Formazione

A lezione di solidariet

Le scuole italiane potranno servirsi dell'Agesci, per l'aducazione all'ambiente, alla pace, alla non-violenza. Progetti per l'integrazione dei disabili.

di Redazione

A lezione di scienze naturali seduti in cerchio sull’erba di un bosco: al posto delle figure sbiadite dei libri di scuola, piante e animali veri, da toccare e con cui magari anche giocare. Al posto di un insegnante in cattedra, un ragazzo più grande, una specie di “fratello maggiore”. Potrebbe essere l’esito più divertente dell’accordo siglato a fine anno tra Agesci e ministero della Pubblica istruzione – ancora in fase di perfezionamento – con il quale si riconosce all’associazione scout l’ambìto ruolo di “agenzia formativa operante sul territorio”, accanto, per intenderci, alla scuola, agli oratori, alle famiglie. L’Agesci entra così nel mondo dell’istruzione. Il primo passo sarà una commissione mista, cioè formata da membri del ministero e da alcuni capi scout di lunga esperienza, che elaborerà i progetti da proporre alle singole realtà scolastiche, in particolare a quelle che ancora non hanno saputo, da sole, approfittare degli strumenti offerti dall’autonomia. Una sinergia per coinvolgere studenti di tutte le età in svariate attività formative, anche parascolastiche, sui temi su cui gli scout hanno ormai maturato una buona competenza: la tutela dell’ambiente, l’educazione alla collaborazione, alla pace, alla non violenza, la sensibilizzazione alla protezione civile. Ma anche un tentativo di combattere la dispersione scolastica e di integrare, in un’ottica nuova, gli alunni disabili. E l’esperienza scout potrebbe infine valere ai ragazzi come credito formativo. Ma cosa ne pensano all’Agesci? «E’ un riconoscimento che non può che farci piacere», dichiara Grazia Bellini, co-presidente, «perché è un’occasione per metterci a disposizione della scuola. Non vogliamo metterci in vetrina, e lo scopo non è formare nuovi “scoutini”. E poi», conclude, «è bello che il ministero della Pubblica istruzione manifesti questa sollecitudine educativa, dimostri cioè di pensare ai ragazzi come a persone intere, cittadini. Bisognerà poi vedere come la prenderanno le scuole…». L’accordo di tre anni: è rinnovabile ma anche revocabile, dunque «ha tutta la bellezza ma anche le incertezze di ogni opportunità». «Per noi non cambia molto», spiega poi Edoardo Patriarca, l’altro co-presidente, «Si aggiunge solo un nuovo tassello alla rete di rapporti che stiamo costruendo intorno a noi». L’Agesci ha infatti già all’attivo una convenzione con il ministero dell’Ambiente per la tutela del territorio, e il 21 febbraio firmerà un’intesa con la Fao a sostegno delle politiche alimentari e della sensibilizzazione sulla fame nel mondo. Ed è ancora aperta la trattativa con l’Unicef, per promuovere la partecipazione politica dei bambini (sullo stile dell’esperienza dei sindaci per l’infanzia), le campagne di vaccinazione e varie riflessioni sui temi dell’adolescenza. Tutte convenzioni prive di contenuto economico: gli Scout ci guadagnano solo in prestigio, non in denaro.L’idea di questa intesa è nata al crocevia di due percorsi che prima o poi dovevano incontrarsi. «In due anni abbiamo firmato una settantina di accordi simili con federazioni sportive, associazioni di spettacolo e del tempo libero» chiarisce Luigi Calcerano, l’ispettore all’Educazione fisica e sportiva del ministero. «Gli scout hanno consolidato una cultura del gioco, dell’educazione all’aria aperta cui la scuola sta arrivando piano piano» sottolinea. Ma quello di Viale Trastevere sarà semplicemente un imput: «Sono i singoli istituti a doversi attivare per sancire queste alleanze sul territorio, noi facciamo solo il primo passo». Da Baden Powell alla cooperazione L’Associazione Guide e Scout Cattolici italiani conta circa 200 mila membri in tutta Italia, organizzati in 1.800 gruppi locali. Ogni regione ha una sede: Sicilia, Emilia, e Veneto sono in testa per numero di iscrizioni. L’Agesci nacque nel ‘74, dalla fusione dell’Asci (Associazione scout cattolici italiani, fondata nel 1916, poi sciolta dal Fascismo e ricomposta nel dopoguerra) e dell’Agi (Associazione guide italiane). Si rifà al “metodo educativo scout” inventato nel 1907 da Lord Baden Powell allo scopo di “costruire buoni cittadini”. I gruppi locali sono divisi in base all’età. I bambini da 8 a 11 anni si chiamano Coccinelle, quando appartengono al Cerchio, oppure Lupetti, se formano il Branco. Ogni unità è composta da 20-30 bambini, che si incontrano una volta a settimana e ogni mese trascorrono un weekend all’aperto, oltre al campo annuale di 10 giorni. Ci sono poi i ragazzi da 12 a 16 anni, divisi tra Reparto e Squadriglia, i cui membri si chiamano Esploratori e Guide. Infine, dai 16 ai 21 anni si entra nelle comunità Rovers e Scolte. C’è poi la Comunità Capi, che comprende capi e assistenti dei gruppi locali e che partecipa a un preciso iter formativo. L’Agesci coopera con associazioni scout africane, oltre a seguire progetti di accoglienza per gli immigrati dal Sud del mondo. E naturalmente mette al centro l’educazione spirituale, ma solo ai capi è richiesta l’appartenenza cattolica, non agli altri iscritti. (E.Z)


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