Non profit

A Napoli Est nasce Asterix, un coworking al servizio del territorio

Asterix, centro culturale ricreativo, per oltre una decade è stato abbandonato a se stesso. Oggi l'associazione Callysto sta ristrutturando gli spazi che diventeranno un coworking space al servizio del territorio, con l'obiettivo di diventare un incubatore locale e cittadino per nuove attività di stampo sociale, creativo ed artistico

di Redazione

Periferia industriale del capoluogo campano sin dal 1904, l’area orientale di Napoli possiede una consolidata tradizione produttiva e manifatturiera, la quale, nel corso dell’ultimo secolo, ha irrimediabilmente determinato lo sviluppo ambientale, urbanistico e demografico di questo territorio.

A metà tra la città storica e il cono del Vesuvio, la periferia orientale rappresenta, a livello paesaggistico e urbano, una cerniera importante che coincide con la Municipalità VI del Comune di Napoli. I tre quartieri che costituiscono quest’area (Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio) occupano una superficie di 19,28 km2 e interessano una popolazione di 103.000 abitanti con una densità di 5.342 ab/ km2.

Sovraccarica di spazi urbani densi, saturati da una politicaorientata esclusivamente allo sviluppo economico, Napoli Est testimonia tra gli anni sessanta e settanta dello scorso secolo la nascita di una nuova fisionomia urbana, un’unica grande «città operaia», che ingloba disordinatamente i tre centri storici, gli antichi casali, i nuovi rioni popolari, i nodi infrastrutturali e i numerosi impianti produttivi.

Gli anni Ottanta determinano un punto cruciale per il futuro di questo territorio: contemporaneamente all’adozione del nuovo “piano delle periferie” da parte del Consiglio Comunale, Napoli Est viene investita dallo straordinario programma di edilizia residenziale attuatosi in risposta all’emergenza terremoto. L’incuria e la completa assenza di manutenzione ha fatto sì che gran parte di questo patrimonio edilizio, tra cui ritroviamo non solo palazzine popolari, ma anche attrezzature urbane, aree verdi, servizi sanitari, sportivi e ricreativi, ci sia pervenuto in uno stato di forte degrado, accentuando la distanza visiva, sociale e politica con i quartieri limitrofi.

È possibile intuire come il quartiere di San Giovanni a Teduccio, un tempo protagonista nel processo di sviluppo economico regionale, oggi presenti in realtà numerose criticità sociali ed economiche: un basso livello di istruzione a fronte di un alto tasso di dispersione scolastica, un livello economico al di sotto delle medie nazionali, uno scarso senso civico e diffusi fenomeni di criminalità nonché di lavoro sommerso. Ad aggravare una situazione già precaria, si sono rese evidenti nell’ultimo anno le numerose conseguenze sociali della crisi sanitaria (basti pensare al difficile passaggio dall’apprendimento scolastico in sede alla didattica a distanza, condizionata dall’accessibilità economica e tecnologica, senza citare l’accrescimento della disoccupazione giovanile).

In questo contesto, che molti definiscono difficile, è determinante da anni il ruolo degli Enti del Terzo Settore attivi a Napoli Est, che, congiuntamente alle Istituzioni, portano avanti uno sforzo puntuale ed estremamente efficace di riqualificazione e rigenerazione dal basso, tessendo così una trama del tutto diversa da quella finora presentata. È grazie a queste piccole realtà, infatti,che è stato garantito alla comunità un concreto supporto, nonché più d’una opportunità di crescita e sviluppo.

Teatri che tornano a comunicare, scuole abbandonate che riprendono le attività educative, centri che tornano ad accogliere forme ed espressioni giovanili di variegata natura e indirizzo: è il caso del Centro Asterix di Via D. Atripaldi, a pochi passi dal famoso Bronx di San Giovanni a Teduccio. Un centro culturale ricreativo, che per oltre una decade è stato abbandonato a se stesso in uno stato di oggettiva inagibilità. Quando nel 2013 Callysto (A.P.S. campana nata nel 2005) entra all’interno del centro giovanile grazie al bando Informagiovani indetto dal Comune di Napoli, la situazione era molto diversa da quello che vediamo oggi. L’edificio, che rientra tra le attrezzature e i servizi di pubblica utilità realizzati nel post-terremoto, accoglie al suo interno l’ufficio direzionale della Municipalità VI, il centro giovanile e l’archivio del tribunale.

