Sostenibilità

Il nostro pressing ai mercanti globali

In pullman nella cittadina Svizzera per protestare contro i signori del mercato. Ecco il diario di viaggio di Grazia Francescato, una delle italiane fra i duemila manifestanti.

di Grazia Francescato

Il pullman per Davos ci aspettava alle 7 di mattina, alla Stazione di Milano. Una manifestazione in Svizzera, a Davos? Proprio così, si partiva per il Wef, il World Economic Forum. Alcuni organismi internazionali del tutto sconosciuti alla gente comune hanno assunto negli ultimi anni un ruolo determinante nelle decisioni sul futuro della politica internazionale e del pianeta. Uno di questi è il Wto (Organizzazione mondiale per il commercio), uscito ormai dall?ombra grazie alla vistosa contestazione di Seattle. Ma vi sono svariati altri «club» in cui i più importanti personaggi delle industrie hanno modo di dialogare con i leader politici mondiali. Questi altri luoghi d?azione di quella che si può definire una lobby internazionale dei grandi poteri economici si chiamano Ert (tavola rotonda degli industriali), Mai (accordo multilaterale sugli investimenti), oppure Tep (Transatlantic Economic Partnership). Oppure appunto Wef (World Economic Forum). Il loro difetto non è tanto di battersi per la globalizzazione dei mercati e per gli interessi delle corporations, quanto quello di nascere e operare senza alcun controllo democratico, senza la partecipazione, diretta o indiretta, dei protagonisti più importanti: i cittadini del mondo. Ma oggi i cittadini del mondo, riunitisi grazie a Internet in movimenti anch?essi globali, hanno deciso di intervenire direttamente, per difendere i loro diritti: molte cose stanno rapidamente cambiando, dunque. Due esempi importanti: il Mai, che voleva consentire alle multinazionali il diritto di scavalcare le leggi dei singoli Stati, è fallito miseramente. il Wto, che a Seattle voleva, tra le altre cose, definire le regole per la diffusione degli Ogm (Organismi Geneticamente Modificati) liberalizzandola nel mondo intero, ha raggiunto un ?nulla di fatto?.
A Davos c?era da far sentire ancora una volta la voce, quella dei cittadini. «Attenzione, vi stiamo osservando!» diceva uno striscione inalberato. Che significava: «Non accetteremo più accordi che non rispettino i diritti umani, la tutela della salute e dell?ambiente; non accetteremo accordi che continuino a far crescere il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri, che ha raggiunto proporzioni insostenibili; non accetteremo, in modo particolare, che la materia vivente del pianeta venga brevettata, ovvero privatizzata, e consegnata nelle mani delle multinazionali, con il pretesto menzognero che le modifiche genetiche recano vantaggi all?umanità». Le autorità, che in un primo momento ci avevano negato l?autorizzazione, davanti alle oltre duemila presenze hanno consentito che sfilassimo fino a pochi metri dall?albergo. E nonostante il presidente del vertice, Klaus Schwab, che aveva promesso di scendere in strada per un dialogo con i manifestanti, non abbia mantenuto l?impegno, i nostri appelli sono entrati nel pieno delle discussioni ufficiali.
La battaglia è ancora lunga, ma Seattle prima e Davos poi hanno dimostrato che la lotta alla globalizzazione, alla brevettazione della vita ha radici fondate nella società. A sostener il mio ottimismo la notizia, giuntaci mentre eravamo sulla via del ritorno, che il vertice della Biosicurezza di Montreal si era concluso quel giorno stesso con un accordo: il Principio di Precauzione è stato introdotto con la facoltà di tutti i governi di esprimere un rifiuto all?importazione di Ogm.

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