Formazione
La bellezza di poter dire adesso io sono
Dodici mesi insieme agli ospiti di Dianova sulle tracce di quel "talento per la vita" che ciascuno ha dentro sé.
«Io sono: spagnola, riccia, stata tossicodipendente dai quindici ai vent’anni, fotografa. Io sono una sopravvissuta», dice Cristina Nùñez. Prova vivente, a 37 anni, dello sforzo di riconoscersi come persona dopo che ti sei perduto. «Drogato, incurvito e ingiallito. Io sono una che ce l’ha fatta», racconta con un po’ di accento, la pelle chiara che si contorce in mille espressioni diverse e due occhi neri, scurissimi, sempre in movimento.
Ti studia, Cristina, mentre sfogli “Io sono”. Il suo libro fotografico sulla tossicomania che racconta il percorso di andata e ritorno dal mondo della droga attraverso i ritratti e le storie di Marco, Simona, Victoria, Paulo, Alfonso, Raffaella, Alessandro, Mila e Angelo. Nove tossicodipendenti che stanno ricominciando a vivere nelle comunità Dianova in Italia. Proprio come ha fatto Cristina, in Spagna, tanto tempo fa: reginetta di un locale gay nella Barcellona underground a 15 anni, innamorata di un tossico poco più tardi e miracolosamente salva a 20. Quando, a un passo dal baratro, decide di combattere l’eroina ed entra in comunità.
Il mio ritorno in comunità
«Da allora non mi sono mai più drogata», racconta, «ma solo adesso, dopo diciassette anni, trovo il coraggio di riavvicinarmi a quell’esperienza che avevo chiuso in un cassetto a doppia mandata». Seguendo, per un anno e mezzo, la lotta giornaliera dei ragazzi di Dianova. Quando si alzano, puliscono, hanno una crisi, si sentono forti e all’improvviso si accorgono di essere ancora dentro al tunnel. Uno sforzo immenso, fisico ed emotivo, che Cristina ha rivissuto istante per istante dietro all’obiettivo della sua Rolleiflex. Con un po’ di pudore e grandi difficoltà iniziali.
«Quando Marco è arrivato in Comunità e l’ho visto per la prima volta», ricorda, «non mi è piaciuto per niente. Mi aspettavo uno più “bello e dannato”, o più interessante o perfino cattivo che mi avrebbe creato problemi a fotografarlo o almeno ricordato il gran piacere di farsi, di vivere ai margini. E invece lui, sieropositivo di 36 anni, con ventidueanni di eroina alle spalle e al terzo tentativo di comunità, era proprio uno straccio. Mi vergogno a dirlo, ma mi faceva schifo e lo disprezzavo. E quando me ne sono resa conto, ho detto “idiota”: te le sei fatte le “pere”, ed eri anche tu brutta e schifosa solo che non te lo ricordi».
Perché uscita dalla comunità di recupero, Cristina ha fatto di tutto per dimenticarsi. Per diventare un’altra, fino al punto di non sopportare i tossici che per strada chiedevano soldi come aveva fatto lei. Ma senza raggiungere una vera indipendenza e coscienza di sé, perché, spiega: «Quando hai vissuto un’esperienza che ti porta dritto alla morte e ne esci viva, sei e sarai sempre una sopravvissuta. Come i reduci di guerra: è qualcosa di grosso che hai dentro, per sempre». E a un certo punto hai bisogno di raccontare, testimoniare. Cristina lo ha fatto con la macchina fotografica che ha iniziato a usare cinque anni fa vincendo un premio dopo l’altro: il Marangoni di Firenze per una serie di ritratti e nudi chiamato “Body and Soul” del 1994, riconoscimenti internazionali per un progetto fotografico sui sopravvissuti allo sterminio nazista intitolato “All’inferno e ritorno” nel 1995 e il premio Mosaique del ministero della cultura lussemburghese per il viaggio nella spiritualità europea che ha intitolato “Cielo in Terra”.
Guarire con un clik
Una lunga riflessione sull’animo umano e la sua capacità di sopravvivere all’inferno che porta dritto a “Io sono”. «Un modo per guarire e allo stesso tempo testimoniare qualcosa che la letteratura sulla tossicodipendenza non dice: la droga riguarda tutti. Me, te e loro, perché la trovi per la strada e i modo di arrivarci sono sempre diversi come raccontano le storie del libro».
Quella di Paulo, baronetto portoghese di 36 anni, stilista abituato al lusso sfrenato che si è “fatto” di tutto e oggi a Dianova cuce vestiti per i cuochi della mensa. E quella di Alfonso, napoletano, delinquente a 14 anni, eroinomane a 18 e detenuto a 19 che ha appena finito il percorso di recupero in comunità e oggi dipinge il mondo. O Simona, donna forte, imprenditrice di successo e tossica. Persone che più diverse di così non si può, ma tutte pronte a distruggersi e a raccontare la loro esperienza a Cristina. Che non riesce subito ad essere solidale con loro: «Facevo fatica, e quando parlavano mi atteggiavo un po’ a maestrina. Continuavo a ripetere “dai sui con la vita, sù”». Tutto il contrario di quello che facevano i volontari e gli operatori della Comunità: veri angeli custodi che i ragazzi non li lasciavano mai e ascoltavano i loro pochi commenti senza mai giudicare. «Come fa chi è stato nei panni di un tossico incallito», spiega Cristina. Riabituatasi pian piano all’energia, la lotta e anche alla disperazione dei giovani di Dianova.
«Mi sono specchiata e rivisita in ognuno di loro», racconta, «e a volte le somiglianze mi facevano rabbrividire. Ma li ringrazio tutti, perché il confronto mi è servito per guarire delle ferite ancora aperte».