La struttura in acciaio e calcestruzzo armato, probabilmente prefabbricato, si presenta in prospetto come un complesso unicoprefabbricato che caratterizza per metà l’intera via, discretizzata però attraverso la collocazione di diversi ingressi, ognuno segnalato da alti loggiati in pilastri metallici. Nel 2013 lo stato di fatiscenza complessivo è evidente sia fuori che dentro, e in particolare il centro giovanile si presenta come un insieme di spazi multifunzionali sottoutilizzati, animati sporadicamente da piccoli e pochi uffici per attività culturali rivolte ai giovani, tuttaviadisallineate con il rapido cambiamento sociale e le trasformazioni che la società stava vivendo.

La struttura si omologa al contesto, evidenziando il clima di comune decadimento che permea la periferia metropolitana. Prendersi cura di un bene pubblico, anche se esso non possiede rilevante valore storico artistico, significa riconoscerne il ruolo all’interno della comunità e del tessuto urbano in cui è inserito, significa accettare e comprendere che quel bene è riservato a chi lo detiene, in senso morale e culturale. Riconoscere questo tipo di valori significa educare alla responsabilità civica, rendendoci responsabili della cura di esso, ovvero attori di un processo di cura e valorizzazione continuo.

Le iniziative promosse dall’associazione aprono, in tal senso, un nuovo capitolo. Nel 2017 lo stabile si riempie di operatori volontari del Servizio Civile Universale, inizia a formarsi al suo interno nuova linfa vitale dallo slancio nazionale ed europeo. “Orientati al futuro” è tra le nuove progettualità, un ambizioso programma di riqualificazione del centro giovanile, un’occasionedi rinascita per questi spazi disabitati e di attivazione di una proposta progetto nell’ambito del bando Giovani per i Beni Pubblici, che si concretizzano attraverso i finanziamenti del PAC – Piano di Azione e Coesione, sostenuti questi ultimi, da un ulteriore sforzo di autofinanziamento del privato sociale che ha permesso il rifacimento delle facciate esterne.

Il centro Asterix s’inserisce a pieno titolo in quello sparuto gruppo di realtà italiane di cogestione pubblico-privata, con alla base un’iniziativa interamente progettata da un ente del terzo settore.

Callysto A.P.S. non rappresenta però l’unico protagonista di questa narrazione, al contrario la rete di enti collegati al centro cresce nella comune visione di fornire soluzioni reali al fenomeno della dispersione e dell’evasione scolastica, alla povertà culturale e alla criminalità.

Finalmente, nel 2021, partono i lavori di ristrutturazione del Centro Asterix: le facciate acquistano una nuova veste di intonaco, le strutture metalliche vengono completamente riverniciate, gli infissi aggiustati, così come tutto il sistema antincendio, gli impianti idrico sanitari ed elettrico. L’obbiettivo è creare sale per la formazione (in senso tradizionale, ma anche rivolta all’educazione non formale ed all’apprendimento informale) e un coworking space al servizio del territorio, dotato di strumentazioni innovative e accessibili a tutti, che rafforzi il clima di collaborazionismo, e non di competitività, con il quale è stato ideato. Uno spazio multifunzionale dove si collocano anche e soprattutto il teatro e la musica, che si propone come incubatore locale e cittadino per nuove e disparate attività di stampo sociale, creativo ed artistico.

Oltre all’edificio, di notevole importanza è il verde circostante, che eventi come Green Greener Greenest, azione di clean-up proposto nell’ambito di Giugno Giovani in collaborazione con ilnuovo Europe Direct Center Vesuvio, che proprio qui ha trovato la sua nuova sede, contribuiscono a manutenere grazie alla partecipazione dei giovani volontari che frequentano il centro e il quartiere.

Parlare oggi di rigenerazione dal basso sembra comune e poco appropriato se associato a molti esempi che ci vengono presentati. Al contrario, ciò che avviene in Via D. Atripaldi testimonia effettivamente la capacità di riuso e gestione innovativa di un bene pubblico ad opera di un gruppo di persone, che condividono il valore delle pratiche partecipative e l’ideale che una governanceguidata e coordinata da giovani possa generare reale impatto positivo sul territorio, nonché una comunità più coesa e collaborativa.

*Sveva Ventre, Architetto e Promotrice Culturale, volontaria dell'aps Callysto

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