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Nelle calamità naturali bisogna intervenire solo se preparati
Crisi climatica, dissesto idrogeologico e abusivismo i fattori che, combinati tra di loro, determinano tragedie come quella che ha colpito l'isola di Ischia. Qualunque sia la causa scatenante, però, è fondamentale che l'intervento per salvare uomini, donne , bambini, anziani, animali e, quando possibile, le abitazioni, sia messo in campo da chi è preparato a tale compito come l'Anpas, l'Associazione nazionale delle pubbliche assistenze, che anche a Siracusa ha dovuto fare fronte al le conseguenze dell'esondazione
Ha inizio molto presto la giornata per chi fa parte delle pubbliche assistenze, presenti nei territori in cui le emergenze sono dovute a emergenze non del tutto naturali, che sempre più spesso si rilevano conseguenze dell’intervento dell’uomo poco rispettoso della natura. Parliamo di incendi, alluvioni e frane come quella che ha da poco colpito l’isola di Ischia. O dell’esondazione di un anno fa a Siracusa dove, a fare la differenza, sono stati anche in questo caso i volontari dell’Anpas, l’Associazione nazionale pubbliche assistenze.
«Anche Ischia ci ha insegnato quanto sia importante fare squadra – afferma Sebastiano Firenze, presidente dell’Anpas di Siracusa – attivando il sistema emergenziale del quale fa parte solo personale specializzato. Il suo funzionamento è dei vigili del fuoco che rappresentando il soccorso pubblico coordinato dalle prefetture. Poi ci sono i diversi comuni dell’area interessata, al cui interno operano i Coc, i Centri operativi comunali, che gestiscono le associazioni di volontariato per svolgere le funzioni più disparate attinenti alla comunicazione e al censimento dei danni, solo per fare un paio di esempi. Ognuno ha un ruolo e un compito ben preciso che si integra con quello dell’altro. Per fare funzionare l’intera macchina in situazioni di emergenza, è vero, ci si deve alzare e muovere molto presto per potere prendere le attrezzature in sede, coordinarsi con le altre forze in campo ed entrare in azione».
Siracusa quest’anno ha dovuto fare i conti con situazioni non proprio di emergenza come quella che ha riguardato Ischia, ma comunque sempre preoccupanti a causa delle condizioni meteorologiche avverse. Chi, però, ha vissuto l’esondazione dello scorso anno ha dovuto fare i conti con la paura di qualcosa contro cui è difficile combattere. Il violento nubifragio che ha flagellato la provincia di Siracusa ha determinato l’ingrossamento del Fiume Anapo con conseguenze immaginabili per i terreni e gli abitati circostanti. Non a caso la Regione Siciliana ha stanziato 15 milioni per combattere l’esondazione dei fiumi, stipulando convenzioni con diversi Comuni, in totale 64 interessati a vario titolo, anche se dalla provincia di Siracusa non è stato dimostrato ancora interesse in tal senso.
«Quando si pensa a situazioni di emergenza come quella di Ischia – aggiunge Firenze – ci si immagina che tutti si rimbocchino le maniche e diano aiuto a chi ne ha bisogno. L’idea che si abbandonino le case, si chiuda bottega e si scenda in strada a spalare fango e salvare vite affascina molti, ma la situazione non è così romantica come si pensi. Se c’è estremo bisogno si dà una mano perché l’Italia, si sa, è il paese della solidarietà, ma la persona non formata costituisce un pericolo per sé stessa e per gli altri. Se parliamo di ripulire le strade può anche andare bene, ma con l’acqua non si scherza. Quando noi interveniamo lo facciamo indossando gli elmetti, i guanti, le scarpe anti infortunistica; non a caso siamo assicurati. Ecco perché dico che la nostra giornata comincia molto presto. Prima di essere operativi, dobbiamo prepararci anche psicologicamente».
Un lavoro difficile, il vostro, che non sempre viene ripagato per come merita. Qual è l’esperienza che le ha dato maggiore soddisfazione?
«Ogni intervento ha la sua sfaccettatura. Penso a quando si interviene per spegnere un incendio e si salva una stalla, un fienile, un animale, ma anche il raccolto del contadino, In questi casi, quando arriva, il grazie ci ripaga della fatica fatta. Se dovessi fermare un ricordo, penso a quando, l’anno scorso, durante l’esondazione, siamo riusciti a tirare fuori dalla macchina due persone. Il motore si era spento e l’auto si era impantanata nel fango. In questi casi interveniamo facilmente perché le nostre jeep sono alte. Si vivono momenti di panico che bloccano perché non è così scontato rompere un vetro, uscire dall’abitacolo e mettersi in salvo. L’istinto è salire sul tetto dei veicolo, ma dipende da quando sangue freddo hai. Solitamente non accade. Ecco perché è importante la preparazione».
Qual è il volontario tipo dell’Anpas?
«Non c’è un modello. Io, per esempio, sono un termotecnico, poi ci sono muratori, elettricisti, geometri, rappresentanti, farmacisti. Siamo al 50 per centro circa uomini e donne, la cui età media è 35 anni circa, anche se ci sono volontari più avanti negli anni. Abbniamo anche ragazzi di 18 o 19 anni, ai quali vengono affiancati dei tutor perchè non possono ancora essere lasciati operare in autonomia. Devo dire che le donne danno un contributo prezioso alla nostra attività perchè la loro luciditò e il loro sguardo “oltre” consente di comprendere piu velocemnenbte le situazioni. La regola del soccorritore è di “non essere soccorso” nel senso che, se nell’intervento mi faccio male, costringo gli altri ad arrivare in mio aiuto e questo crea rallentamenti o altre conseguenze spiacevoli. Ecco, le donne riescono a cogliere prima di noi uomini questo pericolo».
Perché si decide di fare volontariato nelle Pubbliche Assistenze?
«Posso parlare per la mia persona. Quando torno a casa la sera, dopo una giornata di lavoro, mi sento bene per quello che ho fatto, ma anche perché penso che l’indomani potrò essere di aiuto a qualcuno. Una soddisfazione personale che non ha eguali. Chi presta servizio di volontariato come noi, non lo fa per mettersi qualcosa in tasca, ma semplicemente per dare agli altri. Una scelta che rifarei ogni giorno per sempre».
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