Compreso il senso di colpa per essere uscita dalla droga che ne uccide tanti. Come Ignasi, Eduardo e tutti gli altri amici morti cui Cristina dedica il suo libro. «Finalmente anche la sensazione di avercela fatta è diventata positiva, forse perché i tanti amici morti mi hanno passato un testimone in quanto sopravvisuta a quella generazione di sbandati: a Dianova, che usa metodi di disintossicazione molto naturali e simili a quelli con cui sono stata aiutata io, ho riscoperto tante cose che avevo imparato». L’impulso ad aiutare chi soffre, l’empatia e il coraggio di stare vicini senza giudicare, l’amore per la terra e la natura. Che traspare in tutte le foto del libro, dove la droga non si vede mai e il lungo percorso per uscirne è descritto in ogni dettaglio: ci sono le tisane che all’inizio devi bere per disintossicarti, i massaggi, le crisi e soprattutto le piccole azioni che ogni giorno devi fare per ricostruirti. «Come la pulizia», spiega Cristina mostrando alcune foto di una ragazza giovanissima che spazza per terra. «La prima cosa che si fa in comunità, alla mattina, è pulire tutto. Il pavimento, il letto e anche te stesso. Prenderti cura di te è una cosa che i tossici non fanno mai».
Perché lasciarsi andare, non dare importanza all’aspetto esteriore e vivere ai margini all’inzio è anche bello. «Parliamoci chiaro, tu lo sai», le racconta un giorno Angelo, ex tossico, sieropositivo e oggi volontario a Dianova, «la droga è buona, ti avvolge in un limbo e ti isola. Sei in un batuffolo di cotone, ti dimentichi dei tuoi problemi e sei fisicamente e mentalmente rilassato, hai un torpore addosso che è molto piacevole». Parole che fanno tremare Cristina. «Mentre Angelo parlava», ricorda, «ho avuto un “flash”. Mi sono ricordata l’eroina nella pelle, in bocca, nella testa, in tutto il corpo». Un flash, dopo diciasette anni. Ma con una grande differenza: oggi quelle sensazioni piacevoli Cristina e gli altri le provano senza bucarsi più.
Nel libro è Angelo a spiegarlo: «Una volta guidavo attraverso un passo delle Alpi in Svizzera. Mi sono fermato a guardare il panorama. C’era una giornata di sole incredibile, vedevo questa cosa immensa davanti a me, enorme, nella quale io mi sentivo piccolo piccolo. Un granello di riso. E sono stato lì mezz’ora così. Mi guardavo intorno e capivo che non ragionavo neanche, guardavo e basta».
Stare bene senza bucarsi
Oggi Angelo è il direttore di Dianova news, un trimestrale edito dalla Comunità che parla delle comunità terapeutiche nel mondo, Aids e temi sociali. «Oggi Angelo può dire “Io Sono”», spiega Cristina. Che per poter fare la stessa affermazione è andata a cercarsi nello sguardo di chi ha visto l’inferno e ne è uscito. «Raccontando con l’obiettivo la vita vera di chi dalla droga si libera, raccontando il mio personale cammino fatto di salite e discese», spiega fiera. Con quegli occhi che continuano a muoversi e all’improvviso ti dicono: «Ho fatto questo libro perché “Io sono” potessi un giorno dirlo anche tu. Perché la gente si rimbocchi le maniche come fanno Angelo, Paulo e tutti i ragazzi di Dianova».
Perché chiunque sappia che riconquistarsi è possibile. «Se ci metti tutto l’impegno i risultati vengono per forza, come i semi delle piante: su mille semi, qualcosa cresce. Non tutto, ma qualcosa sì. Il segreto è non mollare mai». Lo testimoniano tutti i volti raccontati nel libro: il sorriso bellissimo di Victoria che proprio come Cristina è entrata in comunità a vent’anni spinta dal bisogno di recuperare la sua famiglia, quello di Alessandro e Raffaella a Dianova per smettere di bucarsi e dare un futuro al loro bambino, gli occhi fieri di Mila e quelli luminosi di Simona. Che, spiega Cristina: «ha, come me, quello che io chiamo “talento per la vita”. Quella forza vitale che ti fa andare sempre avanti ».
Un percorso terapeutico a base di tisane
“Io sono” racconta un anno e mezzo di vita nelle sedi italiane di Dianova. La comunità terapeutica per tossicodipendenti presente nel nostro Paese dal 1998 e attiva in Canada, Centro e Sud America, Europa e Usa che ha editato il libro di Cristina Nùñez e si differenzia da altre comunità per i metodi naturali con cui aiuta a disintossicarsi.
Tisane di erbe, massaggi e bagni calmanti a base di estratti vegetali, invece di sostanze sostitutive della droga e metodi violenti, sono infatti la prima fase del programma di recupero che a Dianova dura in media 24 mesi e si percorre con l’aiuto di operatori ed ex tossici che rimangono in Comunità come volontari. Alla liberazione dalla dipendenza dalla droga, nei centri residenziali del Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Puglia e Sardegna segue un periodo di adattamento in cui i giovani apprendono a responsabilizzarsi verso se stessi e gli altri e quindi una fase di riabilitazione in cui i ragazzi seguono corsi di formazione scelti in base alle loro capacità e talenti. Obiettivo finale: reinserirsi nella società e recuperare la coscienza di se attraverso il percorso raccontato in “Io sono”. Che verrà presto distribuito in tutte le città d’Italia e può essere richiesto direttamente a:
Dianova Onlus, via S. Antonio 3, 20021 Bollate (MI), Tel 02.38305024,
fax 02.3506586, E-mail: dianova@tin.it
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