Welfare

Dall’accoglienza all’equità sociale: il ruolo dei tutori volontari per minori non accompagnati

Dall’accoglienza all’inclusione, dall’uguaglianza all’equità sociale: sono questi gli obiettivi dei tutori volontari. Un’esperienza raccontata da Mariangela Brioschi e Laura Agalbato del Gruppo “Insieme nel Viaggio” in un convegno promosso dal Comune di Milano sull’inclusione dei minori stranieri

di Graziella Falaguasta

Uno degli aspetti cruciali di questa fase del nostro Paese è la presa d’atto che le forme e l’impegno dell’accoglienza potranno cambiare rispetto a ciò che è stato agito fino ad ora. In particolare, la domanda che ci dobbiamo porre è: che tipo di significato diamo oggi alla parola accoglienza, in che modo istituzioni e società civile possono interagire e collaborare per costruire una società più inclusiva e solidale per tutti i migranti, senza distinzione tra paesi di provenienza e, soprattutto, creando opportunità reali di sviluppo per loro e per noi? Interrogativi non semplici, ai quali dare risposte adeguate richiede una visione aperta e multidisciplinare notevole. Prendendo spunto dal recente convegno promosso dal Comune di Milano dal titolo "Inclusione dei minori stranieri e cittadinanza attiva", svoltosi il 22 novembre, proviamo a suggerire qualche spunto di riflessione per riuscire ad andare oltre.

La percezione diffusa

La percezione molto diffusa è che il numero di minori stranieri non accompagnati (definiti con un acronimo non particolarmente simpatico, MSNA) in Italia sia molto elevato. Ma, come ha fatto notare l’assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano Lamberto Bertolè, in realtà non sono tantissimi: 15mila su tutto il territorio nazionale, che diventano 12mila se si tiene conto dei 3-4mila ucraini affidati all’accoglienza diffusa. Il vero problema è che ben il 10% di questi ragazzi – sempre più giovani e soli in un periodo cruciale della loro vita, l’adolescenza – si concentra nel territorio di Milano, creando un carico notevole e una saturazione del sistema di accoglienza nel suo complesso. Nonostante tutto, però, in particolare in Lombardia, il sistema tiene ancora, anche se non sempre riesce a dare risposte complete e adeguate alla parte più delicata della vita quotidiana di questi ragazzi, che sono portatori di bisogni, ma anche di competenze che spesso non vengono prese in considerazione per il loro progetto di vita.

La Legge Zampa, uno strumento particolarmente avanzato e unico in tutto lo scenario europeo, ha dato grande impulso a una crescita della consapevolezza – per le istituzioni e la società civile – del significato di accoglienza, inclusione, progetti di vita, e ha istituito una figura che si è dimostrata particolarmente utile, quella del tutore volontario. Il tutore volontario ha permesso ai Tribunali e ai Comuni di ridurre al minimo i rischi di insuccesso, purtroppo sempre dietro l’angolo. Ciò che però si evidenzia, soprattutto osservando i dati di Milano e della Lombardia, è che ancora oggi, malgrado gli arrivi siano raddoppiati negli ultimi anni, il processo di redistribuzione a livello nazionale è ancora carente e insufficiente: in alcune regioni italiane manca addirittura il Garante Regionale.

E a proposito di Garante, vale la pena di ribadire – come ha fatto Riccardo Bettiga durante i lavori – che il bando della Regione Lombardia per tutori volontari rimane aperto fino ad agosto 2023 e che c’è ampio spazio per presentare la propria candidatura. In quest’occasione sia il Garante regionale, sia Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano, hanno sottolineato la grande importanza di poter aumentare il numero di tutori volontari da inserire nell’albo del distretto del Tribunale di Milano, che comprende ben otto provincie. Ma il miglioramento del lavoro sinergico e costruttivo della rete di protezione creata intorno ai minori si compie anche attraverso alcuni passaggi fondamentali, che nell’ultimo anno sono stati migliorati. Si tratta, ad esempio, di collaborazioni con i consolati dei principali paesi di provenienza per favorire l'affido da parte di nuclei familiari omo-culturali, di convenzioni tra Regione, Comune e Tribunale per la condivisione di personale addetto allo specifico tema dei MSNA, di investimenti adeguati per sostenere la digitalizzazione di tutti i processi operativi del Tribunale (tra i quali il rapido abbinamento ragazzi-tutori) e, non ultimo, di una maggiore sinergia con il Garante Nazionale, anche in vista di possibili miglioramenti della Legge Zampa.

In merito alla figura del tutore volontario ci fa piacere riprendere anche alcuni spunti di Maria Grazia Campese, presidente della Cooperativa Spazio Aperto Servizi di Milano e vicepresidente di Confcooperative Federsolidarietà Lombardia, che ha ribadito come questa figura debba rappresentare una risorsa di volontariato mirato e competente – non generico – e per questo è indispensabile una formazione specifica che fornisca gli adeguati strumenti di conoscenza. Inoltre, secondo Campese, il cosiddetto PEI (Progetto Educativo Individualizzato), che dal nostro punto di vista meriterebbe di essere definito Progetto di Vita, andrebbe assolutamente sottoscritto anche dal tutore come “strumento d’ingaggio” condiviso. Un altro aspetto importante – che verrà ripreso più avanti in questo articolo – è la funzione di mentoring che il tutore può esercitare dopo il compimento dei 18 anni, perché rappresenta la naturale evoluzione di un lavoro ben impostato da “prima” della maggiore età.

