Welfare

Autismo, la lotta di mamma Barbara per Luca

Le burocrazie sanitarie, le spese da sostenere per le cure che mancano, il "buco nero" dopo la scuola. La salvezza nell'aiuto di altre famiglia, riunite in associazione a Voghera (Pv)

di Sara Bellingeri

Rimboccarsi le maniche, sempre e comunque, senza smettere di cercare e far succedere le cose. È un istinto naturale e allo stesso tempo un memento quello che contraddistingue la storia di Barbara Brilla, mamma di due ragazzi tra cui Luca, 26 anni, tanta voglia di mettersi in gioco e una diagnosi di autismo, termine che sbiadisce di fronte alle numerose qualità che Luca possiede e che sono potute emergere, spiccando il volo, proprio grazie a quel “non smettere di cercare e far succedere le cose”. Prima di parlare del presente riavvolgiamo però il nastro, approdando a quel periodo complesso che è l’infanzia dove il corteo di indicazioni nebulose post diagnosi contraddistingue il percorso di numerose famiglie, costrette ad affrontare le lacune di un sistema che macina tante parole ma concretizza pochi fatti.

“Viviamo a Tortona, in Piemonte, e fin da subito mi sono dovuta rimboccare le maniche – racconta Barbara – Non abbiamo mai usufruito di terapie sovvenzionate, i tempi di attesa sarebbero stati biblici, tutti gli interventi indicati per il disturbo di Luca li abbiamo svolti privatamente sobbarcandoci interamente le spese: allora potevamo sostenere i costi”. I tempi cambiano, l’assetto familiare muta e nel frattempo Luca cresce e termina la scuola superiore: “Finita quella c’è il vuoto, un buco nero, come se questi ragazzi non avessero più bisogno e invece è la fase in cui mettere a frutto le loro competenze e potenziare ancora di più l’autonomia – evidenzia – Mi sono dovuta riboccare le maniche e quasi implorare di avere a disposizione interventi. I pochi che sono stati attivati si sono però purtroppo rivelati deludenti e inutili perché fini a se stessi e non mirati a promuovere le abilità e le autonomie, ciò che serve davvero!”.

Chiediamo a Barbara quale sia stato in questi anni l’aspetto che le ha creato più delusione e disagio: “L’abbandono totale da parte dei servizi e delle persone che ne fanno parte – risponde schiettamente – Ci sono molte figure professionali che si adagiano su questo sistema e finiscono con il diventare dei burocrati che non si confrontano e non seguono il percorso dei nostri figli ma firmano soltanto delle carte e accettano le dinamiche senza reagire. A pesare ci sono poi la scarsa informazione e la mancanza di una rete che porti al confronto. Credo inoltre che i fondi per l’autismo vengano gestiti malamente, non in maniera funzionale”.


A dispetto di questo panorama desolante Barbara non demorde e continua a cercare un’opportunità per Luca che nel frattempo cresce e da ragazzo diventa un giovane uomo con talenti che attendono solo l’occasione giusta per germogliare. La risposta la trova in un’associazione onlus di Voghera chiamata “Una mano per…”, punto di riferimento per numerose famiglie. “È stata la mia salvezza – commenta – Da 7 anni a questa parte l’associazione finanzia un progetto che da settembre a luglio permette a Luca di vivere una gratificante esperienza di inclusione sociale e formativa provando grandi soddisfazioni”. Luca prima “elilu” poi nell’ambito degli “Orti Sociali di Voghera”, altra impresa agricola dove è tuttora inserito, svolge un articolato percorso di agricoltura sociale che gli ha fatto sperimentare diverse attività come la cura del verde e degli animali, l’attività nell’orto e lo studio di piante e ortaggi, il lavoro in bottega a contatto con il pubblico fino ad arrivare a creare lui stesso un manuale delle procedure di orticoltura. “Nel suo percorso viene affiancato da figure professionali esperte, educatori e ortoterapeuti e all’interno di questa realtà si è ritagliato un ruolo che gli viene riconosciuto: fa parte di un gruppo, ha le sue mansioni, le sue competenze ed interagisce con persone diverse e questa è la cosa più bella ed emozionante” afferma Barbara con orgoglio. Risultati preziosi, che hanno permesso anche un riscatto sociale e di stima a Luca. Una rivincita che non tutti però sperano di poter vivere: “Non sempre c’è la capacità di informarsi, la paura di sperimentare e la stanchezza rischiano far arrendere madri e padri di bambini e ragazzi con autismo – riflette Barbara – Penso anche ai casi di genitori in cui entrambi devono lavorare e magari il ragazzo non è indipendente come Luca: come si fa se non ci sono iniziative di supporto? Io stessa ho un lavoro che mi occupa la mattina e il pomeriggio, il lavoro che si svolge può diventare stritolante e allora scatta il senso di colpa per un genitore: si pensa sempre che si dovrebbe fare di più per il proprio figlio ma è un pensiero difficile da contrastare e che aumenta la frustrazione.”

Sensi di colpa che vanno riconosciuti con la consapevolezza che un genitore ha dei limiti umani. Ma resta il disagio creato da un sistema lacunoso che rischia di far gettare la spugna: “Sono ottimista e lotto per ottenere ciò che è giusto ma confesso che ci sono traguardi raggiunti da Luca che mi hanno letteralmente sorpresa e che mai mi sarei immaginata – sottolinea Barbara – È per questo motivo che vorrei dire agli altri genitori di non arrendersi, di tenere la mente sempre aperta con e per i nostri figli, che sono specchi delle nostre emozioni: sentono ciò che proviamo, tra cui rabbia, frustrazione, stanchezza e anche il fatto che crediamo o meno in loro. Occorre continuare a cercare, senza bloccarsi su figure e realtà che si adagiano e non rispondono autenticamente ai bisogni dei nostri ragazzi. Lasciamo che i nostri figli ci stupiscano e sorprendano perché questo accade ogni qualvolta andiamo oltre a quello che pensiamo possano fare”.

Sensi di colpa che vanno riconosciuti con la consapevolezza che un genitore ha dei limiti umani. Ma resta il disagio creato da un sistema lacunoso che rischia di far gettare la spugna: “Sono ottimista e lotto per ottenere ciò che è giusto ma confesso che ci sono traguardi raggiunti da Luca che mi hanno letteralmente sorpresa e che mai mi sarei immaginata – sottolinea Barbara – È per questo motivo che vorrei dire agli altri genitori di non arrendersi, di tenere la mente sempre aperta con e per i nostri figli, che sono specchi delle nostre emozioni: sentono ciò che proviamo, tra cui rabbia, frustrazione, stanchezza e anche il fatto che crediamo o meno in loro. Occorre continuare a cercare, senza bloccarsi su figure e realtà che si adagiano e non rispondono autenticamente ai bisogni dei nostri ragazzi. Lasciamo che i nostri figli ci stupiscano e sorprendano perché questo accade ogni qualvolta andiamo oltre a quello che pensiamo possano fare”.

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