati devono viaggiare sempre su questi binari al fine di consentirne la valorizzazione così come previsto dalla legge 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie».

Affacciate sul promontorio calabrese di Capo Spartivento, sul Mar Jonio, le uve biologiche curate dalla cooperativa agricola Terre Gracaniche danno origine a cinque varietà di vini la cui produzione ha generato cinque posti di lavoro in un territorio in cui l’offerta occupazionale scarseggia. «Nel 2012 un gruppo di amici ha deciso di mettersi insieme per recuperare terreni oramai abbandonati per provare a rigenerarli e a creare occasioni di lavoro per i più giovani» dice Salvatore Orlando. «Il nostro è un laboratorio sociale che opera per ricostruire una comunità capace di fare futuro attraverso le persone e le relazioni». Da questo cammino nato sull’intuizione di un pugno di amici, gli 8 ettari di terreno sono diventati un punto di riferimento per tutta la comunità ed i vini vengono venduti anche in una Bottega Solidale nata proprio per valorizzare le varie produzioni. «Produciamo 20mila bottiglie di vino sperimentando un modello di impresa cooperativa» aggiunge Orlando «che si richiami alle tradizioni, salvaguardi il territorio e produca vini al gusto dell’amicizia e della solidarietà».

Del resto, secondo la Cia-Agricoltori i vini solidali sono in costante ascesa negli ultimi 10 anni ed hanno conquistato dal 2019 quote importanti di interesse con la scelta degli italiani di un’etichetta solidale ogni tre acquistate. «E’ possibile organizzare la produzione di un vino di qualità, tenere in piedi i diritti delle persone, mettendo l’uomo al centro delle attività, e produrre vini sostenibili e rispettosi dell’ambiente. Le produzioni vitivinicole che vengono dall’agricoltura sociale fanno economia attraverso reti di comunità, favorendo il recupero di soggetti in difficoltà, come persone con disabilità, immigrati, donne vittime di violenza, ma anche recuperando terreni confiscati» sottolinea Giuliano Ciano, presidente del Forum Nazionale dell’Agricoltura Sociale a cui aderiscono in Italia 911 realtà. «Nei vini solidali» conclude Cinzia Pagni, presidente di ASeS-Agricoltori Solidarietà e Sviluppo «c’è il valore aggiunto di un’agricoltura, non solo garante della sicurezza alimentare e della cura del paesaggio, ma anche in grado di promuovere inclusione sociale e nuovo welfare, difesa dei diritti e delle opportunità per tutti, dalle città alle campagne, contro ogni forma di marginalità».

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