Dall’accoglienza all’inclusione, dall’uguaglianza all’equità

E qui entriamo più nello specifico in alcuni contributi cruciali espressi, a conclusione dei lavori del convegno, da due tutrici del gruppo “Insieme nel Viaggio”, operante il Lombardia, che da anni vivono la propria esperienza al fianco dei minori stranieri non accompagnati, concependoli come persone al centro dell'azione dei singoli, del gruppo e della rete di sostegno nel suo complesso.

Laura Agalbato ha ricordato come «sperimentiamo quotidianamente il nostro ruolo di tutori attraverso la relazione, l'ascolto e il sostegno ai ragazzi stranieri nei loro processi di autodeterminazione e accompagnamento verso la maggiore età, ma anche oltre, laddove si verifica l’esigenza e la necessità di non porre termine al ruolo di guida, anche dopo il compimento dei loro 18 anni». In questo caso si creano situazioni di “tutoraggio sociale” che prosegue nel tempo e che, in molti casi, si trasformano in amicizie solide anche con le famiglie d’origine.

Pur con tutte le difficoltà oggettive, se parliamo di welfare rigenerativo e di welfare di comunità (come ha ricordato anche Angelo Stanghellini, direttore area Diritti e Inclusione del Comune di Milano), il primo passo da fare è che ogni attore della rete (servizi sociali, comunità, Tribunale, tutori, altre agenzie che ruotano intorno al minore) si riconosca, per le proprie competenze, in maniera chiara e in totale trasparenza, in un processo di co-progettazione, in cui è il ragazzo il protagonista e nessun altro, e operando per l’evoluzione della rete stessa. L’accompagnamento dei minori stranieri nei loro percorsi di crescita e di sviluppo dell’autonomia deve essere necessariamente portato avanti in piena collaborazione con gli altri attori della rete, di cui il tutore è parte integrante, arrivando a dialogare con tutte le realtà, incluse le scuole, i centri per l’impiego, le società sportive, le associazioni di categoria, ecc. Il tutore volontario non è un’entità di “serie B” rispetto ai professionisti coinvolti nel lavoro di rete, ma un importante rappresentante della società civile, che permette ai ragazzi di entrare in contatto proprio con essa.

Come è stato fatto notare da più parti, spesso i ragazzi stranieri si sentono esclusi, se non addirittura ghettizzati e il tutore ha il compito importante di fungere da ponte con la società civile nelle più svariate sfaccettature e con molteplici modalità. Per rappresentare al meglio il significato di questa operazione di incontro tra i ragazzi e la società, Mariangela Brioschi, altra tutrice di “Insieme nel Viaggio” del Tribunale dei Minorenni di Milano ha ipotizzato un raffronto tra due storie parallele: quella di Davide (nome di fantasia, ndr), adolescente milanese e quella di Bilal (altro nome di fantasia), adolescente straniero non accompagnato. A fronte di blocchi di partenza completamente diversi (appartenenza familiare e sociale, background culturale, livello di scolarizzazione), è impossibile intervenire sul gap, ma occorre conoscere a fondo gli elementi fondamentali del minore straniero e rispettarli e questo è un compito iniziale fondamentale della rete di accoglienza. Tra le azioni da tenere in considerazione c’è la creazione di una relazione basata sulla fiducia, in una fase così delicata come quella dell’adolescenza, anche attraverso atti che coinvolgano direttamente il minore facendolo sentire ascoltato, accudito, accolto, accettato, sostenuto per superare anche il trauma del viaggio. Nel mondo della scuola si apre un buonissimo spazio d’intervento, grazie all’acquisizione della lingua, all’assolvimento dell’obbligo scolastico (non solo attraverso la licenza media, ma anche oltre), alla conoscenza e al riconoscimento delle competenze, anche quelle particolari di cui il minore è portatore).

Ed è in questi passaggi e trasformazioni che è possibile un salto di qualità nei processi di inclusione nella realtà sociale e di equo trattamento di “nuovo cittadino” del nostro paese, sul quale sarebbe auspicabile investire, al pari dei nostri giovani connazionali. Quindi, oltre a raggiungere un adeguato livello di scolarizzazione, al minore non accompagnato nel suo progetto di vita occorre offrire la conoscenza del “dove sono” (semplificando molto, l’educazione civica), del come affrontare il mondo italiano, anche quello del lavoro, del come far parte a pieno titolo del territorio in cui si vive, del come raggiungere una condizione di benessere più generale. E qui la strada è, forse, ancora tutta da tracciare, anche se già oggi esistono esempi di buone pratiche e di “casi di successo” sui quali torneremo magari in un prossimo articolo.

* giornalista e tutrice volontaria del Tribunale per i Minorenni di Milano

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