Salute
Ludovica, un tumore quando era all’asilo. Ecco perché serve l’oblio oncologico
A 5 anni Ludovica è stata sottoposta a chemio e radio. Oggi ne ha 12 e sta bene, ma non può giocare a pallavolo. Come lei, quasi un milione di persone in Italia sono guarite da un tumore, ma vivono discriminazioni nell’accesso ad alcuni servizi a causa della malattia che hanno affrontato. Fondazione AIOM lancia la prima campagna per il riconoscimento del Diritto all’oblio oncologico, come accade già in Europa
Ludovica ha quasi 12 anni e una massa di riccioli che le circonda il viso. Li porta sempre corti. Durante l’ultimo anno di materna ha avuto un tumore: l’hanno sottoposta a chemio, radio, diversi interventi ai polmoni e le hanno tolto un rene. Il decorso è stato positivo, dal punto di vista fisico. La ragazza sta bene. Ha intorno una famiglia molto dolce, presente, accudente. E tante amiche che le voglio bene.
Oggi è in prima media: è ancor acerba, senza malizia. A babbo natale ha chiesto una pallone da calcio. Le piace molto lo sport. Da settembre gioca a pallavolo.
Finalmente con la primavera inizieranno i tornei: nulla di ché. Dopo due anni di pandemia le ragazze hanno solo i rudimenti, mandano la palla oltre le rete, corrono, sorridono. Fanno squadra. La società, come previsto, le ha chiesto un certificato per pratica agonistica. Non quello semplice rilasciato dal pediatra (che conosce Ludovica dalla nascita), ma quello riservato agli atleti. Il medico specialista allora, saputo della storia di Ludovica ha detto “no, non si può. L’atleta che ha avuto un tumore e non ha più un rene non può giocare a pallavolo”.
Per Ludovica e la sua famiglia è stato un doloroso tuffo nel passato. Hanno dovuto ripercorrere tutte le tappe con il medico sportivo e spiegare dettagliatamente la problematica alla ragazza. In attesa di documentazione più approfondita da parte dei genitori e degli oncologici che hanno seguito e continuato a seguire Ludovica, lei non può più giocare.
Una legge per l’oblio oncologico
Quasi un milione di persone in Italia sono guarite da un tumore, ma per la burocrazia sono ancora malate e rischiano discriminazioni nell’accesso a servizi come l’ottenimento di mutui, la stipula di assicurazioni sulla vita, l’assunzione in un posto di lavoro e l’adozione di un figlio. Sul modello di Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo, Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) lancia la prima campagna per il riconoscimento del Diritto all’oblio oncologico, che ha già superato le 40mila firme.
L’obiettivo è ottenere una legge che tuteli le persone che hanno avuto una neoplasia e che ora, per questo, vivono discriminazioni sociali. Oggi, infatti, per richiedere molti servizi è necessario dichiarare se si è avuto il cancro, anche se si è già guariti. A sostegno dell’iniziativa sono stati realizzati la prima guida sul Diritto all’oblio oncologico, un portale web (dirittoallobliotumori.org)
«Se fosse approvata, la legge permetterebbe di non essere più considerati pazienti dopo 5 anni dal termine delle cure se la neoplasia è insorta in età pediatrica e dopo 10 se ci si è ammalati in età adulta», spiega Giordano Beretta, presidente di Fondazione AIOM.
La legge permetterebbe di non essere più considerati pazienti dopo 5 anni dal termine delle cure se la neoplasia è insorta in età pediatrica. E dopo 10 se ci si è ammalati in età adulta
Giordano Beretta, presidente di Fondazione AIOM
Oggi, grazie all’innovazione dei percorsi terapeutici, molti tumori vengono curati e altri possono essere cronicizzati: per questa ragione i pazienti che vivono anche a molti anni di distanza da una diagnosi sono aumentati e così le persone che trarranno benefici da questo provvedimento.
Tempi di guarigione diversi per ogni neoplasia
Un paziente oncologico viene considerato “guarito” quando raggiunge la stessa attesa di vita della popolazione generale. Le tempistiche variano in relazione alle diverse neoplasie. «Ogni neoplasia richiede un tempo diverso perché chi ne soffre sia definito ‘guarito’: per il cancro della tiroide sono necessari meno di 5 anni dalla conclusione delle cure, per il melanoma e il tumore del colon meno di 10. Molti linfomi, mielomi e leucemie e i tumori della vescica e del rene richiedono 15 anni. Per essere ‘guariti’ dalle malattie della mammella e della prostata ne servono fino a 20», aggiunge l’esperto.
Cancro non significa morte
«Il riconoscimento del diritto rappresenta la condizione essenziale per il ritorno a una vita dignitosa ed è necessario all’abbattimento del connubio ‘cancro significa morte’, che crea barriere spesso insormontabili», sottolinea Beretta.
Alcune testimonianze di adulti
Il portale dirittoallobliotumori.org offre inoltre ai pazienti la possibilità di raccontare la propria storia, per mettere in luce il problema e condividere le esperienze.
«Qualche settimana dopo aver compiuto la maggiore età mi hanno trovato un tumore alla tiroide. Sono stato in cura per 26 mesi. Lo scorso anno io e la mia ragazza abbiamo provato ad avere un figlio, che non è arrivato. Allora abbiamo deciso di prendere la strada dell’adozione, ma a me non è stato permesso diventare papà. Non pensano che potrei crescere un bambino. Non credo sia giusto, sono guarito da tanti anni. Per questo il diritto all’oblio dovrebbe diventare legge. Tutti dovremmo poter vivere senza sentirci come se potessimo morire da un momento all’altro». (Francesco, 33 anni)
«Sei anni fa mi è stato asportato un neo maligno. Fortunatamente da allora non mi ha più causato problemi, eppure, in occasione della stipula del mutuo per la casa e della relativa polizza sulla vita ho visto rifiutata la pratica a causa della mia esenzione per tumore». (Lucia)
«Vent’anni fa ho avuto un tumore al seno, curato in cinque anni. Faccio la ballerina da sempre, e qualche tempo fa ho deciso di lasciare il mio lavoro in ufficio per aprire una scuola di ballo. Ho scelto il nome, ho trovato la struttura giusta, poi ho preso appuntamento in banca per capire che tipo di mutuo potevano concedermi. Mi hanno illustrato le possibili opzioni e ho dovuto compilare alcuni documenti. Mi è stato chiesto delle mie condizioni di salute passate e attuali. Quando ho chiesto spiegazioni all’impiegato, mi ha anticipato che probabilmente un mutuo a lungo termine non mi sarebbe stato concesso per via del tumore. L’ho vissuta come una vera ingiustizia, il ritorno della malattia a quindici anni dalla guarigione. Se il diritto all’oblio diventasse legge, potrei richiedere quel mutuo e aprire la mia scuola». (Laura, 45 anni. Roma)
In apertura Photo by National Cancer Institute on Unsplash
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