Formazione

E’ caccia ai clandestini. E Bossi già li sfratta

Immigrati. Cosa non si dice della nuova legge. Nel silenzio dei media, il governo ha inserito nella Bossi-Fini alcuni emendamenti che restringono i diritti degli stranieri.

di Barbara Fabiani

Immigrazione, è già cambiato tutto. Concretamente, nella prassi quotidiana delle questure e alle frontiere. Senza aspettare la discussione del ddl Bossi-Fini, che sembra a questo punto mettere solo il sigillo formale a un cambiamento che non aspetta la discussione in Parlamento. E mentre la stampa titola sull?utilizzo delle navi della Marina per il controllo dell?immigrazione clandestina, passano quasi inosservati altri innovativi emendamenti. Certo, il coinvolgimento delle forze armate in questione di immigrazione preoccupa non poco, anche se le navi della Marina svolgono da tempo questo compito. Ma il cuore della questione sarà la definizione delle famose ?regole d?ingaggio?, a oggi inesistenti, cioè del regolamento operativo assegnato ai militari. Meno case per loro Intanto? Intanto è passato in consiglio dei Ministri un emendamento del governo che restringe ulteriormente l?accesso degli immigrati ai servizi sociali, nello specifico alle case di edilizia pubblica; una ?quisquilia? raccolta e diffusa solo dal quotidiano Avvenire. L?emendamento all?articolo 21 (comma 6) voluto dal ministro Bossi pone un tetto del 5% all?accesso alle case popolari da parte degli stranieri aventi i requisiti. Il limite riguarda anche i servizi di assistenza alloggiativa predisposti da Regioni e Comuni, compreso il credito agevolato in materia di edilizia. Un ?successo? di cui Bossi si è vantato in un recente comizio a Treviso, roccaforte leghista ma anche una delle città dove gli immigrati lavorano senza trovare nessuno disposto ad affittare loro casa. Secondo Pino Gulia, responsabile immigrazione della Caritas, il problema nasce da un rapporto con l?elettorato locale: «Spesso gli immigrati ottengono punteggi migliori nelle graduatorie dei bandi rispetto agli italiani perché, ad esempio, hanno più figli. Ma è a dir poco problematico porre un tetto percentuale senza un piano sulle risorse alloggiative del territorio». Preoccupati? Inutile, perché c?è chi già è andato oltre: «La Regione Piemonte nei suoi bandi per le case popolari ha stabilito tra i requisiti la residenza in Italia da almeno tre anni», rivela l?avvocato Massimo Pastore, dell?Asgi-Associazione studi giuridici sull?immigrazione. «A nulla sono valsi i nostri ricorsi al Tar. D?altronde con la modifica del titolo V della Costituzione le Regioni hanno maggiore autonomia nello stabilire i requisiti di accesso ai propri servizi sociali, specie se la legge nazionale non si esprime in maniera inequivocabile». Rimpatri organizzati Insomma, la strategia è quella di stringere sempre più le maglie dei requisiti. Anche per il rinnovo dei permessi di soggiorno: è ancora Asgi, con l?associazione Casa dei diritti sociali, a denunciare la prassi avviata nelle questure di non rinnovare il permesso di soggiorno a chi in quel momento non ha un contratto di lavoro, e non serve l?iscrizione al collocamento per ottenere un rinnovo. Una rigidità che sta facendo ricadere nella clandestinità stranieri presenti da anni in Italia, magari con lavoro e famiglia. A questo si aggiunge che la durata dei permessi di soggiorno si è via via ridotta: è un miraggio quello quadriennale, difficilissimo il biennale; insomma, una applicazione della filosofia Bossi-Fini prima che diventi legge. Infine, proprio in questi giorni il ministro Scajola ha annunciato la costituzione di nuclei di polizia anti-clandestini alle frontiere. «E quale sarebbe la notizia?», commenta sarcastico Gianfranco Schiavone, dell?Ics di Trieste. «Mancano gli uffici per richiedenti asilo ai confini e nelle zone di transito degli aeroporti, nessuno dei 15 previsti in altrettanti punti di frontiera è stato realizzato. In queste condizioni è la polizia di frontiera che stabilisce se lo straniero è un clandestino o un richiedente asilo. E mai come ora i rimpatri sono così veloci e organizzati». Quindi, sembra quasi superfluo aspettare il verdetto di Montecitorio: l?Italia sull?immigrazione ha già voltato pagina.


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